Una collaborazione inedita, per entrare dentro i misteri che circondano il naufragio “che non poteva accadere”, e invece clamorosamente accadde, nel 1912, uno degli ultimi anni di pace prima della Grande Guerra.
In”Sherlock Holmes, Charlie Chan e il salvataggio del Titanic”, l’investigatore inglese, il più famoso della storia, e quello cino-americano, il più cinematografico, indagano insieme insieme a due mesi dalla partenza del “Titanic” per il suo tragico viaggio inaugurale.
Eccoli all’opera in un capitolo del romanzo.
Tacita intesa
Dalla finestra dell’ufficio del Comandante la notte del Pacifico, nella sua maestosa serenità, illudeva, ingannevolmente, che anche sulla nave tutto fosse tranquillo.
Purtroppo, le cose stavano in modo ben diverso.
Il Capitano Johnson, da quando si era presentato sul ponte passeggeri, non aveva mai perso l’espressione crucciata.
Da dietro la scrivania, si rivolse a quella che avrebbe dovuto essere un’ancora di salvezza: una coppia di “investigatori professionisti”, come aveva detto Chan.
Il fatto che non ne apparisse del tutto rassicurato, dipendeva dalla spiccata eterogeneità dei due: difficile immaginare persone più diverse per aspetto fisico e modo di fare. A cominciare dalla parlata, tipicamente british nell’uno, e yankee orientaleggiante nell’altro.
«Allora, che cosa suggerite, signori?»
Prese la parola Chan: «Cledo intelpletale opinione di illustle collega consigliando di attendele applodo. Una volta allivati a Honolulu Polizia Poltuale potele svolgele indagini con numelo di agenti adeguato a intellogale passeggeli e ispezionale luoghi di nave. Noi essele tloppo pochi pel fale lavolo con altlettanta cula. »
Holmes aveva accompagnato il discorso dell’”Ispettole”con un’inequivocabile espressione di assenso.
Altrettanto inequivocabile era lo sconcerto, non solo del Capitano, ma anche del Secondo e del dottor Tillerman.
Fu questi a esprimere l’obiezione che aleggiava nell’aria.
«Ma come, Ispettore? Non aveva detto che lei, e soprattutto mister Holmes, eravate la miglior garanzia che il colpevole dell’omicidio non l’avrebbe fatta franca? Soprattutto per esservi trovati sul posto nell’immediatezza del crimine?»
Non si sarebbe potuto mettere in modo più impietoso il dito nella piaga.
Holmes lasciò a Chan il compito della replica, convinto, avendo ormai imparato a conoscere il collega, di indovinarne il tenore.
«Avele lagione, onolevole capitano.» rispose l’”Ispettole”, con un inchino «Deve pelò sapele che impoltante virtù di investigatole essele lassegnazione…»
“Il quinto “fiole”, naturalmente!” esclamò Holmes tra sé e sé.
«In senso che, come dile occidentali, mai fale passo più lungo di gamba. Olientali avele simile plovelbio: uomo pul avendo due olecchie potele sentile una cosa pel volta…»
Holmes trovava efficaci come sempre le folcloristiche argomentazioni di Chan, ma i presenti potevano rimanerne disorientati. Anzi: c’era il rischio che si offendessero, scorgendovi un sottofondo beffardo che, peraltro, Holmes era ormai persuaso ci fosse davvero…
Così: «Il collega» intervenne «intende che in un’indagine, quando ci si accorge che le proprie forze sono insufficienti, bisogna fare un passo indietro.
Il dottor Tillerman seguitava a non essere convinto. «Sono davvero sorpreso. Mi pareva che foste tutt’altro che scoraggiati. Certo l’esame del cadavere non ha portato a grandi passi avanti, lo so bene, ma avevo la sensazione che aveste in mano qualcosa di buono … Pensavo fosse emerso dalla testimonianza delle signore Lowe…»
“Tutt’altro che sprovveduto, questo medico di bordo.” si disse Holmes.
L’investigatore inglese ricordava ancora la cura con cui Tillerman aveva organizzato e supervisionato il trasporto del cadavere dal luogo del delitto sino all’infermeria di bordo.
A questo punto Chan diede prova di spregiudicatezza, riciclando il detto sull’impenetrabilità femminile. «Magali, onolevole dottole!» esclamò «Pultloppo, come dile antenato: “da donna che piangele o lidele neanche uomo saggio potele cavale velità”!»
Holmes si lasciò sfuggire un’occhiata mista di perplessità e rimprovero, cui l’”Ispettole” reagì senza fare una piega.
Il medico di bordo ancora non si rassegnava a lasciar passare quella che gli appariva come una ritirata incomprensibile da parte di due “professionisti”. Ne aveva ben donde: osservandoli all’opera sulla scena del delitto aveva toccato con mano la lorocompetenza.
«Eppure mi pareva di aver sentito che ritenevate di poter restringere notevolmente il campo dei sospetti…»
“Anche attento ascoltatore il dottor Tillerman!”
«Antico ploverlbio dile: vela saggezza non starle in infallibilità, ma in liconoscele elloli.»
Quella coraggiosa quanto saggia ammissione del proprio sbaglio mise con le spalle al muro il dottor Tillerman. Holmes non poteva che rallegrarsene, anche se il suo ego faticava a digerire un pubblico mea culpa.
S’affrettò a passare oltre: «Bene. In attesa dei rinforzi, possiamo comunque fare qualcosa di utile. È possibile esaminare i documenti di imbarco del reverendo Jones?»
«Eccellente idea, onolevole collega!» Chan accompagnò il complimento con un affettato inchino.
Addosso al defunto, oltre al portafoglio, avevano trovato solo la carta di identità. La perquisizione nella sua cabina, compiuta da Holmes e Chan con la massima cura, si era rivelata un insuccesso. Padre Jones era salito sulla Henry Knox con un bagaglio essenziale: nella valigia avevano trovato solo clergyman di ricambio, e biancheria intima.
Assieme alla Bibbia, rappresentavano tutto quanto aveva portato con sé. Da un sacerdote c’era da aspettarsi un minimo attaccamento alle cose di questa terra, ma la sobrietà della vittima era davvero non comune.
«Certo.» fece il Comandante. «Vuol per favore prenderli, signor Alley?»
Il secondo ufficiale si mosse verso lo schedario di fianco alla scrivania. Ne estrasse una cartella e la portò al Comandante. Questi, dopo avergli dato un rapido sguardo, la porse a Holmes.
L'”Ispettole” si affiancò al collega londinese nell’esaminarla.
Le informazioni contenute nei pochi documenti erano altrettanto scarne del guardaroba di Padre Jones.
C’era la ricevuta di acquisto, con data 21 febbraio, di un biglietto per un viaggio di seconda classe San Francisco/Honolulu sulla “Henry Knox”, rilasciata dalla biglietteria della “Old Pacific Feet” di San Francisco e intestata a Padre William Jones, Mehanaga, Minnesota.
La scheda personale, sottoscritta dall’interessato con calligrafia anonima, raccoglieva i dati della carta d’identità più alcune informazioni fornite a voce dall’interessato: Padre William Jones, Chiesa Pentecostale di Mehanaga, contea di Wadena, Minnesota, nato a Minneapolis nel 1871. Il motivo del viaggio era, genericamente, “pastorale”.
Più che credibile: nessuno avrebbe dato del turista a Padre Jones. Evidentemente stava andando a visitare qualche comunità pentecostale alle Hawaii.
Per avere notizie precise su quel viaggio tragicamente interrottosi, non restava che interpellare i fedeli evangelici di Mehanaga. Una città sconosciuta che, per la scarsa popolazione dello Stato di appartenenza, doveva essere un borgo di poche anime.
Nonostante l’ulteriore verifica non avesse dissipato il mistero della morte violenta, procurata con destrezza, di un oscuro religioso di provincia, Holmes e Chan non sembravano delusi.
Anzi, dagli sguardi che si erano scambiati leggendo parevano, se non soddisfatti, preparati.
Sì udì bussare alla porta. Era il telegrafista con un messaggio importante. Fatto entrare senza indugio, consegnò al Capitano un foglio.
Johnson iniziò a leggerlo con grande interesse, poi la sua espressione divenne sempre più perplessa. Nella stanza tutti aspettavano in silenzio che terminasse.
Posato il foglio, il Comandante si rivolse a Holmes e Chan: «Di nuovo il Dipartimento di Polizia di Honolulu, con un contrordine: invitano ad astenersi da qualsiasi attività d’indagine. L’inchiesta è stata avocata dal B.O.I, che ha già inviato al porto, ad attendere la nave, una squadra di agenti federali.»
«Bene!» esclamò l’”Ispettole”, soddisfatto, o almeno così riusciva ad apparire «Come dile saggio: miglioli attlezzi, migliole lavolo.»