Per capire cosa è successo e perché il maledetto virus, in provincia di Cremona, Bergamo, Lodi e Brescia si è scatenato violentemente lo scorso mese di febbraio, sì servono studi e approfondimenti ad hoc. Il dottor Attilio Galmozzi, medico specialista in medicina d’urgenza, in servizio presso pronto soccorso di Crema, è tornato a chiedere un’indagine epidemiologica. Ecco il suo post …
Polmoniti con caratteristiche simili al Covid circolavano già da settembre-ottobre 2019 in Lombardia. Questo dato, ottenuto a posteriori osservando Tac di pazienti che hanno effettuato l’indagine radiologica per altre ragioni, sembrerebbe ormai un dato acquisito.
Da noi presso l’ospedale Maggiore di Crema, l’occhio attento del mio “socio” Maurizio Borghetti (medico radiologo), conferma questa ipotesi. Infatti, osservando sempre a posteriori alcune TC di quel periodo, alcune presentavano un’obiettività radiologica sovrapponibile a quella che poi abbiamo avuto (tristemente) modo di vedere per i mesi successivi.
Tuttavia è da fine febbraio 2020 che s’è verificato un fatto che prima non si era mai osservato: ovvero l’incremento esponenziale dei malati e, purtroppo dei decessi con quadri clinici severi.
Sarebbe importante comprendere questo dato, ovvero il perché da un certo tempo in poi gli ospedali si sono saturati velocemente di malati gravi e non, ad esempio a dicembre-gennaio.
Se è vero che immagini simili si vedevano già a settembre-ottobre 2019, quanto – ad esempio – le scuole erano aperte, il pendolarismo da e per Milano era un fenomeno quotidiano, i centri commerciali, i centri città e tutti i luoghi di aggregazione a pieno regime, perché per mesi (circa 5) non c’è stato un incremento significativo di ricoveri e soprattutto di decessi?
Cosa si è modificato dal 21 febbraio in poi?
Le polmoniti le abbiamo sempre viste, sono una diagnosi quotidiana, sia in Pronto Soccorso sia per pazienti ambulatoriali, eppure nei mesi ottobre 2019 – febbraio 2020 non si è verificato un incremento statisticamente significativo di decessi e ospedalizzazioni come lo avremmo conosciuti di lì a breve.
Sarebbe interessante (e io credo opportuno) uno studio epidemiologico serio e chiaro, sui grandi numeri che chiarisca, ad esempio, perché il primo focolaio del mondo occidentale s’è sviluppato proprio in quella lingua di terra tra il Lodigiano e il Cremonese, picchiando duro nel Cremasco e poi Brescia e Bergamo, risparmiando nella prima ondata un’area così vasta e densamente popolata come l’Area Metropolitana di Milano. Io resto della mia opinione ovvero che le scelte successive abbiano garantito una sorta di incolumità al capoluogo Lombardo, ma perché prima del cosiddetto paziente 1 la pandemia là ha risparmiato un’area così vasta?
Così postò il dottor Attilio Galmozzi sulla sua pagina Facebook.
Stefano Mauri