Allora probabilmente, o meglio, certamente i primi guai e grattacapi di questo attuale Milan (la proprietà, vale a dire il fondo Elliot, lecitamente vuol far business, ergo a oggi poco importa l’aspetto prevalentemente agonistico), ecco sono riconducibili a Silvio Berlusconi, vale a dire colui il quale, il sodalizio rossonero l’ha fatto grande portandolo sul tetto del mondo. Sì il lento ridimensionamento milanista è iniziato proprio in concomitanza con l’ultima fase dell’epopea (strabiliante e superlativa nell’insieme) berlusconiana. Poi sono arrivati il fantomatico Mister Li (e tutt’oggi quella dei cinesi mai sbarcati sulla sponda rossonera del Naviglio milanese rimane una storia da decifrare, no?) con Fassone e Mirabelli, quindi il poc’anzi menzionato Elliotprima con Leonardo e ora con Gazids, Maldini, Boban e il talent scout Massara.
Ma al netto di tutto, al Milan attuale, un amministratore delegato navigato come Adriano Galliani (a Monza con Berlusconi calcisticamente parlando sta facendo faville) accompagnato a un direttore generale del calibro di Braida e da un direttore sportivo come Petrachi (dopo essersi lasciato male con Cairo a Roma sta lavorando bene), sì sarebbero (forse) più utili dell’acqua a certe latitudini di certi diversi.
Paolo Maldini, per carità resta una bandiera, Boban pure, ma né loro e né Mascara (resta un ottimo talent scout, ma fare il diesse è cosa diversa) sembrano le persone adatte a condurre il Milan fuori dalla palude. Ma del resto, per svoltare, se non si vuol rispolverare il passato management (appena citato con Petrachi), quantomeno ci vorrebbe insomma una proprietà attenta all’aspetto prettamente agonistico in grado di rilanciare identità e un piano sportivo (o industriale che dir si voglia) nel breve – medio periodo. No?
Stefano Mauri