Il calcolo choc dell’esperto indiano in intelligenza artificiale Ali Razavian, che paragona il coronavirus ad un virus informatico e stima in 600 mila le vittime nel mondo. E in 24 mila quelle italiane. Ma, a suo giudizio, la quarantena sarebbe stata del tutto inutile, in quanto il virus avrebbe già colpito in precedenza. Le sue stime sono basate sul caso dei contagi in Islanda. Ma quanto è attendibile la ricerca?
Di Rino Casazza
Da qualche giorno è disponibile sulla piattaforma Medium.com un articolo scritto da uno specialista di informatica che fa un’accurata analisi statistica sulla diffusione del covid-19.
Si tratta di un contributo che, per le conclusioni a cui giunge, non esito a definire sorprendente.
Prima di tutto una premessa riguardo Medium.com, sul quale potete leggere qui un articolo del Corriere della Sera.
Innanzitutto, occorre precisare che Medium.com non è un sito scientifico accreditato. Ovvero non pubblica contributi sottoposti al vaglio della “peer review”.
Si tratta di un normale sito d’informazione, non appartenente al circuito giornalistico professionale.
Tuttavia, per le policy molto attente con cui filtra le proprie pubblicazioni, non può nemmeno essere considerato alla stessa stregua dei molti blog che sono proliferati sul web, totalmente indipendenti e perciò senza alcuna verificabile attendibilità dei propri contenuti.
Come spiega il succitato articolo, Medium.com si colloca nel mezzo tra queste due forme di comunicazione attraverso la rete.
Medium.com è insomma una sorta di grande giornale aperto ai contributi di quanti, singoli o gruppi, pur non essendo professionisti del giornalismo, hanno comunque esperienza e competenza nelle materie su cui intervengono.
Obbligatorio, naturalmente, qualificarsi e rendersi rintracciabili nonché, com’è proprio dei blog, dare disponibilità a dialogare con i lettori.
Il sito risulta aver ottenuto un lusinghiero successo, con oltre sessanta milioni di iscritti in tutto il mondo.
In Italia è ancora poco conosciuto, anche se gode di una maggiore notorietà da quando Matteo Renzi l’ha prescelto come piattaforma per un suo blog.
Medium.com si sostiene con la pubblicità come la maggioranza delle iniziative sulla rete, ma si dice che in futuro potrebbe ricorrere alla formula dell’abbonamento, almeno in parte.
Veniamo all’articolo cui abbiamo accennato.
Si intitola When would COVID19 be over from a data science perspective and what’s the fatality rate?, ciòè Quando finirà il Covid-19 dal punto di vista della scienza dei dati, e qual è il suo tasso di mortalità?
Il suo autore, di origini indiane, si chiama Ali S. Razavian. Si presenta come esperto di “deep learning”, una branca dell’intelligenza artificiale, e leggendo il suo post si intuisce la sua particolare conoscenza dei “virus digitali”.
Non a caso sostiene che il comportamento del “covid-19 ricalca, quanto a velocità di propagazione, quello dei virus informatici. Sarebbe, anzi, il primo virus naturale a presentare questa caratteristica.
Sugli aspetti più matematico/statistici delle sue tesi non mi pronuncio, lasciandone una valutazione agli esperti.
Val la pena di segnalare che i dati su cui basa la sua analisi sono desunti dalle informative ufficiali dei principali stati occidentali, incrociati con quelli forniti dalla piccola Islanda.
Perché?, vi chiederete.
Semplice: in questa isola nordica sarebbe stato possibile lavorare su un più attendibile campione casuale di 1000 persone.
Ricordo che in Italia e negli altri stati europei, ma anche negli Usa, i famosi “tamponi” sono stati eseguiti in larghissima prevalenza sui pazienti ricoverati. Di conseguenza, spiega Razavian, i tassi di contagio e di mortalità rilevati non sono statisticamente espressivi della popolazione nel suo complesso.
I calcoli basati sulla “ponderazione” dei dati provenienti dai due tipi di campionatura, portano Razavian a evidenziare che il covid-12 ha una rapidità di propagazione cosi vorticosa (come appunto i virus digitali) che nell’intervallo tra la prima infezione e la registrazione della prima morte (un periodo di incubazione di 5 giorni + un periodo sintomatico di 2/3 settimane), esso ha già contagiato la maggior parte della popolazione, anche se il 96% non manifesta alcun sintomo.
Ogni contromisura di distanziamento sociale adottata successivamente sarebbe da considerare arrivata troppo tardi.
A quel punto, il virus è destinato a fare il suo corso, consistente nel far ammalare visibilmente il 4% della popolazione uccidendone lo 0,06 %: è questo il tasso di mortalità del covid-19 calcolato da Razavian.
Lo 0,06 sembra una percentuale infima, ma tenuto conto che tutti sono destinati a infettarsi, e che, per esempio, nel mondo occidentale abita 1 miliardo di persone, alla fine conteremo 600.000 morti, in Italia 24.000.
Stimato in 9 settimane il periodo di pandemia, la cosiddetta “immunità di gregge”, ovvero la situazione in cui la stragrande maggioranza della popolazione ha contratto l’infezione e sviluppato gli anticorpi, verrebbe raggiunta, secondo Razavian, dopo circa 3 settimane, caratterizzate da crescita esponenziale dei contagi. Seguirebbero tre settimane di stabilizzazione del loro incremento e altre tre 3 di decrescita esponenziale.
Per quanto riguarda la dinamica dei decessi essa proseguirebbe con incremento esponenziale anche nelle seconde 3 settimane, iniziando solo dopo la sua discesa.
Alla fine del suo discorso Razavian indica una sola misura veramente utile per combattere il contagio: la protezione delle persone anziane sopra l’età del pensionamento, >65 anni, in quanto le sue elaborazioni dimostrerebbero che in questa fascia di popolazione la mortalità è più alta per le più precarie condizioni di salute, unitamente al fatto che la percentuale di contagi più gravi, quelli con sintomi, è molto più alta che nelle altre fasce d’età.
A chiosa del tutto, aggiungo che il quadro tratteggiato dall’informatico indiano appare molto coraggioso, se non temerario, non solo perché si sbilancia in una interpretazione precisa sull’andamento dell’epidemia, ma soprattutto perché, fornendo numeri, si espone alla smentita dei fatti.
Non resta che attendere cosa ci diranno i dati definitivi sulla pandemia.
Rino Casazza
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