La scienza ci dice che il “coronavirus”, il microrganismo responsabile della pandemia che ha sconvolto le nostre vite, è nato in modo casuale.
Per essere più precisi è nato per “zoonosi”, ovvero si tratta di un virus, inizialmente specifico di una specie animale, entrato in contatto col corpo di un uomo, trovando terreno fertile per impiantarvisi.
I virus sono temibili perché hanno bisogno, per replicarsi, di altre cellule, nel nostro caso cellule del corpo umano.
Questi insidiosi parassiti non fanno necessariamente danni, potendo rimanere del tutto silenti. Spesso però nel riprodursi provocano malattie, anche serie.
È Il caso del coronavirus.
Questo microrganismo dovrebbe essersi formato in qualche campagna intorno a Wuhan, in Cina, contaminando un contadino che viveva a stretto contatto con un qualche tipo animali domestici, a loro volta infettati da altri animali (si ipotizza il pipistrello).
Questa contaminazione interspecie avviene, fatalmente, in un numero alto di casi, restando senza conseguenze, a parte la possibile morte fulminante dell’unica, sfortunata vittima dell’infezione.
A volte, però, il virus riesce a compiere diversi passaggi tra animali, prima di arrivare all’uomo, assumendo una forma subdolamente adattabile al nostro organismo.
Il primo contagiato sopravvive, senza accorgersi di nulla, e trasmette il nuovo virus ad altre persone, e così via.
Dopo un po’ ci si avvede che l’intruso non si limita a fare del nostro corpo un utile rifugio, ma causa una pericolosa malattia.
E sono, appunto, dolori.
En passant, si pensa che a Wuhan il contagio si sia scatenato perché un contadino infetto sarebbe andato a vendere i propri prodotti in un affollato mercato cittadino.
Questo ci dice la scienza.
Sottotraccia, tuttavia, fin dall’inizio dell’epidemia, ovvero pandemia, come certificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sta circolando un’altra ipotesi, che riecheggia quanto narrato dallo scrittore “del brivido” Stephen King in un romanzo, L’ombra dello scorpione, uscito nel 1978.
King nella sua storia “apocalittica” immagina che sul nostro pianeta si scateni, a velocità impressionante, una catastrofica epidemia perché, a causa di una fatale falla nei sistemi di sicurezza, da un laboratorio militare segreto dedito alla produzione di armi batteriologiche “fugge” un virus influenzale creato artificialmente portatore di una malattia incurabile dal decorso fulminante.
Per inciso, il contagio si spegne dopo aver sterminato il 90 per cento della popolazione mondiale.
Di ciò abbiamo reso conto nel post “L’ombra dello scorpione e di un videogioco horror sul coronavirus”, riferendo come secondo talune fonti un arsenale top secret di armi “non convenzionali” , operante a Wuhan, avrebbe per incuria lasciato filtrare all’esterno il coronavirus.
Questa inquietante teoria, finora priva di riscontri, ha trovato rilancio in un articolo del Corriere della Sera.
Parrebbe che adesso le due più grandi potenze economiche mondiali, Stati Uniti e Cina, si stiano scambiando l’accusa di aver tradotto in realtà, non si capisce bene quanto volontariamente, il romanzo di Stephen King.
Gli Usa starebbero rimarcando con sempre maggiore insistenza che la diffusione del coronavirus sia attribuibile al governo cinese, mentre la Cina incomincerebbe a insinuare che a portare l’epidemia nella città cinese sarebbe stato addirittura… l’esercito degli Stati Uniti.
Nello scorso ottobre in Cina si sono svolti i campionati mondiali militari e, stando a fonti non ancora verificate, gli ospedali di Wuhan avrebbero accolto alcuni atleti della nazionale statunitense con sintomi, a posteriori, sospetti.
Avrete capito che dietro la denuncia si nasconde la supposizione, allo stato senza conferma, che questi soldati proverebbero da un laboratorio militare per la guerra batteriologica, dove sarebbero rimasti esposti al nuovo virus. Scrive, in proposito, il quotidiano di via Solferino:
Nemmeno si precisa di quale nazionalità fossero i soldati, ma i complottisti giurano che fossero stati contagiati dagli americani, che si sarebbero portati il virus da casa. Viene citato il laboratorio militare di Fort Detrick, Maryland, come origine del coronavirus. Spazzatura. Ma ora viene cavalcata da Zhao Lijian, portavoce e vicedirettore del Dipartimento Informazione degli Esteri a Pechino. Su Twitter Zhao ha scritto ai suoi 310 mila followers: «Prendetevi pochi minuti per leggere un altro articolo. È così sconvolgente che ha cambiato molte cose nelle quali credevo…». Nel post è accluso il link a un sito canadese esperto dl complottismo. «Può essere stato lo US Army a portare l’ epidemia a Wuhan. Serve trasparenza! Gli Usa ci devono una spiegazione», ha twittato il funzionario. La sua sparata è stata rilanciata su Weibo, la piattaforma mandarina, e condivisa cinque milioni di volte. Il «bacillo» della disinformazione prolifera senza confini. L’ Iran ha spinto sulla tesi del complotto americano per giustificare la situazione disastrosa all’ interno del Paese, con vittime tra i cittadini e personalità. La narrazione dei mullah ha insistito sulla superiorità morale e tecnica di Pechino, sulla disorganizzazione statunitense, su una manovra ordita per indebolire la Cina con un’ infezione contenente componenti misteriose e Hiv. Alcuni canali russi sono stati solerti nel rilanciare «rivelazioni», anche se le bugie raccontate dopo l’ abbattimento del jet ucraino hanno tolto forza alle versioni che escono dai palazzi khomeinisti. Il Bahrain, rivale di Teheran, ha dato la sua interpretazione accusando gli ayatollah di aver scatenato un’ aggressione batteriologica. Tutto chiaro, allora? No. C’ è ancora tanto da scoprire sulla crisi globale, sulla sua nascita.
Assai verosimilmente, ci troviamo di fronte ad una schermaglia diplomatico/propagandistica legata all’ormai sempre più acceso conflitto tra i due giganti dell’economia mondiale. Rino CasazzaGuarda gli ultimi libri di Rino Casazza – QUI