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La dottoressa Alessia Edallo: negli ospedali abbiamo visto l’orrore. Non dimentichiamolo e vacciniamoci

Per non dimenticare è il libro scritto dalla pneumologa in trincea contro il maledetto virus

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Prima al pronto soccorso, poi nelle sale di terapia subintensiva e nei reparti ospedalieri, adesso nelle case, tra la gente col servizio per le Cure Territoriali (distretto nato per contrastare il Coronavirus più dettagliatamente sui territori).

Insomma… la dottoressa Alessia Edallo, medico pneumologo è sempre in prima linea, a modo suo: mettendoci cuore e testa. E dallo scorso mese di marzo,

appunto … dapprima presso l’ospedale Maggiore di Crema (città in provincia di Cremona, zona tra le più colpite al mondo dal maledetto virus), ora direttamente sul territorio, Alessia è in trincea nella lotta al Covid 19. Da questa esperienza drammatica è arrivato inoltre il suo libro (da leggere e rileggere, il ricavato va all’associazione Atim fondata da Alice Campari per sostenere donne e bambine dell’Uganda del Nord, ndr) “Per non dimenticare” (Crema, Covid 19… 100 giorni nella corsia di pneumologia). E con la dottoressa Edallo abbiamo scambiato quattro chiacchiere.

Perché la decisione di mettere per iscritto quanto vissuto in ospedale durante la terrificante prima ondata del Coronavirus?

Mi si conceda il termine forte ho praticamente vomitato, in pochi giorni, le parole sulle pagine per raccontare lo tsunami che ci ha travolto, nelle corsie ospedaliere, la scorsa primavera. Chi non ha vissuto sulla sua pelle quei giorni non sa l’orrore che si è consumato. E sai quando è scattata in me la voglia di mettermi al computer e dare sfogo al mio malessere interiore?

Dimmi…

Quando complici le prime riaperture del primo lockdown ho visto che in tanti, abbassando la guardia, dimenticando da dove arrivavamo, beh pensando alle vacanze e ai primi giorni estivi, di fatto tornarono a vivere come se nulla fosse successo.

“Per non dimenticare” allora è arrivato diciamo per … egoismo diffuso?

Anche, ma ribadendo quanto accennato poc’anzi, in primis per far conoscere gli eventi tremendi che stravolsero gli ospedali, per ricordare quanti, purtroppo tanti, non ce l’hanno fatta, per svegliare le coscienze. Lavorando per anni in reparti critici ne ho viste di tutti i colori nella mia ventennale esperienza ospedaliera, ma non mi sono mai abituata alla morte. Ogni medico si affeziona a chi non sopravvive alle cure, una parte di me se ne è andata con le vittime del Covid 19, persone spaventate, sofferenti e morte in solitudine. Eravamo noi addetti ai lavori, l’unico contatto tra loro e le rispettive famiglie. E lo siamo stati pure per chi, dopo le cure ce l’ha fatta. Credetemi è stata un’esperienza devastante.

La seconda ondata invece…

E’ andata faticosamente meglio, avevamo gli strumenti, arrivati con grave ritardo nella prima ondata, per combattere il virus e il nemico un pochino lo conoscevamo e lo conosciamo. Attualmente non lavoro in ospedale, faccio parte della cosiddetta task force per le cure territoriali, un modo efficace per assistere e curare a casa gli ammalati di Covid, per far sì che non si affollino i pronto soccorso e i nosocomi.

All’inizio, dato che provenivo dalla trincea ero scettica sulla mia nuova avventura professionale, ma oggi posso tranquillamente affermare che aiutare gli ammalati direttamente a casa, portare a domicilio attenzioni, prestazioni e cure, ecco è  un qualcosa di straordinariamente appagante.

Temete la Terza ondata?

Arriverà inevitabilmente, spero abbia un impatto limitato. A proposito fammi dire una cosa sui vaccini.

Prego…

Io mi sono vaccinata, appena sarà possibile fatelo anche voi, senza pensarci troppo. Vaccinarsi e tenere alta la guardia, indossando sempre la mascherina, rappresentano mezzi per uscire al più presto dal guado. E la vaccinazione è l’unica strada percorribile per abbreviare sensibilmente i tempi, speriamo soltanto aumentino i ritmi vaccinali. E’ impossibile, del resto, proseguire alternando aperture e chiusure, tante categorie economiche sono allo stremo. E la maggioranza degli italiani non è ahimè in grado di rispettare le regole a lungo.

Potrebbe avere un seguito il tuo libro?

Non so. Ah … fammi ringraziare Alessia Parolari, Giò Bressanelli e quanti mi hanno aiutato a promuovere “Per non dimenticare”…

 

Stefano Mauri   

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Stefano Mauri

Stefano Mauri nato a Crema nel gennaio 1975, mese freddo e nebbioso per eccellenza. E forse anche per questo, per provare a guardare oltre la nebbia e per andare oltre le apparenze, con i suoi scritti prova a provocare, provocare per ... illuminare. Giornalista Free Lance, Sommelier, Food and Wine Lover, lettore accanito, poeta e Pierre appassionato, Stefano Mauri vive, lavora, scrive, degusta, beve e mangia un po' dappertutto. E ovunque si prefigge lo scopo di accendere se non una luce, beh almeno un lumino, che niente è come sembra, niente. Oltre a collaborazioni col mondo (il virtuale resta una buona strada, ma non è La Strada) web, Stefano Mauri, juventino postromantico e calciofilo disincantato, collabora con televisioni, radio e giornali più o meno locali. Il suo motto? Guardiamo oltre, che dietro le apparenze si cela il vero mondo.

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