Fa discutere la frase in tv del primo segretario del Pds: “Il popolo senza mediazioni è una brutta bestia. Dobbiamo cominciare a educare la gente”. Eppure, nel 1992, era proprio lui ad augurarsi che i cittadini prendessero a calci i partiti per cambiare il sistema.
Il fantasma del pericolo autoritario in Italia funziona sempre, che si tratti di una tragedia, come accadeva agli inizi degli anni ’90, o che si tratti di una farsa, come accade oggi.
Achille Occhetto, che trasformò il Pci in Pds, è stato ospite a In Onda, su La7, e si è lasciato andare ad alcune considerazioni sul rischio finalmente scampato, con la caduta del precedente governo e la nascita del nuovo senza passare da elezioni: «Noi, in Italia, siamo arrivati a una situazione che faceva paura. Ero spaventato da qualche cosa che non riguarda solo Salvini, ma dalla sottocultura che si è sviluppata nel nostro Paese. Credo che tutto questo non sarà cancellato da un colpo di spugna». L’ex segretario del Pds, citando Gramsci e il fatto che il fascismo «era riuscito a prendere la parte peggiore del popolo italiano» è poi arrivato alle conclusioni: «Il popolo senza mediazioni è una brutta bestia. Dobbiamo cominciare a educare la gente contro questa idea di popolo. Un popolo che è stato aizzato contro le istituzioni».
Le sue frasi hanno inevitabilmente scatenato la rabbia del leader della Lega su Twitter: «“Il popolo è una brutta bestia” dice l’ex segretario comunista. Così va bene sprangare l’ingresso di Montecitorio a sfregio di migliaia di persone che chiedevano solo la più alta espressione della democrazia: le elezioni».
E a stretto giro di posta, Occhetto ha precisato all’Adnkronos: «Evidentemente Salvini ha l’abitudine di dare notizie a metà, la mia frase non intendeva dire che le classi subalterne e popolari siano una brutta bestia, ma che il popolo, inteso in senso indiscriminato e senza mediazioni, può essere una brutta bestia».
Si vede che l’ex segretario del Pds, con il tempo, ha cambiato idea. Il 29 luglio 1992, parlando al Tg3, quando il Pds era opposizione ad una maggioranza messa all’angolo da Tangentopoli, impotente di fronte alle stragi in Sicilia, il popolo lo vedeva molto, ma molto diversamente, anche se le sue premesse sul pericolo autoritario erano le stesse: «Non siamo soltanto nella crisi di emergenza dentro un sistema politico stabile, siamo ad una svolta storica, ad un passaggio di regime, a un passaggio di sistema. C’è il rischio che ciò avvenga con la vittoria di forze oscure, violente oppure con la vittoria di forze neoautoritarie. Oppure c’è la possibilità di dar vita finalmente ad un nuovo sistema politico più avanzato in cui i cittadini possano contare e in cui la sinistra possa avere un peso nuovo per determinare una fase di progresso. Dico ai cittadini muovetevi dal basso. Spingete i partiti. Nei momenti decisivi della società italiana, se mi viene passata questa espressione, come molte volte è stato, sono stati i cittadini a prendere a calci nel sedere i partiti».
All’epoca, dunque, per evitare l’autoritarismo, il popolo avrebbe dovuto addirittura prenderli a calci, i partiti. Oggi, per evitare lo stesso tipo di autoritarismo, il popolo va invece educato, mediato e non «aizzato contro le istituzioni».
Bisognerà decidersi.