Quando il Mostro di Firenze tornò a colpire, era l’anno del Mundial…
Era l’estate magica del Mundial di Spagna.
Il 19 di giugno, ancora primavera secondo il calendario, nella campagna fiorentina faceva già un gran caldo. I tifosi di calcio, dopo gli striminziti pareggi della Nazionale, col Perù il giorno prima, e con la Polonia il 14 giugno, erano delusissimi. Nessuno poteva immaginare che quel Campionato mondiale l’Italia lo avrebbe vinto, riuscendo nell’impresa di eliminare il più forte Brasile della storia, strafavorito.
Era molto più prevedibile, ahimè, che il Mostro di Firenze, protagonista l’anno prima di due impressionanti duplici omicidi, i primi con mutilazione del cadavere femminile, avrebbe potuto colpire ancora, visto che le indagini, dopo il vanificarsi della “pista Spalletti”, un equivoco “guardone”, erano a un punto morto.
Per la verità, erano in molti a confidare che il serial killer sarebbe rimasto quiescente per mancanza di vittime utili. Dopo l’immensa eco e l’ondata di paura seguita alle efferatezze del 1981, si pensava che le coppiette avrebbero evitato di far da bersaglio, astenendosi dall’appartarsi in solitari luoghi agresti.
I due fidanzatini Paolo Mainardi di 22 anni, e Antonella Migliorini di 19, ritenevano di essere al sicuro quando verso le 23 avevano parcheggiato l’auto, una 127 Seat di proprietà di Paolo, in uno spiazzo ai bordi di via Virginio nuova.
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Prende questo nome, passando vicino a Baccaiano di Montespertoli, la Strada Provinciale del Virginio, ancora oggi trafficata anche di notte poiché porta verso l’ingresso dell’autostrada Firenze-Pisa-Livorno. I fari accesi delle automobili si susseguivano nell’una e nell’altra direzione a intervalli di qualche minuto, illuminando la piccola area di sosta.
Nessun malintenzionato, col rischio di essere colto sul fatto dagli automobilisti di passaggio, si sarebbe azzardato ad avvicinarsi ai ragazzi che amoreggiavano dentro la Seat. Meno che mai era pensabile che avrebbe fatto il famigerato “Mostro di Firenze”, sempre accorto nell’agire.
Ecco: qui sta il primo mistero che circonda il “delitto del Mundial”. La pessima scelta dell’obiettivo da parte del serial killer.
Era vero che alla sera la tv trasmetteva le partite del Campionato del Mondo, ma le strade si svuotavano solo in occasione degli incontri della Nazionale. Vero anche che in un vicino centro, Cerbaia, era in pieno svolgimento una sagra, ma questo non avrebbe diminuito più di tanto il traffico sulla Provinciale, usata non solo per spostamenti locali.
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Questo è stato di gran lunga il delitto del “Mostro” scoperto più in fretta proprio perché ha richiamato l’attenzione di testimoni passati vicinissimo al luogo del crimine nella sua immediatezza.
Ma torniamo a via Virginio Nuovo alle 23 e 35 di quel 19 giugno. A quell’ora un automobilista, passando davanti allo spiazzo nota distintamente, parcheggiata col muso rivolto verso i campi circostanti, la Seat di Mainardi. Sarà l’ultimo a vederla in quella posizione.
Tra i dieci e i quindici minuti dopo passa un’altra automobile con a bordo due ragazzi, ma adesso la Seat è ferma, scompostamente, sull’altro lato della strada, a fari spenti, con le ruote posteriori dentro il fosso.
I testimoni hanno l’impressione di un guasto improvviso o di un incidente, ma proseguono pensando che l’auto sia vuota.
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Colti dal dubbio, tornano indietro dopo pochi minuti, incontrando sul posto un’auto con due fidanzati che, appartatisi lì vicino, avevano sentito imprecisabili rumori e movimenti. I quattro guardano attraverso i finestrini della Seat, rimanendo agghiacciati.
Nell’abitacolo ci sono due corpi sporchi di sangue.
Riferiranno agli inquirenti che un uomo era accasciato al posto di guida e una donna riversa sul sedile posteriore.
La seconda è inerte, il primo invece da’ ancora segni di vita.
Le portiere sono bloccate.
Preoccupati, anche per il terribile sospetto che si tratti di vittime del “Mostro”, risalgono in automobile in cerca di un telefono per chiamare i Carabinieri e il Pronto Soccorso.
Dopo una ventina di minuti arriva l’ambulanza. I sanitari constatano la morte della ragazza, mentre il fidanzato, pur agonizzante, è ancora in vita.
Riferiranno agli inquirenti che entrambi stavano sul sedile posteriore.
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Dopo molte tribolazioni per scardinare uno sportello ed estrarre Mainardi, lo caricano sul veicolo e lo trasferiscono a sirene spiegate in un vicino ospedale, dove morirà nella notte senza riprendere conoscenza.
Nel frattempo, i Carabinieri effettuano i rilievi sul luogo del delitto.
LO STATO DELLA SCENA CRIMINIS (breve sunto dai verbali del processo)
Vengono recuperati nove bossoli, tutti tristemente noti per essere gli stessi sparati dalla pistola dal “Mostro” negli altri omicidi attribuitigli. Tre, stanno sulla strada vicino al fossato, davanti al muso dell’auto dalla parte del lato guida. Uno, sta sul ciglio della strada vicino alla piazzola dall’altra parte della carreggiata. Quattro, giacciono dentro la piazzola.
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L’ultimo viene trovato dentro la Seat, sul tappetino posteriore destro.
I fari dell’auto e le luci di posizione sono infranti. Davanti al paraurti ne sono rimasti numerosi frammenti. Sul parabrezza, all’altezza del volto del guidatore, è presente il foro di un proiettile. Il finestrino sinistro è completamente in frantumi. Ne vengono trovati alcuni frammenti nella piazzola, vicino ai tre bossoli lì scoperti.
Sul cruscotto della Seat, l’interruttore delle luci è in posizione accesa, come quello della plafoniera interna.
La ragazza giace sul divanetto posteriore sul lato destro, seduta con la testa reclinata all’indietro. Presenta due ferite d’arma da fuoco alla fronte, entrambe letali, e una ferita lacero contusa al naso, con frattura delle ossa nasali, di dubbia attribuzione a un proiettile di rimbalzo. Sulla caviglia destra vengono riscontrati segni recenti di ecchimosi.
Il ragazzo è stato raggiunto da quattro colpi d’arma da fuoco, uno alla spalla e tre alla testa. Due hanno provocato ferite serie; uno, penetrando nel cervello, è stato mortale. Vengono rilevati segni d’ecchimosi alle braccia, al tronco ed all’addome, e ferite da scheggia sotto la clavicola e sulla tempia sinistra.
Sullo schienale del sedile di guida è presente un estesa macchia di sangue, mentre un’altra macchia strisciata si estende lungo il lato destro del medesimo sedile.
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Altre abbondanti chiazze di sangue sono sul divanetto posteriore, sui montanti e sulla incorniciatura esterna del finestrino. Sul pianale interno vengono ritrovati un preservativo usato ed annodato, e un fazzoletto di carta con tracce di liquido seminale. Le chiavi della Seat vengono ritrovate in un campo lì vicino.
L’auto ha la retromarcia ingranata e il freno a mano è inserito per tre quarti. Le ruote hanno lasciato traccia di pattinamento.
I MISTERI DI BACCAIANO
Il quadro appena esposto continua a lasciare irrisolti due misteri.
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Primo
Quali erano le intenzioni del “Mostro”?
Come già accennato, quella piazzola ai bordi di Via Virgino Nuova non era posto adatto per le sue efferate scorribande. Troppo vicina ad una strada percorsa da traffico regolare.
Non a caso il “Mostro”, nei due omicidi del 1981, aveva assalito coppiette in luoghi solitari. L’isolamento del luogo del delitto era necessario per portare a termine quello che oramai appariva come lo scopo principale delle sue azioni: mutilare il corpo della donna asportandone il pube.
Tale attività richiedeva tempo e agio anche perché preceduta dal rituale di trasferire il cadavere all’esterno dell’automobile, come per simbolicamente separarlo dal partner e dal luogo dell’amplesso.
Riguardo al delitto di Baccaiano non è certo che il “Mostro” volesse arrivare fino a questo punto. Non si può escludere che si “accontentasse” di uccidere gli amanti.
Non persuade che si ripromettesse di tirar fuori dall’abitacolo il corpo inerte della ragazza, accasciato sul sedile posteriore di un’auto con solo le portiere anteriori, in un luogo così esposto agli sguardi degli automobili di passaggio.
Certo, se tutto fosse girato per il verso giusto, il “Mostro” sarebbe anche potuto riuscire a trascinare, non visto, il corpo di Antonella lungo il viottolo che portava ai campi sottostanti, verso il greto del fiume Virgino, e qui procedere indisturbato alle mutilazioni. Ma tanta spericolatezza gli conveniva?
Dobbiamo ritenere che abbia agito sotto un impulso irrefrenabile? Di cui era rimasto preda passando da quelle parti in auto e notando la Seat coi due ragazzi parcheggiata nella piazzola?
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I dubbi di una simile versione continuano a giustificare l’alternativa che il “Mostro” avesse in realtà pianificato di uccidere i ragazzi nell’abitacolo, per poi mettersi alla guida dell’automobile e raggiungere uno dei molti posti isolati nella zona, dove eseguire le sevizie sul corpo della ragazza senza rischio d’interferenze.
Secondo
Quali movimenti ha fatto, e come, il corpo di Paolo Mainardi dentro la Seat? All’indomani del delitto, gli inquirenti si sono trovati alle prese con questo vero e proprio rompicapo, degno di un romanzo di John Dickinson Carr. Le testimonianze dei primi soccorritori, secondo cui il corpo del ragazzo si trovava sul sedile del guidatore, e del personale dell’ambulanza, che sostengono invece di averlo prelevato da quello posteriore, rendono arduo, se non impossibile, ricostruire una corretta dinamica dell’omicidio.
Infatti, in sede processuale ci si è orientati a considerare una delle due versioni frutto di ricordi falsati. Certo è singolare che un gruppo di persone confermino per errore la stessa circostanza.
I giudici hanno attribuito la svista al personale dell’ambulanza, stabilendo che il corpo di Mainardi non si è mai mosso dal sedile anteriore. Desta perplessità che si sia considerata inattendibile la testimonianza degli addetti al pronto soccorso, esperti nel recupero di vittime di incidenti stradali e per di più a lungo impegnati dentro l’abitacolo della Seat, al contrario dei ragazzi primi accorsi, che vi avevano dato solo uno sguardo dall’esterno.
E’ da notare che, qualora si fosse scelto di credere alla testimonianza dei barellieri , la confessione del delitto di Baccaiano da parte del “pentito” Giancarlo Lotti al processo ai “compagni i merende” sarebbe risultata non veritiera, minando l’intero impianto accusatorio.
(continua)
Rino Casazza
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ma… un qualsiasi essere umano che solo si azzarda a fare il 5 x 100 di quello che ha fatto questo assassino lo beccano dopo 2 giorni …. come mai dopo 50 anni ancora non ci si capisce niente??? un sara’ perche facenti parte dello stato?