Anania Casale, giornalista e scacchista “agonistico” con lusinghieri risultati nei tornei ufficiali, ha voluto, nel suo libro, “La scacchiera dei famosi” rendere omaggio al re dei giochi d’intelligenza (oltre che, a giudizio di uno dei più grandi campioni della disciplina, Garry Kasparov, “il più violento che esista”) da un’angolatura particolare.
Degli scacchi tutti sanno che sono un cimento complesso e difficile, tanto che la gran parte delle persone lo ritiene riservato solo a chi ha talento, e tempo, per dedicarvisi.
Ebbene, Casale ci dice, prove alla mano, che non è così.
Gli scacchi sono un passatempo alla portata di tutti. Per fare un esempio squisitamente sportivo ( e gli scacchi sono anche uno sport) allo stesso modo del tennis, che si può praticare con soddisfazione e diletto senza essere Rafael Nadal, o Roger Federer.
Se uno mostra stoffa e si appassiona, può provare a perfezionarsi per vedere se Wimbledon è alla sua portata, ma non ci sarà niente di male se si limita a sfidare i soliti amici in un campo di periferia, con null’altro in palio se non il mero gusto di incrociare le racchette.
Ecco, giocare a scacchi può essere la stessa cosa, anzi la è. Per convincere gli increduli Anania ha intervistato una lunga lista di V.I.P. nei più svariati campi che, insospettabilmente, sgambettano colpendo palline con improbabile stile in arene tennistiche sconosciute ovvero, fuor di di metafora, non disdegnano di spostare pezzi sulla scacchiera per puro amore del gioco, contrapponendosi ad avversari con cui condividono una passione amatoriale senza pretese di eccellenza.
Non me ne vogliano le schiere di patiti del tennis, ma gli scacchi hanno una profondità intellettuale che va ben oltre l’aspetto agonistico, per cui negli incontri di Anania con le sue celebrità innamorate degli scacchi viene fuori, inevitabilmente, qualcosa di più.
Ciascuno di loro è chiamato, e non si sottrae, a cavare dal passatempo scacchistico un succo filosofico più sostanzioso, a spiegare, cioè, quale insegnamento esistenziale abbiano tratto da questo gioco così ingannevolmente semplice nella sua complessa armonia da venir considerato una delle realizzazioni più alte della creatività umana, oltre che uno strumento ineguagliabile per esaltare, ai massimi livelli di bravura, la profondità del nostro ingegno.
Le risposte al quesito, interessanti e variegate, sono l’aspetto più notevole del libro. Non è affatto da escludere che qualcuno degli intervistati si sia elevato nel suo settore grazie alla lezione appresa dagli scacchi.
Da scacchista dilettante con qualche buon risultato agonistico, mi auguro che la lettura di “La scacchiera di famosi” incrementi, se non il numero dei grandi campioni della scacchiera, la truppa, già folta e si dice in espansione, di coloro che, famosi e non, considerano questo gioco il miglior modo per, svagandosi, arricchirsi.
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