“Togliete il vino e il liquore a chi dice che ci manca il furore di una volta”.
Questo, domenica scorsa, al termine della partita Atalanta – Inter (1 a 1 il risultato finale, ndr), parte di quanto rilasciato da mister Antonio Conte, ai microfoni di Sky in diretta, alla fine della sua consueta intervista post gara. Per carità, io sono e resto soltanto un pirla, ma al trainer dei nerazzurri vorrei dire la seguente cosa: bere il giusto e di qualità a tavola fa benissimo, non bene e la sua squadra, beh … sì non furoreggia, non ha più l’istinto da killer dei bei tempi, non riesce a vincere con continuità e, soprattutto, con Eriksen, malinconicamente in panchina, ecco ha indubbiamente meno materia qualitativa da esibire contro gli avversari. Dulcis in fundo, se Gasperini a Bergamo avesse sbaragliato prima le carte, (cambiare non è reato, capito Gasp?), anziché mutare partito soltanto nel secondo tempo, mah … non so se saremmo qui a commentare un pareggio. E se il Conte Antonio avesse parlato di enologia a palla ferma.
Detto ciò, l’Inter, con tutti i bravi calciatori che la società ha comprato al sempre ottimo, per carità, Conte (perché si rende sempre antipatico? Non può, con tutti i soldi e gli onori che piglia, presentarsi in sala stampa col sorrisosereno stampato sul volto e rispondere, tranquillamente ai vari quesiti?), certamente ha le carte in regola, tutte, per vincere, stravincere e convincere.
Ma il suo condottiero tattico però osi, vada oltre il dogmatico, monotono e silenziato 3-5-2, doni iniziativa ai suoi ragazzi e non esclusivamente ripartenze; insomma dimostri, coi fatti, di essere bravo a costruire, senza spocchia, pure laddove la pressione e l’ambiente chiedono di portare a casa qualcosa senza se e senza ma, no?
Stefano Mauri