Lo pneumologo mantovano è atteso alla commissione Salute del Senato, dove dovrebbe annunciare la pubblicazione scientifica. Intanto le polemiche non si fermano. Ma la notizia che il governatore della Toscana voglia denunciare Giuseppe De Donno appare francamente surreale…
Questa storia è iniziata con gesti eroici e pernacchie. Da una parte c’era lo pneumologo di un ospedale di provincia, Giuseppe De Donno, che salvava 48 vite con il plasma mentre in Italia si consumava una strage da coronavirus. Dall’altra c’erano virologi che pontificavano in tv su quanto fosse caro e nientemeno che pericoloso il plasma. Lo pneumologo salvava, unico caso al mondo, una ventottenne incinta di sei mesi, grazie al plasma, Pamela Vincenzi. E come premio i Nas chiedevano informazioni sul perché avesse fatto quell’infusione. Il 25 marzo Mantova era la prima città occidentale a registrare un trial sul plasma iperimmune. Altrove si sperimentavano farmaci contro l’artrtite reumatoide e l’Avigan, un farmaco del quale vi abbiamo già raccontato la vera storia. Di fatto, al plasma, non credeva nessuno. – GUARDA
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LA VERITÀ SUL PLASMA
Quando però il signor Luigi, 51 anni, dato già per spacciato a Bergamo, è stato letteralmente strappato alla morte dal team mantovano, su ordine del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e quando i guariti sono diventati troppi, le cose sono cambiate. Ci sono numerosi ospedali che hanno seguito il protocollo del San Matteo di Pavia e del Poma di Mantova. Anche all’estero. Negli Stati Uniti viene ora testato in 116 università. Giustina De Silvestro, dell’ospedale di Padova (uno di quelli che segue il protocollo di De Donno), a proposito dei costi e della difficoltà di preparare il plasma, dice a Le Iene: «Tutti i servizi trasfusionali sono attrezzati per la raccolta del plasma, non è difficile da preparare». E lo pneumologo Andrea Vianello aggiunge: «Una sacca di plasma costa intorno agli 80 euro. Con tre somministrazioni siamo intorno ai 300 euro complessivi. I farmaci antivirali possono arrivare a costare anche 4, 5 o 6 volte di più». E quanto alla pericolosità: «Non è noto per causare importanti effetti collaterali. Lo possono ricevere tutti, salvo che non ci siano controindicazioni specificatamente legate al soggetto». Qualcuno aveva pure azzardato l’ipotesi che il plasma fosse poco: ma con oltre 100mila guariti e appena qualche migliaio di malati, anche quest’obiezione si è dimostrata scientificamente ridicola.
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IL CARRO DEL VINCITORE
In una guerra che l’intero mondo ha perso, dove i più celebri esperti di epidemie hanno rimediato figure veramente penose, nella cittadina di Mantova un medico sconosciuto ai più vinceva le sue battaglie. Poi, cosa sia accaduto non si sa. Ma anche il più sprovveduto degli ingenui capirebbe che le cose non tornano più. Domani De Donno sarà alla commissione Salute del Senato a parlare degli esiti della sperimentazione che, ha sempre assicurato, a Mantova non ha fatto registrare vittime. Ha già annunciato che la comunità scientifica internazionale ha approvato tre suoi lavori. E chissà che proprio a Palazzo Madama il medico non parli già dell’approvazione della ricerca sul plasma da parte di una prestigiosa pubblicazione scientifica. Nel frattempo, con una mossa assolutamente repentina e incomprensibile sotto il profilo dell’esperienza maturata sul campo, Iss e Aifa hanno scelto come capofila per la sperimentazione nazionale l’ospedale di Pisa, che al 5 maggio aveva trattato 2 casi. Due!
LE FRASI
De Donno rispondeva sarcastico a Radio Padania Libera: «Solo in Italia poteva succedere una cosa del genere. Come fa ad essere considerato esperto della materia e capofila un centro che ha trattato due casi con il plasma? Cremona per casistica li ha superati trenta volte. Noi certamente non lo seguiremo e andremo per la nostra strada». Il medico ne aveva per tutti, dai politici locali (“mi hanno dato del demente”) agli scienziati da salotto, dalle trasmissioni tv fino all’AVIS, che non era insorta quando gli esperti avevano diffuso la scemenza che il plasma fosse pericoloso (come dire che le donazioni di sangue sono inutili!), fino al ministro della Salute che non aveva ordinato alle Regioni di fare banche del plasma (il Veneto si appresta ora ad aprirle indipendentemente dall’esito della ricerca). E doveva sentirsi dire anche, a mezzo stampa, dal direttore dell’Auop di Pisa Silvia Briani: «Vorrei smorzare le polemiche che, in questa fase, non hanno alcun senso, esortare a mettere da parte campanilismi di sorta», confondendo evidentemente il campanilismo con il merito.
Un merito conquistato sul campo dallo pneumologo mentre veniva irriso e circondato da balle sul plasma che qualsiasi studente di medicina sapeva essere tali, figuriamoci gli esperti che le diffondevano. E un merito che oggi gli viene tolto con la sperimentazione affidata a Pisa per ragioni che la dottoressa Briani stabilisce come «qualitative e non quantitative». Anche perché, con 2 casi trattati, sarebbe stato difficile interpretarla diversamente. E fa sapere che già 4 regioni avevano aderito al loro protocollo, evidentemente sulla cieca fiducia, perché con 2 pazienti ci vuole solo quella.
I SILENZI ASSORDANTI
In tutto questo la Regione Lombardia, che ha la più alta mortalità del mondo per coronavirus (tasso di letalità al 18,2%, con punte del 27% a Bergamo), che non ne ha azzeccata una, dai protocolli assenti sulle terapie domiciliari alle mascherine fantasma, dai contagiati inviati nelle rsa – dove avrebbero fatto stragi – all’inutile app anonima per i lombardi, accetta tutto di buon grado. Ed è davvero spiazzante ciò che il governatore Attilio Fontana dice serenamente a Mattino Cinque: «In questo momento credo che si debba riconoscere merito ai nostri ricercatori e se si è deciso che non si deve dare un riconoscimento politico va bene cosi, l’importante è che si riesca ad arrivare ad una soluzione per il virus». Ma qui non si parla di riconoscimento politico, ma di riconoscimento scientifico. Qui non si parla di salire sul carro dei vincitori, ma di salvare vite umane, troppe delle quali perse per le demenziali politiche fatte a Roma e in Lombardia.
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LE PAROLE DI DE DONNO
Ma lo pneumologo mantovano, che sulla sua pagina Facebook veste scherzosamente i panni di Iron Man, non ci sta a subire tutto in silenzio. Non ci sta ad essere dipinto prima come una sorta di stregone un po’ avventato (quando invece la tecnica che usa ha oltre cento anni di storia) e poi, quando tutti hanno accertato la bontà del suo lavoro, ad essere messo da parte. Ma non del tutto: che collabori, dalla sua Mantova. Suona quasi come un’offesa. Così, su Facebook, scrive: «Non ho mai approvato quegli scienziati che, dopo essere stati scelti dalla politica, chiedono collaborazione. Non ho mai approvato chi, pur non facendo parte di quel mondo, usa la Religione per ammiccarsi i cattolici. Oggi leggo sui giornali tante cose distensive. Leggo del Presidente AVIS che si giustifica con una lettera che è una pezza peggiore del buco. Leggo di ricercatori diventati “servi in una vigna”, leggo di AIFA. Leggo di ISS». E aggiunge, per mettere subito le cose in chiaro: «Leggo poi sulla Gazzetta che una Azienda ci ha donato una macchina per fare il nostro lavoro. Quindi? Sono pieno di richieste di Aziende che vogliono donarci frigo, agitatori, miscelatori. Dirò sempre di si. Se non c’è intento condizionatorio. Non sono contro l’Industria se questa è etica. Sono rimasto orfano a tre anni. Ho lottato una vita, con mia sorella, la mia complice di vita. Non ho scheletri nell’armadio. Pertanto… se ora che il plasma è stato sdoganato volete spostare il dibattito su corruttela e corruzione… nessun problema. Per altri forse si».
IL PLASMA SAREBBE IN CANTINA
E sempre sui social: «Mi sono dovuto sperticare. Ho trascurato la mia famiglia. Ho accettato insulti. Accuse di ricercare visibilità. Ma se non avessi fatto tutto questo, il plasma sarebbe in cantina. E sentire tutti questi scienziati, a cominciare da Andrea Vianello, che sostengono la mia lotta, beh, mi fa dormire sereno. Sentire il Prof Santin, poi, che racconta della multicentrica degli USA, partita di recente… Sentire dire che il plasma è democratico, gratuito, disponibile…»
LE VOCI DI QUERELA
Ma il caso non sarebbe chiuso qui. Secondo La Voce di Mantova, dopo che De Donno ha detto che la scelta di fare la sperimentazione a Pisa è una scelta politica «per il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ci potrebbero essere gli estremi per un’azione legale contro il medico del Poma». Addirittura, scrive il quotidiano di Mantova «a minacciare azioni legali ci pensa il governatore toscano Rossi che avrebbe già dato mandato di tutelare a livello legale l’immagine della politica sanitaria e dell’Azienda ospedaliera di Pisa». Ma davvero? Irriso, messo da parte e pure denunciato? Personalmente non ci credo. Non credo ci siano gli estremi per una diffamazione, tantomeno credo che il governatore abbia in mente di presentare una querela contro lo pneumologo. Anche se, a dirla tutta, in una causa del genere avremmo forse la possibilità di capire davvero cosa sia successo in questa storia surreale. E a tratti, molti tratti, vergognosa. – TUTTO SUL PLASMA IPERIMMUNE
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