Un topos classico della letteratura del brivido è “la cittadina strana”, ricorrente nella narrativa di Stephen King. Lo scrittore americano è noto ai lettori per aver trasformato più volte in “cittadina strana” persino la sua città natale nel Maine: Bangor nella realtà, Derry nella finzione.In questo sottogenere i protagonisti si trovano occasionalmente a passare per un piccolo centro dell’America profonda, in apparenza operoso, tranquillo e anonimo come molti altri sperduti nello sconfinato territorio statunitense. Purtroppo considerarlo un posto normale è un tragico errore.Si dovrebbe fuggirne al più presto a gambe levate, prima che dietro il monotono trantran provinciale si manifesti un’insidia terribile, di cui gli abitanti sono complici o comunque succubi, trascinando i visitatori in un incubo mortale. Paola Mizar Paini e Pier Emilio Castoldi, nel loro fresco uscito Emily, cronache dal passato, riescono a declinare con originalità il tema rimanendo felicemente in casa nostra.La loro “cittadina strana” è il paese di Samorello, come si chiamava un minuscolo agglomerato di case in collina in provincia di Cuneo prima che ne venisse cambiato il nome in Seremorello.Si tratta di un “paese fantasma”, rimasto vuoto per emigrazione totale degli abitanti. In Italia ce ne sono sono parecchi, tutti paesaggisticamente deliziosi, anche se vagamente inquietanti. Non ci sono dubbi che una siffatta località superi di parecchie spanne, quanto ad amenità e ricchezza di tradizioni , qualsiasi omologa negli U.S.A.Va detto che il Samorello di “Emily, cronache dal passato” è un po’ diverso da quello reale: più grande e meno arroccato in collina, non è deserto ma abitato da una popolazione anziana in progressiva diminuzione, custode dei propri ricordi e rimpianti. Di uguale, il Samorello, o Seremorello vero e quello letterario, hanno un cimitero suggestivo quanto minaccioso, inevitabilmente al centro della trama.Per l’intera sua durata la storia, a deformare i luoghi e renderli ancor più incombenti, è accompagnata, secondo tradizione dell’inverno piemontese, da un nebbioso e piovoso maltempo.E qui si innesta un altro tema caro alla narrativa di King ( paragone ambizioso ma non improprio): il ritorno all’infanzia.I personaggi chiave sono due bambini, Emily e Leo, amicissimi malgrado lei sia muta, non è chiaro se per ragioni genetiche o un trauma psicologico, che si incontrano da adulti dopo la separazione avvenuta tanti anni prima in seguito a una serie di tragici eventi, di cui erano stati, e continuano a essere come ben presto scopre il lettore , diretti protagonisti.
Emily, insperatamente, ha acquistato la parola, e torna dall’amico del cuore perché spinta in modo irresistibile da angosciose percezioni extrasensoriali a fare i conti con i retroscena oscuri di quelle ancora irrisolte vicende dell’epoca infantile.
Ne segue un graduale avvicinamento, sapientemente centellinato dagli autori, ai segreti che stanno dietro a quella pagina buia e misteriosa del loro comune passato.
Emily è pronta ad affrontare una verità anche soprannaturale, Leo la segue per il grande e immutabile affetto che le porta, pronto a trasformarsi in vero e proprio amore, ma ai risvolti visionari ed esoterici della torbida vicenda stenta a credere.
Pagina dopo pagina si va avanti in un’atmosfera sospesa senza che mai, fino all’ultimo atto, si dipani una matassa sempre più aggrovigliata ed angosciosa, in cui si mescolano, inestricabilmente, lati bui che affondano nella vita personale dei protagonisti ad altri radicati nella storia del paesello, a sua volta inserita nel più generale gioco degli eventi.
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