Ex assessore alla Cultura della Regione Lombardia durante il quinquennio del governatore Roberto Maroni, scrittrice, poetessa, interista, ma soprattutto appassionata, creativa organizzatrice di eventi culturali,artistici e turistici, Cristina Cappellini da Soncino non è mai banale e dice sempre quello che pensa. E i suoi pensieri, sì … sanno illuminare.
La politica che conta sta facendo abbastanza per i settori artistici e culturali?
Assolutamente no, ed è un grave errore poiché arte e appuntamenti culturali, piaccia o meno, rappresentano segmenti di vitale importanza per il paese. E danno lavoro e reddito. Per carità è giusto che commercianti e ristoratori facciano sentire le loro ragioni e che si parli di ristori adeguati, ma pure gli operatori culturali meritano attenzione. Se pensiamo a un concerto, ci si concentra prevalentemente sull’esibizione dell’artista, dimenticandosi del mondo che ci sta dietro. Forse i lavoratori di quest’importante categoria dovevano alzare un pochino la voce, ma chi di dovere dovrebbe ugualmente occuparsi di loro. Adesso comunque, anche grazie a San Remo si parla di musica.
Il Festival della Canzone italiana sa da farsi?
Non ho nulla contro l’evento in cartello all’Ariston, a patto che non si calpestino i diritti degli altri teatri. Se da un lato può essere vero che San Remo è San Remo quindi, d’altro canto è ugualmente vero che la kermesse presentata da Amadeus dovrà sottostare alle regole e ai regolamenti che valgono per gli altri appuntamenti televisivi, canori e musicali.
Tra l’altro quando ripartirà il turismo, necessariamente, per ragioni sanitarie si ripartirà da quello di prossimità, coi piccoli e medi centri della provincia italiana che coi rispettivi patrimoni artistici, mah potrebbero diventeranno protagonisti…
Ed è giusto così, poiché se penso, per fare un esempio alla mia Soncino, la città difficilmente sarà invasa dalle grandi masse, dunque ben vengano circuiti attenti alle piccole realtà italiane tipo quella soncinese, ma occorrerà ripensare la materia, coinvolgendo necessariamente le associazioni e le pro loco, senza dimenticare che questo tipo di associazionismo, ora, dopo chiusure e lockdown è letteralmente in ginocchio.
Sei interista, tuo padre Renato è stato un grande attaccante del sodalizio nerazzurro, ma sbaglio o l’Inter, ora in vendita, di Suning non ti ha mai entusiasmato?
Il corso cinese mi ha fatto allontanare dalla mia squadra del cuore, ma io ho una visione romantica dello sport e del calcio. Ahimè si pensa, sbagliando, soprattutto al business,ma il football non deve essere soltanto bilanci.
Aderiresti a un’eventuale campagna d’azionariato popolare attivata per affiancare chi rileverà l’Inter Milano da Suning?
Prima bisogna capire chi acquisterà il club.
Favorevole all’ipotesi di un nuovo stadio a Milano?
Se ne può discutere e parlare, ma san Siro è un patrimonio vasto da non demolire e disperdere.
Da ex assessore della giunta Maroni come vedi dall’esterno la politica lombarda?
Al netto dell’emergenza sanitaria da Coronavirus vedo purtroppo che non si parla più d’autonomia. Questo nonostante tempo fa, in materia, ci fu un referendum con numeri importanti che chiedevano una Lombardia autonoma. Non dovrei, da ex responsabile dell’ente, parlare di cultura, ma mi sarebbe piaciuto che tanti progetti da me intrapresi e lanciati fossero quantomeno stati presi in considerazioni da chi è arrivato dopo. Autonomia e cultura rappresentano capitoli importantissimi meritevoli di assessorati ad hoc e distinti, l’averli accorpati non è a mio modesto parere il massimo.
La pandemia in corso chiama e assorbe attenzioni e provvedimenti, ma cosa sarà di noi domani?
Bella domanda. Attualmente si pensa esclusivamente al Recovery Plan e Fund, ma del domani non vi è certezza, senza dimenticare i drammi sociali e psicologici che il virus, parallelamente alla crisi economica, sta causando.
Stefano Mauri