Il presidente di Avisl Onlus, Domenico Musicco, ricorda: “La guida al telefono è sfuggita incredibilmente al legislatore quando è stata partorita la legge sull’omicidio stradale. E a oggi non costituisce alcuna aggravante, ma soltanto una violazione al codice della strada, che comporta una sanzione amministrativa”
Emerge una clamorosa novità per l’incidente di Ponte Milvio del 22 dicembre, quando Pietro Genovese, figlio del noto regista Paolo, travolse e uccise in auto le due sedicenni Camilla Romagnoli e Gaia Von Freymann. Dopo alcune testimonianze in senso opposto, una perizia in 3D aveva stabilito un concorso di colpa: il giovane era passato con il verde, ma a forte velocità e con un tasso alcolemico elevato. Mentre le vittime non avevano attraversato sulle strisce.
Ora un documento della polizia postale sostiene che al momento dell’impatto l’automobilista, indagato per duplice omicidio stradale, stesse mandando 4 foto e un video via Whatsapp.
Ma cosa cambia per il processo?
L’avvocato Domenico Musicco, presidente di Avisl Onlus, dice: «Ancora una volta la distrazione alla guida sarebbe stata provocata da un cellulare. Questo cambia molto dal punto di vista della dinamica, perché significherebbe che l’attenzione dell’automobilista era completamente rivolta allo schermo dello smartphone e non alla strada, fatto più grave della semplice telefonata. Tuttavia, è bene ricordarlo, la guida al telefono è sfuggita incredibilmente al legislatore quando è stata partorita la legge sull’omicidio stradale. E a oggi non costituisce alcuna aggravante, ma soltanto una violazione al codice della strada, che comporta una sanzione amministrativa. Si tratta di un problema enorme cui porre rimedio, cosa che ripetiamo invano fin dall’inizio. Ad oggi infatti la guida al cellulare costituisce una delle principali cause di incidenti stradali in Italia».