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L’effetto Serra

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Cosa c’è di peggio di un qualunquista pressapochista sputasentenze?

Un qualunquista pressapochista sputasentenze che si trincera dietro la necessità di doversi limitare ad un numero di vocaboli limitati per poter esprimere le proprie idee.

Ed è così che Michele Serra, sdraiato sulla sua Amaca di Repubblica, decide che a seguito del vergognoso episodio dell’ITC Carrara, “Non è nei licei classici o scientifici, è negli istituti tecnici e nelle scuole professionali che la situazione è peggiore”.
Si scatena il coro indignato:
“Classista! Qualunquista!”
Succede così che il giorno dopo, il frettoloso Serra, prova a correre ai ripari.
Si libera dei 1500 vincolanti e limitanti caratteri e sciorina la spiegazione più prolissa, presuntuosa e improbabile che mente umana abbia mai partorito.
“Si deve evitare la zavorra dell’ovvio” sostiene.
Lui decide le parole, il senso ed il valore dei discorsi. Fa il bello ed il cattivo tempo, a seconda di quanta voglia abbia, poi si lamenta.
Ma se il senso del pezzo pubblicato su Repubblica riesce ad apparire solo imbarazzante, è la spiegazione (o la giustificazione) che diventa persino frustrante.
Premesso che se uno ha bisogno di 6500 caratteri per cercare di spiegarne 1500, evidentemente, qualche difficoltà di sintesi deve pur averla.
In secondo luogo, e v’invito a leggere la suddetta spiegazione, sfido chiunque a dare un senso logico alle farneticazioni di Serra.
Lo sdoganamento dell’ignoranza è uno dei più atroci inganni perpetuato ai danni del popolo, ed io penso (e lo scrivo da decenni) che faccia perfettamente parte dello sdoganamento dell’ignoranza l’idea che sia “classista” indicare con il dito proprio la luna: ovvero la differenza di classe.”
Ora, io non sono nessuno e me ne guardo bene dal volerlo essere, ma in quasi quarant’anni ho imparato una cosa fondamentale: quando un individuo affronta una discussione tirando in mezzo la parola “ignoranza”, ci sono due possibilità: o è a corto di argomenti, oppure è un classista.
Serra è un classista a corto di argomenti.
E’ uno che vi spiega (in 6500 terribili e interminabili caratteri) il senso della vita, il suo Verbo, il motivo del perché voi siate degli ignoranti e lui un illuminato Padreterno incompreso.
Butta in mezzo, tanto per sottolineare il concetto, decine di citazioni:
Se oggi Friedrich Engels pubblicasse “Le condizioni della classe operaia in Inghilterra”, i social lo aggredirebbero, chiedendosi “come si permette, questo borghese con il culo al caldo, di parlare così male del popolo dei suburbi”. Se Karl Marx scrivesse le sue severe considerazioni sul Lumpenproletariat (proletariato straccione), o il socialista Orwell riscrivesse il suo reportage sul “cattivo odore del proletariato”, idem.”
Ok.
In quarant’anni ho capito due cose, mi correggo con meno di 6500 caratteri:
Chi usa la parola ignorante a ripetizione e chi si accomoda sulle citazioni, sui nomi altisonanti (che fanno sempre breccia nel cervello della gente, appunto, ignorante) è sempre, e ripeto sempre, aggrappato ad uno specchio in cerca di un appiglio prezioso.
A questo punto potrei fermarmi e cercare qualche similitudine tra Serra e i gatti, come si limita da un decennio a fare Scanzi, ma vi privo del disgustoso piacere.
Quindi, concludiamo con un rapido riassunto:
Serra, sul suo pezzo del 20 Aprile, sostiene che gli istituti tecnici e professionali siano più degradati e/o pericolosi dei licei perché, a parer suo, “vanno al liceo i figli di quelli che avevano fatto il liceo” dove “il livello di educazione è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza.”
Quindi, amici delle forze dell’ordine, se avete in custodia dietro le sbarre un padre di famiglia, sbrigatevi ad arrestare subito i suoi figli, i suoi nipoti, le zie, i cugini di primo e secondo grado perché, sempre secondo i 1500 caratteri di Serra, saranno per forza dei delinquenti.
Il 22 Aprile, dopo la baraonda, arriva la precisazione.
Lo ammetto, l’ho riletta una mezza dozzina di volte, e non ci ho capito un cazzo.
Sarà che ho frequentato un istituto tecnico.
Ma traspare dalle tormentate righe del giornalista romano un evidente bisogno d’aiuto.
Così scrive “Non è colpa della sinistra – almeno questo addebito ci sia risparmiato – il fatto che nella nostra società, da un certo punto in poi (in Italia: da Berlusconi in poi) gli esseri umani sono diventati consumatori da ingozzare, telespettatori da rintronare di spot, gregge da tosare, massa amorfa che “ragiona come un bambino di otto anni” (Berlusconi); e di pari passo la cultura è parsa soprattutto un lusso per privilegiati, o addirittura una maschera del potere…
In pratica il buon Serra (e stavolta persino io mi permetto una citazione) riprende una frase di Giorgio Gaber “la cultura per le masse è un’idiozia”, la plasma a suo piacimento e ce la sbatte in faccia camuffandola come gli conviene. Tira in mezzo la sinistra, poi il classismo, poi l’ignoranza, poi i “modi rozzi” e tutto il repertorio di chi in fondo si sente democratico ma che, forse, vorrebbe poterci buttare tutti dalla “rupe Tarpea”.
Ecco di cosa dobbiamo avere paura.
Non del bulletto dell’istituto tecnico di Lucca, non dei ragazzi che allagarono il Liceo Parini di Milano per evitare un compito in classe.
No.
Dobbiamo aver paura di coloro che hanno la possibilità o il potere di classificarci in base alla nostra cultura, etnia o ricchezza.
Lo confesso:
L’eccesso di cultura mi fa molta più paura di una certa ignoranza.

Alex Rebatto

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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