Il Governo si preparerebbe a cancellare quasi 60 milioni di cartelle sotto i 5mila euro dal 2000 al 2015. Ma tutti fingono di non sapere che si tratta di crediti inesigibili, perché chi ha voluto le ha già rottamate nel 2018. Ecco come un credito inesigibile si potrebbe tramutare in deficit vero in una partita truccata
Pace fiscale, ma per finta. Un trucco, un gioco delle tre carte alla luce del sole. Per ora sono soltanto rumors, ma se saranno confermati l’unico ad esultare sarà l’erario. Che cosa raccontano infatti le voci di questi giorni? Che il governo ipotizza di cancellare le cartelle esattoriali emesse tra il 2000 e il 2015 fino a 5mila euro con la cosiddetta rottamazione quater, nel dl Sostegni. Un’operazione che prevede due anni di dilazioni senza interessi e sanzioni per le cifre superiori. Nient’altro. Ma in tale maniera, si dice, lo Stato si libererebbe di qualcosa come 60 milioni di cartelle. Così, c’è chi si divide sul fatto se sia etico o meno farlo. Ma non fatevi ingannare. Perché i conti non tornano affatto. E a Palazzo lo sanno tutti benissimo.
La “pace fiscale” del 2018 prevedeva infatti già la rottamazione di tutte le cartelle dal 2000 al 31 dicembre 2017. Chi dunque aveva cartelle sotto i 5000 euro le ha già rottamate in tre anni nel 2018. E chi non lo ha fatto per cifre tanto basse (si badi che si potevano pagare in 36 mesi)? Evidentemente non ha rottamato chi non è aggredibile dal fisco. D’altra parte si può immaginare che il Fisco non abbia già cercato di pignorare chi non ha pagato una cartella di vent’anni fa?
Non a caso il Corriere della Sera riporta oggi le dichiarazioni del sottosegretario all’Economia, Claudio Durigon, sul prossimo dl Sostegni. «L’obiettivo è alleggerire il magazzino dell’Agenzia delle Entrate, il provvedimento dovrebbe portare alla cancellazione di circa 61 milioni di cartelle che valgono un miliardo, consentendo così all’Agenzia di concentrare l’attività sulle pratiche effettivamente esigibili».
Già. Tradotto: il fisco potrà così aggredire chi è aggredibile.
Quindi lo Stato starebbe per cancellere semplicemente 60 milioni di cartelle inesigibili, tuttavia previste a bilancio. Il provvedimento, riportava infatti nei giorni scorsi lo stesso quotidiano “utilizzerà i 32 miliardi di maggior deficit autorizzati dal Parlamento”. Nientemeno. È come se lo Stato avesse in mano un credito fatto coi soldi del Monopoli e lo sostituisse con un credito vero dalle nostre tasche.
E il cittadino? Da questi rumors sembra non risolvere nemmeno uno dei propri problemi, altro che pace fiscale. Non è chiaro se la rottamazione in due anni senza saldo e stralcio riguardi anche qui solo gli anni 2000-2015: in questo caso vale quanto già scritto. O quasi: per i debiti fino al 2017, chi poteva rottamare lo ha già fatto. Chi non lo ha fatto o, ancora una volta, non era aggredibile dal fisco. O, cosa tutt’altro che da escludere, aveva un debito che sarebbe stato impossibile rottamare in tre soli anni. Figuriamoci ora con due.
Nemmeno è chiaro se all’interno del dl Sostegni saranno cancellate le residue rate di chi ha già rottamato quegli anni. In ogni caso si tratterebbe di briciole.
È infatti lampante che i grossi debiti con il fisco li abbiano le piccole imprese, le partite iva, i precari, i professionisti e i lavoratori autonomi, sempre più impiccati a scadenze e a pressioni fiscali impossibili da sostenere: sono loro a sopportare il peso di cartelle da migliaia di euro inerenti iva, irpef, contributi che, una volta non pagati per difficoltà economiche (vuoi per il fallimento di un committente, vuoi per lavori non pagati ma fatturati), si sono moltiplicati con aggi, sanzioni e interessi. Quasi tutti sono stati messi in ginocchio dalla pandemia. E non è difficile immaginare che se erano in difficoltà prima, oggi, lockdown dopo lockdown, un fallimento dopo l’altro, siano allo stremo. Senza soluzioni all’orizzonte, c’è da aspettarsi un’adesione di massa alla legge 3/2012 sul sovraindebitamento, un’adesione che intaserà i tribunali. C’è da attendersi anche un discreto numero di suicidi, come le cronache di questi giorni raccontano.
La cosa più logica che si potrebbe aspettare dal nuovo esecutivo, dopo i ridicoli indennizzi elargiti a macchia di leopardo dal Conte bis, è un saldo e stralcio dei debiti con il fisco dal 2018 al 2020. O, quantomeno, una rottamazione light (senza interessi e sanzioni) in sette o dieci anni.
E sarebbe logico aspettarselo se si considera che gli autonomi sono stati costretti a non lavorare proprio dal governo.
Ma certo se ciò non avvenisse indicherebbe una linea precisa del governo, volta esclusivamente a far cassa. È una linea che impatterà su innumerevoli cause in tribunale per i mancati o gli inadeguati indennizzi, ma è una linea.
Quel che però preoccupa è il silenzio di tutti i giornali e di tutte le forze politiche, aggrappati alle prebende e alle suole del potere.
Perché se si può non essere d’accordo su una nuova rottamazione, è vergognoso sottolineare che questa lo sia. Ed è incredibile che nessuno sottolinei il fatto che la rottamazione ter ha già riguardato il quindicennio 2000-2015 e che ciò che sarà cancellato sotto la pomposa voce di “pace fiscale” tratta semplicemente crediti inesigibili. Lo sanno tutti, ma non lo dicono.
Addirittura, Matteo Salvini, che pure con il M5S è stato l’artefice della rottamazione ter, sembra non essersi nemmeno accorto del suo precedente provvedimento, tanto che sul suo profilo Facebook rivendica il nuovo come una battaglia seria, sfidando l’ira dei suoi stessi follower.
E aggiunge pure, continuando a chiamarla Pace fiscale:
Previste per la prossima settimana importanti misure economiche, la Lega punta a:
“Pace fiscale” con cancellazione delle cartelle esattoriali fino a 10mila euro (periodo 2000-2015) e blocco delle altre cartelle fino al 30 aprile
Ma davvero?
Per avere un’idea precisa del Paese reale, leggete i commenti ai suoi post. Sembra che non trasudino entusiasmo.
Manuel Montero