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Le Storie di Alex Rebatto – DIO

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Ciao, figlio di puttana.

La senti la sveglia come timbra il cervello? Sei e mezza, figlio di puttana.
In piedi!
Un caffè. La mano che trema.
Prendimi, ragazzo. Ancora. Ancora.
Un goccio ancora. Solo uno, dai.
Cosa cazzo posso farti?
Sei un duro, no? Fumi, fai notte, aspetti la rissa.
Sarò io il tuo problema? Non credo, amico mio.
Ok. Ci siamo. Sei a posto per un po’.
La solita coda. Dove se ne va tutta questa gente? Perché cazzo non se ne stanno a casa? Eccolo lì, il maledetto vecchio col cappello. Suona! Ti ha mandato a cagare, il vecchio.
Incollati al clacson, ragazzo.
Fanculo. Si fotta. Gira a destra. Ehi, un localino aperto.
Uuuuh, il Dixie. Ha dei quadri schifosi appesi alle pareti. La cameriera è figa. Ha la faccia di una che ci sa fare. Pompini da primo premio, sicuro.
Sono le otto. L’ora perfetta per un altro caffè. Abbiamo bisogno di grinta. Sarà una giornata di merda giù al cantiere.
Accarezza la mano alla fanciulla.
“Quando ci facciamo una serata?” bella mossa. Ti sto aiutando.
Andiamo bene.
“Non sei il mio tipo”. La puttana sorride e ammicca. Smuove il culo incollato ai jeans e si defila
Guardala, ragazzo. Ti vuole ma si fa pregare.
Sarà per domani. Dalle tempo.
Parcheggia inchiodando. Che storia! Guarda come slittano le ruote.
I freni hanno fischiato? Ci saranno da cambiare le pastiglie. Cento sacchi, forse di più.
Lo so, non è il periodo. Le bollette, la rata della TV. Quelle maledette multe.
La vita è una merda.
Tieni duro. Mancano solo poche ore al pranzo.
“Hai una faccia sbattuta”.
“Periodaccio”.
Ottimo. Evasivo, così mi piaci.
Occhio, fratello. C’è il capo cantiere. Nascondi la mano che trema.
Sorridi. Va tutto bene.
Aspetta. Sorridi ancora un attimo. Ancora un attimo.
Ok. Andata.
Fanculo.
“Ehi, ragazzi. Andiamo dalla Ines?”
Trattoria decente. Si può fare. Accettano buoni pasto. Bevande incluse.
Muy bueno.
“Cosa prendete da bere?”
Acqua naturale, frizzante. Io una coca.
Merdosi sfigati.
Ti giudicheranno? Guardali mentre lo dici.
“Mezzo di rosso”.
Si scambiano occhiate. Uno abbozza un sorriso.
Beviti la tua coca di merda, sfigato.
Ok. Rieccoci. Siamo di nuovo amici. Fratelli di sangue.
Le palpebre tornano a sollevarsi. Le labbra si distendono.
Siamo in gamba, assieme. No?
Al diavolo le multe e i freni. Possono aspettare. Se quell’affare va in porto…
Siamo a cavallo. Per ora non siamo ancora con l’acqua alla gola.
Ce la caveremo, giusto?
“Ehi, ma quella del bar? Ci sta?”
“Ho provato a darle un pezzo da cento, ma non ha accettato. Non vado con una che non accetta soldi.”
Hahaha. Buona questa! Che sagoma. Uuuuh che pranzo.
La mano trema, presto. Un sorso al volo.
Ok. Ci siamo. La pasta è vomitevole. La carne sembra vomitata dal cane.
“Ehi, ‘sta carne sembra vomitata dal mio cane”.
Ridono? No? Si fottano. Analfabeti bastardi.
Sono le due e dieci. Un ultimo sorso prima di tornare al lavoro.
Svuota il bicchiere senza che nessuno ti veda.
Eeeee…
Bravissimo. Sei un ninja.
A dopo, amico.

“Stai combinando un casino. Te ne sei accorto?”
Il capo cantiere. Che faccia da imbecille. La moglie, di sicuro, si scopa un avvocato del centro.
Sarà una da pompini da primo premio. Bravo avvocato.
Avresti dovuto fare anche tu l’avvocato. La vita è bastarda.
Se solo il tuo vecchio non si fosse indebitato con…
“Oh, mi senti? Capisci cosa ti sto dicendo, coglione?”
Annuisci. Fagli credere di essere il capo.
Ok. Andato. Tutto orgoglioso di aver stuzzicato la formica. Uno di questi giorni gli facciamo saltare in aria la Mercedes.
“Ehi, bello. Aperitivo stasera?”
Miki, il numero uno. Lui sa cosa ci vuole per sentirsi amici.
“Ovvio”.
Minigonne, camicette slacciate. Guarda quella, che dici? Perizoma o mutandine?
Sei un vecchio porco, ragazzo. Hahaha, devi farti vedere da uno bravo.
“Cosa vi porto?”
Scegli bene, mi raccomando. Non pensare al gusto, ma all’effetto. Devi uscire dal ghetto della mediocrità.
“Un Manhattan”.
Buona scelta.
La vedi la mora con le calze scure? Ti ha sorriso? Un altro sorso. Ora ci sta di sicuro.
“Mia moglie mi tradisce.”
Cristo, Miki. Che menate. Mi smonti con quattro parole.
“Magari ti sbagli.”
Chissenefrega di sua moglie. La mora, concentrati sulla mora.
“Dici che dovrei seguirla?”
Un goccio ancora.
“Me ne porti un altro?”
Pedinamenti, inseguimenti. Due ombre dietro la tenda che si avvicinano.
Spaccagli la faccia, Miki.
La testa comincia a galleggiare.
Si fotta il capo cantiere. Si fotta Miki. si fottano i freni della tua schifosa Opel del 2008.
“Devo tornare a casa, bello. Ce la fai? Mi sembri storto.”
Storto io? Ma lo sai con chi parli? Sono un duro. Uno con le palle cubiche.
“Ce la faccio, tranquillo. A domani. E stai tranquillo con tua moglie.”
Dove hai parcheggiato?
Accenditi una sigaretta. Ragioniamo insieme.
Seconda a destra, dopo il negozio di mobili. No, aspetta. La terza.
Ok. Metti in moto. Sobbalzo e motore spento?
Cristo, sono vent’anni che guidi. Che ti pigilia?
Ora lascia fare alla memoria. Si sta facendo buio. Affidati alla memoria, fidati.
Entra in tangenziale. Lì gli sbirri non ci sono.
Sei troppo furbo, ragazzo.
Occhio, stai nella corsia a destra. Non strafare. Hai una salvietta profumata?
Sotto il sedile, cercala. Bene. Passatela sulla faccia. Una bella sferzata di ragionevolezza.
Ecco l’uscita. Stai pronto. Se vedi lampeggianti stai pronto a invertire la rotta, come in un film americano. Sarebbe forte, no?
Ok, no. Saresti nella merda.
Cinquecento metri. Ci sei quasi. Trecento. Entra nella via.
È andata bene anche stavolta.
Cazzo, guarda come barcolli mentre vai verso il cancello. Se ti vede qualcuno penserà:
“Guarda, un ubriaco”.
Quanti giudizi inutili. Tutti così perfetti, da coca e acqua frizzante.
Noi ce ne freghiamo. Noi la vita la cavalchiamo, sempre.
Divano. TV. Fissa il punto. Non vedi un cazzo, senti solo voci e immagini confuse.
Sei da solo, nessuno ti giudicherà se vorrai tuffarti nel cesso per vomitare.
Ma non lo farai, vero? Siamo dei duri, Cristo.
Non mollare. Questa roba ti fortifica.
Fissa il punto. Fregatene se gira. Concentrati. Ti addormenterai prima di riuscirci, tranquillo.
Ci sei quasi, figlio di puttana.
Ci sei quasi, finto avvocato del cazzo. Finto uomo felice del cazzo. Finto duro del cazzo.
Quelle donne non ti hanno mai guardato. Sei un patetico figlio di puttana.
Ma ci ha creduto. Ed è stato tutto merito mio.
Siamo fratelli, ragazzo.
E ti sto uccidendo convincendoti di essere un eroe.
Domani ti sveglierai con la nausea e il mal di testa. Prenderai un antidolorifico dicendoti “non lo farò mai più”. Ma io sarò qui ad aspettarti. A farti sorridere, a darti un tono.
Siamo complici in questa merda, amico.
Siamo complici.

 

Alex Rebatto

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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