Cremona è la provincia più colpita dal coronavirus: un contagio ogni 59 abitanti. A Crema un morto ogni quattro contagi: il 25,4%. Cifre mostruose. A Fronte del Blog parla Attilio Galmozzi, medico in trincea proprio a Crema: “Non esiste un protocollo ufficiale unico. Ecco le cure che funzionano. Ma hanno caricato troppo le nostre strutture”
di Stefano Mauri
Crema città ha avuto 492 contagiati da Covid-19 e 125 vittime. Se consideriamo invece la provincia, tutta, di Cremona abbiamo oltre 6000 contagi (6037, numeri aggiornati al 30 aprile) e ben 994 decessi. Numeri mostruosi, importanti, pesanti, tristi che fanno pensare. Per vedere che aria tira, in prossimità dell’inizio della cosiddetta Fase 2, quella di convivenza col virus, al telefono siamo riusciti a scambiare quattro chiacchiere col dottor Attilio Galmozzi, medico in servizio al pronto soccorso dell’Ospedale Maggiore cremasco, in trincea (con tutti i suoi colleghi) dallo scorso 21 febbraio, appunto contro il Covid-19.
Quindi da decreto adesso potrà uscire di casa un po’ più di gente?
Per carità capisco la voglia di andare in giro dopo quasi due mesi di chiusura e il fatto che l’economia debba rifiatare. Detto ciò ci vuole prudenza poiché se la carica virale del Coronavirus è meno poderosa, se tamponi positivi e Tac con polmoniti gravi sono in calo è proprio perché l’isolamento ha dato buoni frutti. Cremasco, Lodigiano e Cremonese, senza dimenticare il Bergamasco. rappresentano terre e territori fortemente colpiti dall’epidemia.
E questi dati non sono casuali: serviranno studi per capire il perché di tanta virulenza in determinate zone e meno in altre, no?
Indubbiamente sì…
A Cremona si parla di casi di persone guarite e poi ammalatesi nuovamente.
All’inizio, necessariamente, per la diagnosi ci affidavamo soltanto ai Tamponi naso – faringei, poi, ci si è accorti che la Tac, oltre a essere più veloce era ed è meno approssimativa, oggettivamente in grado di diagnosticare, attraverso la sintomatologia riscontrata, un contagiato, una grave polmonite in un soggetto in precedenza negativo al tampone. In un altro caso si è reso necessario un successivo broncolavaggio, in un paziente aggravatosi, con tre tamponi negativi alle spalle. Tutto questo per far capire la soggettività con gente che magari mal sopporta il prelievo e l’imprevedibilità del Covid-19, bruttissimo, nuovo, poco conosciuto, oscuro cliente difficile da trattare col quale però, perlomeno, ora riusciamo ad approcciarci.
A Crema utilizzate il plasma da donatore iperimmune per le cure?
L’ho detto poc’anzi: ci troviamo in una fase conoscitiva, avanzata, di un problemone complicato, vasto, complesso, variabile dato che il Covid sa dare quadri clinici pericolosi, diversificati e diversi dalle polmoniti. Un protocollo unico e ufficiale terapeutico ancora non esiste, bisogna rapportarsi dunque agli ammalati studiando ogni possibile scenario e, soprattutto ricorrendo a farmaci che danno, contestualizzando, i migliori risultati. Da Cremona è arrivata comunque una sacca di plasma qualche giorno fa. L’eparina se utilizzata in tempi giusti, in presa diretta dà risultati incoraggianti, mentre magari in vitro ne dava meno. Così come determinati antivirali giovano alla causa, ma l’importante è agire subito.
Oggettivamente in Pronto Soccorso, oggi, rispetto alle scorse settimane, si sono registrati meno ingressi per sospetti malati di coronavirus.
Sì. Tempo fa arrivammo ad avere in carico più di 100 accessi per sintomi da polmoniti. E pur tra mille difficoltà nessuno è stato lasciato indietro. Nessuno. Adesso la situazione è meno pressante, ma non va abbassata la guardia e chi esce di casa, utilizzi i dispositivi di protezione senza esagerare con le uscite.
Qualcosa, tuttavia all’inizio, probabilmente nel coordinamento dell’emergenza ha stonato. Che ne pensi?
Il settore privato, parlando fuori dai denti una bella fetta del mercato sanitario, mah poteva dare di più. E la gestione della stessa emergenza doveva essere centralizzata, abbreviando i tempi per allestire, nei pressi degli ospedali di Cremona, Crema, Bergamo e Lodi le utilissime strutture da campo emergenziali. Focalizzare, dirottare tanti ammalati sulle stesse strutture già sovraccaricate non ha giovato alla causa. Nei giorni del caos chiedevamo costantemente, a gran voce di non mandarci altri casi. E serviva razionalità che centri sanitari per le emergenze, gli ospedali da campo per intenderci, allestiti vicino ad un ospedale hanno capacità di interazione col nosocomio funzionale e immediata. Al contrario, la discussa, isolata, struttura sanitaria della Fiera di Milano crea grattacapi logistici già soltanto col movimentare medici, infermieri e ammalati verso strutture complete nei paraggi. Mi sono spiegato?
Stefano Mauri