La Regione Lombardia insiste nel promuovere AllertaLOM, l’app per aiutare i loro virologi compilando i questionari in maniera anonima. Ma se uno è malato vuole aiuto, non questionari. E infatti si sta rivelando un flop
Anche oggi sono morte in Lombardia 231 persone per coronavirus. Ne muoiono centinaia ogni giorno. Nella Regione più avanzata d’Italia manca tuttora il coordinamento tra medici di base e ospedale. A Milano una donna racconta come le sia stato impossibile ricevere il tampone quando aveva i sintomi e come non può riceverlo ora che non li ha più, le inutili attese ai numeri verdi, le chiamate alla guardia medica. Sicché non sa se sia positiva e se possa uscire di casa.
Ma è il meno. Almeno a Bergamo, a chi convive con un malato da coronavirus non viene fatto il tampone. Gli si raccomanda solo di non uscire di casa per due settimane. Nessun controllo. Nient’altro.
Raffaele Leone, direttore di Focus, ha raccontato addirittura in un’intervista al Corriere della Sera come nella terra del «miglior sistema sanitario del mondo» (parole del governatore Attilio Fontana) si sia ormai arrivati al pellegrinaggio,. Non gli avevano fatto il tampone prima, non glielo hanno fatto dopo. Così:
«Per sapere qualcosa in più sulla mia salute ho preso la mia auto, ho fatto 81 chilometri per andare a Robbio».
Perché Robbio?
«Perché mi è stato segnalato che a Robbio c’è un sindaco e un medico che hanno deciso di fare gli esami sierologici a chi vuole. Uno si prenota, si pagano 45 euro, ci si mette in fila davanti al palazzetto dello Sport, si fa il prelievo e dopo un paio di giorni arrivano i risultati per capire se effettivamente hai fatto la malattia».
Ma la Regione non ha ancora certificato i test.
«Il sindaco mi ha spiegato che la Regione non li ha vietati, ma ha solo detto di non farli. Lui li ha fatti fare lo stesso. La Regione ha vietato però di refertare le analisi sul territorio lombardo e così il sindaco manda le provette in Liguria: 300 fiale ogni giorno. A fare la fila ci sono anche tanti uomini delle forze dell’ordine e tanti medici di famiglia che arrivano dal resto della Lombardia. È un pellegrinaggio continuo»
La situazione diventa però paradossale quando, a fronte del totale disorientamento dei cittadini, la Regione Lombardia promuove l’app AllertaLOM. Si dirà: serve finalmente a mettere direttamente in contatto medici e pazienti? Finalmente viene stabilito quali passaggi compiere per ottenere la migliore assistenza? No. Non è la Regione ad aiutare il paziente. È il paziente che, in maniera assolutamente anonima, deve compilare un questionario con i sintomi a beneficio dei loro virologi. E non una volta sola. Più volte.
In un dibattito a Radio Padania avevo fatto presente al governatore Attilio Fontana che una cosa del genere non poteva essere di alcun aiuto per le persone: perché se uno ha sintomi e sta male vuole essere curato, non dare una mano in maniera anonima ai suoi esperti. Avevo detto che così non l’avrebbero scaricata in tantissimi, dato che non sembrava un’idea molto brillante.
Il governatore glissò.
Da quando è stata lanciata, è stata scaricata, dicono alla Regione, 750mila volte, un po’ poco per mappare, come era nelle loro intenzioni, l’intera Lombardia. Così oggi avvertono che a breve si potrà compilare il questionario anche per i parenti, in modo da ottenere qualche numero in più. L’invito nella diretta Facebook è prolungato. Seguono una manciata di secondi per annunciare i contagi e 231 decessi. Poi, ancora, il nuovo appello, come se si trattasse della panacea di tutti i mali. Siamo oltre la soglia del grottesco.
In compenso, su Android, le recensioni su AllertaLOM, com’era ampiamente prevedibile, non sono delle migliori: 3 stelle su 5 su 2287 recensioni, che per un’app non è che sia il massimo. Difficilmente chi ha messo 1,2 o 3 stelle continuerà a compilare i loro questionari anonimi.
Forse converrebbe pensare di più, come avevo invano suggerito, alle centinaia di morti al giorno, che continuano ad esserci nonostante il carico di lavoro crollato ai pronto soccorso e nelle terapie intensive.
E forse pensare ad un’app un po’ più utile per chi vive nell’angoscia quotidiana di essere malato.
Forse.
Edoardo Montolli
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