Ironia della sorte. Una vita a saltare sui cofani con un mitra in mano. A dare del “tu” alla morte ed ora, a 73 anni, Rossano Cochis ha subito la vendetta del destino. Un ultimo tuffo, Vieste come sfondo, un attacco di cuore ed uno degli ultimi pezzi di quella Milano nera degli anni settanta che sparisce sotto terra, sotto le onde del mare, sotto la polvere della memoria dei vecchi reduci.
Ed è proprio negli stessi istanti nei quali se ne va Rossano che la sorte, infame, sfodera la sua ironia più bieca.
A centinaia di chilometri di distanza qualcuno legge una lettera, una preghiera laica.
“Potrei essere utile ai giovani” dice. Aiutatemi a dimostrarvi di essere cambiato e di poter fare qualcosa di buono in questa vita sciagurata.
I magistrati leggono, scavano tra le foto dei giornali ingialliti da mezzo secolo di divismo sconsiderato, ridacchiano sull’ultimo audace colpo all’Esselunga e chiudono di nuovo a chiave la cella.
Così arriva la vendetta dello stato.
Così arriva la vendetta del destino.
Non sopporto chi idolatra puttane e criminali (cito Gaber) e non sopporto chi li giustifica, chi prova a piazzarli in specifici contesti storici, in certe leggi locali, in certe realtà complicate. Non sopporto chi li condanna per sentito dire e non sopporto nemmeno chi non perdona dopo mezzo secolo, ma ogni volta che un giornalista bussa alla porta nasconde il sorriso dietro ad una lacrima.
Ho avuto modo di conoscere un po’ di quei vecchi, ammuffiti criminali.
Tutta gente come Lutring, che viveva di ricordi e mitragliate addosso che gli avevano lasciato il segno. O come Franco che voleva comprarsi un furgone e lavorare onestamente. O Antonio che gli rispondeva “Sei nato con la pistola e muori con la pistola”. Li ho visti e sentiti tutti, dal primo all’ultimo. Ascoltando in silenzio e provando a dar loro una buona occasione per ricominciare.
Tipo non uccidermi.
In verità, la morte dell’ultima leggenda nera della mala milanese, decreta la fine di un’epoca.
Anzi, rimarrebbe un ultimo tassello da piazzare, il più pericoloso.
Ma lo stato, coraggioso, lo condanna a morte senza nemmeno il beneficio di un ultimo tuffo.
Alex Rebatto