Come raccontato nella nostra inchiesta, l’allarmismo eccessivo sta portando moltissime persone in ospedale senza che ve ne sia necessità. Le prime conferme a Repubblica
di Manuel Montero
Sicchè avevamo ragione noi e non gli squadroni di quotidiani e tv che, anzichè controllare di persona, sposavano in pieno gli allarmi sui Pronto Soccorso milanesi “al collasso”.
Avevamo documentato che, anzitutto, i pronto soccorso lombardi stavano reggendo e che a Milano, contrariamente a quanto sostenuto da taluni “esperti” non vi era alcun collasso, mostrando i numeri provenienti proprio dai Pronto Soccorso milanesi – GUARDA
I soliti giornalisti che arredano i salotti delle tv, ma anche taluni “esperti” ci avevano accusato di negazionismo, proprio loro che il 22 febbraio, mentre questo sito lanciava il vero allarme e pubblicava gli studi cinesi sul coronavirus, dicevano che il Covid era solo un’influenza.
Ma noi siamo abituati a raccontare i fatti, non a sposare teorie. E, come avevamo spiegato, i Pronto Soccorso al “collasso” erano quelli bergamaschi della primavera scorsa, quando i pazienti erano stipati nei corridoi, le ambulanze non passavano nemmeno più e i medici disperati dovevano scegliere chi salvare.
E perché, soprattutto in situazioni come queste, ci si deve attenere scrupolosamente ai fatti e in particolare gli “esperti” devono illustrare la nuda verità? Perché altrimenti si crea un effetto isteria, che porta davvero ad intasare i Pronto Soccorso da persone che non sono malate. Ed è esattamente quanto sta succedendo a Milano, dove in tilt sta andando il sistema delle ambulanze, chiamate sempre più spesso quando non è necessario, creando, così come abbiamo scritto, un “sovraffollamento da codici verdi”. Che è un bel po’ diverso dall’essere sopraffatti dalle emergenze.
E cosa scrive infatti ora Repubblica? Questo:
L’agenzia regionale Areu ieri sera dichiara che c’è un “iperflusso” di ambulanze che rende critica la situazione al Sacco, Policlinico, San Paolo, San Carlo, San Raffaele, ospedale di Cernusco e di Saronno. “Questo succede da una settimana e le chiamate al 112 sono in continuo aumento”, spiegano i portavoce dell’agenzia. Anche se poi molti dei malati – circa la metà – vengono rimandati a casa perché i sintomi del Covid non sono così gravi da necessitare il ricovero.
E ancora, con più precisione:
Anche se circa il 50 per cento di chi arriva al Pronto soccorso con sintomi Covid, viene poi dimesso perché i medici valutano che bastino cure domiciliari sorvegliate dai curanti. “È molto importante non decidere di testa propria quando si avvertono sintomi compatibili con l’infezione – lancia un appello il direttore generale di Ats, Walter Bergamaschi – . Il primo punto di riferimento resta il proprio medico di medicina generale, che può suggerire il da farsi e che ha strumenti per valutare se la persona ha necessità di essere seguita in ospedale, se si deve chiamare il 112 o mandare una visita domiciliare anche attraverso la Usca”.
Ecco, forse dovrebbero spiegarlo agli scienziati. E ai soliti arredi televisivi.
Manuel Montero
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