Daniel Radcliffe torna a parlare dei suoi problemi con l’alcol. E rivela che fu la fama precoce della saga a procurargli problemi: non riusciva a gestirla. E spiega: “Mi chiedevo se sarei rimasto per sempre il maghetto di Hogwarts”
Daniel Radcliffe si confessa e torna a parlare dei suoi problemi con l’alcol. Come altri bambini prodigio del cinema ha avuto difficoltà a gestire una fama precoce. L’effetto, per lui, è stato quello di rifugiarsi nell’alcol: “Mi chiedevo se sarei rimasto per sempre il maghetto di Hogwarts”.
L’INCERTEZZA – Come spiega alla Bbc, l’attore ha vissuto momenti panico quando la saga di Harry Potter giungeva al termine: “Stava finendo l’avventura e non ero sicuro di cosa avrei fatto dopo”. Ci aveva lavorato per dieci anni, dagli 11 ai 21 anni, l’intera adolescenza e la prima età adulta: “Non ero a mio agio con me stesso, o con la versione sobria di me. Così bevevo”.
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ESSERE FAMOSI – Ma farsi vedere a quel modo lo metteva ancor più in difficoltà: “Se uscivo e mi ubriacavo la gente mi guardava con interesse e curiosità, perché non ero semplicemente una persona un po’ brilla, ero pur sempre il ragazzo di Harry Potter. Non mi piaceva essere osservato a quel modo, così bevevo di più, mi ubriacavo ancora. Per alcuni anni sono andato avanti così”.
L’IMPORTANZA DELLA FAMIGLIA – In suo soccorso sono arrivati papà e mamma, che non bevono, ma che hanno avuto diversi parenti vittime di alcolismo. Però “alla fine sei solo tu a poter decidere di dire basta”. Cosa non facile. Ma anche nell’ambiente ha trovato solidarietà: “Ho incontrato persone meravigliose che mi hanno aiutato, altri attori che mi hanno dato consigli molto importanti”.
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NEMMENO UNA GOCCIA – Ne parla ora che il problema è alle spalle e non tocca più una goccia di alcol: “Bere non mi manca. Quando penso al caos che era la mia vita allora, sono felice di stare meglio”.
IL DUBBIO – Insomma, Harry Potter è stato un tormento continuo: gli ha dato fama e problemi, anche se, ovviamente “sono molto affezionato al ruolo e agli anni che ho passato assieme ai miei amici e colleghi”. Resta un dubbio nella sua testa: “Se non fosse per Harry Potter sarei riuscito a diventare un attore? E oggi, le parti che mi vengono offerte mi arrivano perché sono stato Harry Potter o perché sono bravo?”
IL TEATRO – Per questo si è voluto dedicare a ruoli impegnati e al teatro, a Londra, all’Old Vic di Londra, con Alan Cummings e Jane Horrocks in Endgame, di Samuel Beckett: “C’è poca tolleranza per chi si dà arie. Per un periodo sono stato a Los Angeles e credevo di impazzire. Non riesco a immaginare cosa possa significare crescere lì, soprattutto perché quando sei piccolo, o molto giovane, non sai esattamente chi sei e credi all’immagine che gli altri hanno di te. Non sempre hai la forza di rimanere fedele a ciò che sei. Alla fine devi farti delle domande esistenziali: cosa vuoi dalla vita? Ho capito che la mia passione è fare l’attore, che l’avrei fatto anche senza fama e senza soldi. Così vado avanti”.