La depressione ha mietuto un’altra vittima nel mondo patinato delle passerelle. Kate Spade è solo l’ultima: prima di lei altri stilisti di grido e diversi modelli giovanissimi. Perché?
Edoardo Montolli per Gqitalia.it
L’ultima è stata Kate Spade. La stilista amata da Hollywood si è suicidata strangolandosi con un foulard legato alla maniglia di una porta di casa nel suo appartamento di New York. La conferma l’ha data sua sorella Reta Saffo, quando ancora gli inquirenti parlavano di apparente gesto volontario, spiegando che la sorella soffriva da tempo di depressione e che aveva invano tentato di farla ricoverare. Cinquantacinque anni, recentemente il marito Andy, sposato nel 1994, aveva chiesto il divorzio e viveva già in un’altra casa. Kate ha lasciato un biglietto alla figlia tredicenne Frances Beatrix: “Non ha nulla a che fare con te, non sentirti in colpa, chiedi a tuo padre”.
È il male oscuro che si cela dietro il mondo patinato della moda, dove tutto all’apparenza splende, ma in cui la depressione è sempre in agguato, come un pericoloso contrappasso.
Nel marzo 2014 toccò a L’Wren Scott, compagna fissa di Mick Jagger fin dal 2001. La trovò la sua segretaria, impiccata al pomello di una porta, in un palazzo del lussuoso quartiere Chelsea di New York. Jagger non se ne fece una ragione: « Sto ancora cercando di capire perche’ la mia compagna, la mia migliore amica, possa averlo fatto» scrisse su Facebook. I giornali americani e inglesi scrissero che L’Wren era piena di debiti e che le sue creazioni da passerella per gli Oscar, che appassionavano Madonna come Nicole Kidman, non bastassero più a coprirli. Seguirono smentite, fino a quando la sorella Jan – tutt’altro genere di vita, sposata con un netturbino, madre di otto bimbi e mai allontanatasi dalla sua terra d’origine, lo Utah – disse che un giorno L’Wren le aveva confidato di invidiarla. Il motivo? Aveva una famiglia e dei figli, che lei non aveva mai concepito.
Nel 2010 era stata la volta, a Londra, di Alexander McQueen: anche lo stilista britannico si era impiccato, dopo aver ingerito un un cocktail di cocaina, tranquillanti e sonniferi. Il giorno dopo avrebbe dovuto partecipare al funerale della mamma, Joyce. Non resse. Ma la sua era una storia clinica più nota e il suo psichiatra, Stephen Pereira, dichiarò che da tempo soffriva di ansia e depressione. Nella sua biografia uscita cinque anni più tardi (Alexander McQueen: Blood Beneath The Skin) e curata da Andrew Wilson è riportato come già un anno prima lo stilista meditasse il suicidio, tanto da aver confidato ad un amico di voler uccidersi sparandosi in testa davanti al pubblico al termine di una sfilata.