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Coronavirus, la strana mortalità nelle regioni del Po, molto più alta che a Wuhan

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Robert Gallo, l’uomo che scoprì l’hiv, sostiene che il virus si stia spostando da est a ovest e non a sud. In effetti, guardando i numeri, la mortalità italiana è molto più alta nelle regioni attraversate dal Po. Non c’è poi alcun confronto con il resto del mondo: in alcun Paesi il coronavirus ha la mortalità di un’influenza

 

I dati della mortalità in Italia inquietano. Ma a far impallidire sono soprattutto quelli della Lombardia. Gli esperti, molti dei quali all’inizio parlavano di una semplice influenza solo un po’ più forte, litigano. Prima di entrare nel merito, vediamo i dati del coronavirus nel mondo sulla base dei dati forniti dalle autorità sanitarie:

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Dei 15 Paesi più colpiti con un campione significativo, la mortalità al 13 marzo evidenzia la netta discrasia tra l’Italia e il resto del mondo:

Italia               7,1% (era 6,7 il 12 marzo e 4,9% l’8 marzo)

Iran                 4,5%  (era 4,2% il 12 marzo)

Cina                3,9%

Giappone        2,7%

Spagna                        2,5%   (era 2,8% il 12 marzo)

Usa                 2,1%    (era 2,5% il 12 marzo)

Francia            2,1%    –

Regno Unito   1,3%

Olanda                        1,2%

Svizzera          0,9%    (era 0,8% il 12 marzo)

Corea Sud       0,8%    –

Germania        0.2%    –

Norvegia         0,1%    –

Svezia             0,1%

Danimarca 801 casi, 0 morti

LA CINA

 

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Vale ora la pena fare alcune considerazioni iniziali: quando il contagio era solo in Cina, si parlò inizialmente di una mortalità al 2%. Poi, si alzò.

Uno studio cinese basato su circa il 55% dei contagi attuali, documentò come la mortalità fosse più forte nel focolaio, e dunque a Wuhan e, allargandosi alla provincia di Hubei, fino a 7 volte di più rispetto al resto della Cina.

Al 13 marzo in Cina è guarito il 79,3% dei contagiati e il loro dato al 3,9% di mortalità comincia ad essere consolidato.

L’ITALIA

Cerchiamo di analizzare quanto gli esperti italiani hanno detto finora in merito alla mortalità.

1) È stato detto che abbiamo fatto molti più tamponi rispetto agli altri Paesi ed è la ragione per cui abbiamo più casi. Ma anche che facendoli ora soltanto ai sintomatici, la mortalità risulta più alta.

Tuttavia la Corea del Sud ha fatto almeno il triplo dei nostri tamponi e ha una mortalità allo 0,8%, inferiore addirittura a chi ne ha fatte poche migliaia.

2) È stato detto che le morti dipendono dal fatto che abbiamo una popolazione anziana, sulla quale il coronavirus attecchisce di più.

È vero, siamo il secondo Paese al mondo per anzianità. Solo che il Paese più anziano del mondo, il Giappone, ha, al 13 marzo, una mortalità al 2,7%.

3) Si è fatta filosofia sul fatto che la gente muoia “con il Covid-19” e non “per il Covid-19”, per via del fatto che soffrisse di altre patologie. Ma questa filosofia somiglia molto al gioco delle tre carte.

Per fortuna in Italia ci sono ancora persone serie. E quando Camilla Mozzetti de Il Messaggero chiede al professor Massimo Andreoni, primario del reparto di Malattie infettive del policlinico Tor Vergata, se si muoia per o con il Covid-19, questi risponde: “La mia posizione personale è che quando una persona, seppur con gravi patologie pregresse, muore nel corso dell’infezione da Covid-19 è questo la reale causa di morte. Per capirci: in un paziente neoplastico che muore per una sepsi batteria, è la sepsi la causa di morte e non la neoplasia. Tanto è vero che se si dovesse compilare una scheda di morte si scriverebbe che quella è stata la causa terminale. Ovviamente il virus attacca di più organismi fragili ma chi prende la polmonite da Covid muore per quella e non per il diabete che già aveva. Per me clinico questa discussione è poco comprensibile”.

4) Soltanto la Cina ha una percentuale di ricoverati in terapia intensiva più alta della nostra (il 29,8%), che è dell’8,9% al 13 marzo. Gli altri Paesi hanno percentuali trascurabili: segno che, in ogni caso, il coronavirus da noi colpisce in maniera molto più grave.

LE REGIONI DEL PO

Quindi, ad oggi, spiegazioni non ce ne sono. Tuttavia è interessante quanto ha raccontato all’Adnkronos Robert Gallo, l’uomo che scoprì l’Hiv e attuale direttore dell’Institute of Human Virology presso la University of Maryland (Usa), mentre il Governo italiano cincischiava sul chiudere tutto. È stato l’unico ad ammettere che non si sa perché questo Covid-19 provochi una mortalità più alta in Italia: «E guardiamo con interesse la risposta del vostro Paese perché avete un’epidemia diversa dalla Cina, con una mortalità che è più alta: si dovrà verificare come mai».

Ma poi ha aggiunto un altro dettaglio interessante: «Quello che posso dire è che come virologi, scambiando opinioni anche con colleghi epidemiologi, abbiamo notato che il virus si sta spostando all’interno di latitudini massime che hanno per ora escluso, per esempio, Russia e Africa, mentre sono toccati Paesi più o meno ‘paralleli’ come Cina, Corea, Iran, Giappone (dove non si è diffuso al Sud), Italia».

Guardiamo ora alla mortalità (in crescita) nelle regioni italiane più colpite con i dati del 13 marzo:

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Lombardia    9,5%  (era 6,7% l’8 marzo, l’8% l’11 marzo, l’8,4% il 12 marzo)

Emilia             8,8%  (era 7,4 il 12 marzo)

Piemonte        5,4%  (era 4,4 il 12 marzo)

Marche            3,7%    –

Veneto                        2,6%   (era 2,3 il 12 marzo)

Un altro dato che fa pensare è il ricovero in terapia intensiva: nelle regioni in cui la mortalità è più alta, la percentuale dei ricoverati che vi entra è di gran lunga inferiore alle altre. In Toscana è del 57%, ma la mortalità è dell’1%. In Lombardia è del 14%, in Emilia Romagna del 13%: può significare che il coronavirus, in queste regioni, non fornisce nemmeno il tempo di un periodo di aggravamento. Uccide. E lo fa in fretta.

Sulla base dei dati comunicati ad oggi, possiamo trarre tuttavia, tre conclusioni.

La prima è che, come sosteneva il primo studio cinese, laddove c’è stato il focolaio iniziale (la zona a confine tra Lombardia ed Emilia) la mortalità è molto più alta.

Tuttavia a Wuhan era del 5,8%, mentre in Lombardia è del 9,5%.

La seconda è che Robert Gallo ha intuito il giusto: il virus sta colpendo ad una medesima latitudine, in particolare a quella del focolaio.

La terza deriva dall’osservazione della latitudine del focolaio, dove si registra la percentuale di morti più alta, là dove non era stata posta subito una zona rossa:  sono le regioni attraversate dal Po, stracolme di acque dolci e fonti sorgive.

Se il fattore ambientale, o l’inquinamento dell’aria delle medesime zone, stia incidendo, noi ovviamente non lo sappiamo. Ci limitiamo a registrare quanto accade, il resto toccherà agli esperti.

L’infettivologo del Sacco Massimo Galli, a Otto e mezzo, ha allargato le braccia: «In 42 anni di professione non mi sono mai trovato davanti a qualcosa di simile. Ma non è niente di originale da dire, è sotto gli occhi di tutti che questa cosa sia fuori dall’ordinario. Mi auguro di cuore di poter continuare a occuparmi con decisione dell’emergenza coronavirus e di avere in questo anche gli italiani che fanno la stessa cosa. Perché una cosa è certa: se non ci mettiamo d’impegno tutti i tempi non saranno brevi».

L’unica cosa al momento da fare è chiudere davvero tutto. Almeno nelle regioni del Po.

Edoardo Montolli

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

Un commento

  1. Buongiorno,
    Il giorno 14 di Gennaio 2020 gli Ospedali Sant’Anna e Valduce di Como erano in crisi per un anomalo incremento di ricoveri per polmonite definite atipiche (+77% del normale).
    Ma già da fine Dicembre l’Ospedale Sant’Anna di Como si preoccupava di un numero di ricoveri di 200 in un solo giorno in emergenza. Articolo riportato dal Corriere di Como del 14 Gennaio 2020.
    Questa anomalia di ricoveri per polmonite veniva segnalata all’ISS. In Lombardia,Emilia Romagna,Marche etc. venivano
    segnalati oltre 380.000 casi simili. Legittimo pensare che il virus covid19 già da allora fosse presente in nord italia.
    Possibile che a nessuno dei nostri luminari che danno spettacolo in televisione giornalmente sia venuto in mente di porre la dovuta attenzione a queste informazioni?
    Il numero delle perdite in vite umane ad oggi fa rabbrividire e qualcuno li ha sulla coscienza.
    Forse non tutti si sarebbero salvati ma vista l’esperienza trascorsa con Ebola,Sars e Mers perchè non sono stati presi i giusti provvedimenti da parte delle Istituzioni di competenza a tutela della salute dei cittadini Italiani?
    Cordiali Saluti

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