I Pronto Soccorso lombardi sono davvero al collasso a causa del coronavirus? E serve davvero un nuovo lockdown generalizzato come tanti invocano? Ecco i pareri opposti dei medici. E i video che fotografano la realtà
di Manuel Montero
Sicché a nessuno venga in mente di appellarci come negazionisti. Detto questo, non possiamo non evidenziare le troppe cose che non tornano. A partire dalla leggenda sul mercato di animali vivi di Wuhan, da cui è impossibile sia sorto il virus (GUARDA), nonostante continuino a raccontarcela in questa maniera.
La premessa è necessaria perché non si confondano le idee: nessuno, qui, ha mai negato la pericolosità del virus. Ma come già abbiamo scritto, pensare a rimedi localizzati dove la situazione è più critica o per fasce d’età è l’unico modo per non far affossare definitivamente milioni di attività imprenditoriali. Un argomento che abbiamo nei giorni scorsi affrontato mostrando i veri numeri dell’Istituto Superiore della Sanità. – GUARDA
Coronavirus, i contagi in Lombardia al 27 ottobre: i Comuni più colpiti in ogni provincia
I PRONTO SOCCORSO LOMBARDI VICINI AL COLLASSO?
La Lombardia è stata ad oggi la regione più colpita. Guido Bertolini, responsabile del Coordinamento Covid-19 per i reparti dei pronto soccorso lombardi, ha dichiarato ieri: «Ora bisogna chiudere. Siamo arrivati al punto che è necessario un lockdown. La situazione di rischio è generalizzata, riguarda tutta la regione. Soprattutto in alcune aree il sistema assistenziale è vicino al collasso. Milano è più avanti, ma anche altre province hanno quell’andamento esponenziale che preoccupa».
A Fuori dal Coro, Massimo Galli, a capo del reparto Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, è drastico: «Io i morti li sto tristemente rivedendo. Vorrei che tutti capissero che siamo sull’orlo di qualcosa di molto peggio, cioè la necessità di chiudere di nuovo tutto».
Eppure, Beppe Sala, il sindaco di Milano che fu tra i primi a sottovalutare il coronavirus, a Milena Gabanelli snocciola stavolta dei numeri ben diversi: «Mi sono confrontato proprio adesso con un virologo di cui mi fido molto. Al momento abbiamo 80 pazienti intubati a Milano e 201 in Lombardia. Ad aprile erano oltre 1500».
Non solo. Alberto Zangrillo, primario dell’Ospedale San Raffaele di Milano, ospite a La vita in diretta, dice: «Sono tutti codici verdi quelli che entrano in area ricovero». Non basta. A L’aria che tira, il professore aggiunge: «I ricoveri in terapia intensiva sono una netta minoranza. Il 65% delle persone che si presentano nei nostri Pronto Soccorsi viene dimesso entro le 9 ore. Forse la mia età non più verde mi permette di raccontare la verità senza eccedere né nell’ottimismo né nel catastrofismo. La realtà che osservo è quella di una situazione ben gestita dalle regioni di riferimento in cui si sarebbe potuto fare meglio e di più sul territorio». Com’è possibile una tale discrasia di numeri e vedute tra due primari di ospedali della medesima città?
A BERGAMO
Il Corriere della Sera fornisce i numeri di Bergamo di ieri, la provincia più colpita del mondo: 55 pazienti ricoverati, 6 con richiesta di ventilazione meccanica. Ma il 25% di loro arriva da fuori provincia. Marco Rizzi, direttore del reparto Malattie infettive del Papa Giovanni: «I numeri dei positivi nella Bergamasca sono cresciuti da agosto, ma non in maniera esplosiva». Al 20 ottobre, secondo l’epidemiologo Roberto Buzzetti: «Siamo nel fondo della classifica per casi ogni 100 mila abitanti. Nelle scuole bergamasche sono stati fatti 11.738 tamponi, da cui sono risultati 83 positivi, su 134 mila alunni, e 34 classi in quarantena, su 6.100 totali».
Sempre al quotidiano di via Solfefino parla poi Luca Lorini, direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza e Area critica dell’ospedale Papa Giovanni: «I numeri non sono minimamente vicini a quelli di marzo, tenendo però conto che allora non si facevano i tamponi se non ad alcune categorie. Le persone che arrivavano in ospedale e avevano bisogno di terapia intensiva erano 5-10 volte più di oggi». In terapia intensiva, ci sono sei persone: «Ne avevamo cento in un giorno. I nuovi ricoverati hanno dai 45 agli 83 anni. Ora riusciamo a prendere i pazienti prima perché arrivano loro prima, autonomamente o in ambulanza».
Non è esattamente l’idea di collasso. Ma la discrasia è tale che diversi lombardi sulla Rete hanno deciso di andare a verificare e filmare personalmente ciò che accade nei Pronto Soccorso. E c’è da restare davvero perplessi.
Al Pronto Soccorso di Sondalo, Sondrio «non è aumentato il numero generale dei pazienti, ma quelli per Covid». Viene definita una «situazione intermedia» dai medici.
Al Pronto Soccorso di Varese, una delle province meno colpite in Lombardia nella prima ondata del virus, si registra un aumento dei sospetti pazienti Covid, al 25 ottobre. Nemmeno qui, però, si parla di collasso.
Ecco cosa accade all’ospedale San Giuseppe di Milano il 27 ottobre:
https://www.youtube.com/watch?v=a0kOTG-Iil8
Leonardo Facco, leader del Movimento libertario, documenta lo stesso giorno al Pronto Soccorso di Treviglio, tra i cuori pulsanti della pandemia della primavera scorsa. Siamo sempre al 27 ottobre, giorno in cui veniva invocato da molti esperti un lockdown generalizzato. Ascoltare il video fino in fondo:
https://www.youtube.com/watch?v=BWWyc9I21t4
E al Sacco di Milano? Almeno lì, visto l’allarme sul collasso lanciato dal professor Galli, sarà pieno? Questo è il video girato oggi e finito in Rete:
https://www.youtube.com/watch?v=KR5jIGUi6Qc
Manuel Montero
IL LIBRO DI MANUEL MONTERO SUI MISTERI DI WUHAN:
Coronavirus, la città di Wuhan e il grande mistero del mercato di animali vivi in un libro
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SPECIALE CORONAVIRUS – GUARDA
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