Nel panorama delle investigatrici della letteratura poliziesca, il (non la!) P.M. Elena Macchi, personaggio nato dalla fantasia della scrittrice varesina Laura Veroni, spicca per originalità.
Ne ho parlato nella recensione al primo romanzo della serie “I delitti di Varese”, 2016, seguito poi da “Varese non aver paura”, 2017 e infine dal fresco di stampa “Concerto di morte”, tutti editi da Fratelli Frilli editore.
Il P.M. Elena Macchi, oltre ad essere un magistrato della Procura molto capace, al punto da superare in bravura la Polizia Giudiziaria nella conduzione delle indagini, è una donna molto bella. Vista l’età intorno alla cinquantina, oggi si direbbe, pur non essendosi mai sposata e non avendo avuto figli, che è una “m.i.l.f”.
Palestrata, curatissima, ama indossare vestiti che esaltano la sua bellezza, tanto che non è insolito che sconosciuti, quando siede sola al bar per prendere un aperitivo, si avvicinino per corteggiarla con la scusa di farle compagnia.
Ma lei, al modo delle Amazzoni, degli uomini si serve solo per sbrigliare i propri istinti sessuali; finito il randez-vouz carnale, se ne sbarazza.
Se credete però che Elena Macchi sia una donna maschilizzata, vi sbagliate di grosso.
Il P.M. di Varese dimostra che le donne rimangono migliori degli uomini anche quando, apparentemente, sembrano imitarne, per polemica femminista o attitudine psicologica, i difetti.
Così Elena Macchi, in “Concerto di Morte”, non si limita a sbrogliare, col solito acume, la matassa di un caso poliziesco, in cui fino all’ultimo rimane incerto se una serie di omicidi identici nel modus operandi, che iniziano con la morte della moglie di un celebre concertista, siano opera di un serial killer oppure di un assassino interessato.
La dottoressa Macchi nel corso di questa indagine incalzante, che si svolge nella stagione fredda tra Varese e la vicina località collinare di Marzio, trova modo di mostrare cosa si cela sotto la sua corazza di investigatrice esigentissima con sé stessa e con i collaboratori quanto efficace nei risultati, ma (in apparenteza) “stronza” nella vita privata come i maschi più aridamente edonisti.
Il P.M. donna di Varese apre il suo cuore ai lettori, rivelando tutta la sua profonda, non banale ricchezza interiore, sia nei rapporti sentimentali con l’altro sesso che in quelli famigliari e d’amicizia.
Alla fine, sfogliata l’ultima pagina, non si sa di cosa sentirsi appagati, se della conclusione a sorpresa ma esatta di un enigma investigativo, o di aver scoperto le sfaccettature di un personaggio divenuto, avventura dopo avventura, sempre più interessante.
In attesa d’incontrarlo di nuovo, al prossimo libro.
Rino Casazza
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