Ezio Bosso, pianista, compositore e direttore d’orchestra, dal 2011 soffriva di una malattia degenerativa conseguente ad un’operazione al cervello. Nel 2016 aveva incantato l’Ariston al Festival di Sanremo
Ezio Bosso è morto. Il celebre pianista, compositore e direttore d’orchestra aveva appena 48 anni. Dal 2011 conviveva con una malattia neurodegenerativa, che gli era stata diagnosticata dopo un intervento al cervello per rimuovere un tumore.
LA MALATTIA – Nato il 13 settembre 1971, la patologia di cui era affetto venne identificata sui media come la Sla, sclerosi laterale amiotrofica, che in poco tempo arriva a compromettere la totale compromissione delle funzioni vitali.
DA SANREMO ALLA CONQUISTA DEL MONDO – Nel 2016 aveva incantato il pubblico dell’Ariston di Sanremo . Successivamente aveva conquistato con la sua musica anche la prestigiosissima “Lithuanian Chamber Orchestra”.
L’ANNUNCIO – Ma a settembre, alla Fiera del Levante, in Puglia, aveva dato un triste annuncio: “Se mi volete bene, smettete di chiedermi di mettermi al pianoforte e suonare. Non sapete la sofferenza che mi provoca questo, perché non posso, ho due dita che non rispondono più bene e non posso dare alla musica abbastanza. E quando saprò di non riuscire più a gestire un’orchestra, smetterò anche di dirigere”.
L’ULTIMA INTERVISTA – Lo scorso dicembre 2 mila persone avevano assistito a Riccione al concerto dell’Europe Philarmonic Orchestra, che Bosso aveva diretto in occasione del tradizionale Concerto degli Auguri. “Speriamo – disse – che nasca da questa esperienza una maggiore continuità, che il rapporto creato non si interrompa e questa voglia di musica e crescita venga accolta dalle istituzioni locali con una risposta più sistematica per il bene della comunità”. Poi era iniziato il lockdown. Al Corriere della Sera, a metà aprile, nel corso della sua ultima intervista, aveva confessato di essere chiuso nella sua casa di Bologna già da due mesi: “La prima cosa che farò è mettermi al sole. La seconda sarà abbracciare un albero”.
Da Oggi.it
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FRASI E CITAZIONI DI EZIO BOSSO
La musica e la vita
«La musica è come la vita, si può fare in un solo modo: insieme».
(Festival di Sanremo, 2016)
«La musica è una necessità: è come respirare»
(L’ultima intervista in televisione, a RaiNews24)
Il pregiudizio
«Mi fa riflettere sul fatto di perdersi per imparare a seguire.Perdere i pregiudizi, le paure, perdere il dolore ci avvicina. Noi uomini tendiamo a dare per scontate le cose belle – ha poi aggiunto – la vita è fatta di dodici stanze (non a caso il titolo del suo primo album era The 12th room, ndr): nell’ultima, che non è l’ultima, perché è quella in cui si cambia, ricordiamo la prima. Quando nasciamo non la possiamo ricordare, perché non possiamo ancora ricordare, ma lì la ricordiamo, e siamo pronti a ricominciare e quindi siamo liberi»
(Parlando del brano Following a bird — eseguito al Festival di Sanremo, 2016)
Essere disabili
«Ho smesso di domandarmi perché. Ogni problema è un’opportunità».
(Intervista all’Ansa, 2 novembre 2015, per l’uscita del suo primo album fisico, The 12th Room, doppio cd per pianoforte registrato con il pubblico in sala a Gualtieri, Reggio Emilia)
«Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono».
(Sanremo, 2016)
Cosa c’è di peggio? «Rendermi conto di come alcuni, purtroppo anche cosiddetti colleghi, usino la mia condizione fisica per denigrarmi. La patologia vera è questa. Le disabilità più gravi non si vedono, i veri malati, o i “sani cronici”, come li chiama il mio amico Bergonzoni, sono loro».
(Intervista a Sette, agosto 2019)
Il silenzio
«Oggi tutti parlano e nessuno sta a sentire. Bisogna fare silenzio per poter ascoltare.Un silenzio attivo, che ti aiuta a percepire non solo il suono ma anche te stesso, la tua anima. È la lezione di Claudio Abbado. Anche lui capace di trasformare la malattia in rinascita, il dolore in maggiore impegno, in urgenza del fare. Con grande pudore, ne abbiamo parlato alcune volte. In suo nome sostengo l’associazione Mozart14, presieduta da sua figlia Alessandra, che promuove laboratori musicali per i bimbi in ospedale, i detenuti in carcere. Musica spalancata, per loro soprattutto»
(Dall’intervista a «Sette», agosto 2019)
Il coronavirus
«La malattia mi ha allenato a soste forzate ben peggiori. Stavolta però non è il mio corpo a trattenermi ma qualcosa di esterno, collettivo, misterioso. Sono giorni strani, il tempo e lo spazio si sono fatti elastici, a volte le ore sono eterne, a volte volano. A volte ti senti in prigione, a volte scopri la Dodicesima stanza, quella che ti libera. Era il titolo di un mio vecchio album»
(Dall’ultima intervista al Corriere della Sera)
I colori e la memoria
«Ogni anno lo riproporrò… perché non dimentico. Io ne ho memoria. In quei giorni mi avrebbero messo un nero, quello per gli Asociali, che erano i “disabili” o prostitute, i malati o semplici oppositori: i diversi ci chiamavano. Ho memoria del rosso per i comunisti, gli anarchici e gli oppositori politici fossero anche sacerdoti. Del giallo per gli ebrei. Del viola per testimoni di Geova. Ho memoria del marrone degli zingari e del blu per i tedeschi antifascisti. Ho memoria del rosa degli omosessuali. Erano triangoli. Erano i miei fratelli e le mie sorelle. A volte facevano la musica come me. E io sono tutti loro. Sono tutti quei colori. Per questo ho memoria di quei triangoli e continuerò ad averla. Perche’ sono tutti quei triangoli. Lo siamo tutti. E quindi avrò memoria. Oggi come ieri, come domani».
(Dal post per la Giornata della memoria del 27 gennaio 2017)
L’Europa – dal discorso al Parlamento europeo (2018)
«Da quando avevo 4 anni sono stato abituato a essere europeo. Noi che dedichiamo la nostra vita alla musica sin da piccoli frequentiamo germanoaustriaci come Beethoven, o francesi come Debussy, o tedeschi come Brahms e Mendelssohn. Vedete, non c’è un confine. La musica non è solo un linguaggio ma una trascendenza, che è ciò che ci porta oltre».
«La musica è la nostra vera radice di europei ed è quella che fa eliminare ogni confine. L’Europa è un’orchestra a cui rivolgersi. La musica ci insegna la cosa più importante, ad ascoltare e ad ascoltarci. Un grande musicista non è che chi suona più forte ma chi ascolta e da lì i problemi diventano opportunità».
«La musica ci insegna la cosa più importante che esista: ascoltare».