Ogni volta che penso ad un progetto, ipotizzo il tempo necessario per realizzarlo. Lavorando in campo indipendente, i tempi previsti non vengono quasi mai rispettati. Continuare a fare un lavoro tradizionale e combaciare gli impegni di tutti i partecipanti,crea delle dilatazioni nei piani di ripresa non indifferenti. Circa dieci anni fa avevo in mente una storia che parlasse di un uomo con una maschera. Un po “Il fantasma dell’opera”, un po “Elephant man”. Ma che trattasse principalmente la ricerca di se stessi. Dove una malformazione al viso condizionava la vita del protagonista. Poi, come mi è successo in passato, il progetto si è arenato perché sono subentrate altre idee più prorompenti, o semplicemente non era il momento adatto per realizzarlo. Circa due anni e mezzo fa, mentre stavo finendo un altro film, mi è tornata la voglia di realizzarlo. Capivo che volevo raccontare una storia più intima, meno complessa e con meno personaggi. In più avevo un giovane attore, Mirko Pianetti, che era dell’età giusta per la parte del protagonista da adolescente. ( Sarebbe cresciuto velocemente e volevo girare prima che questo accadesse.)Così, senza nemmeno rendermene conto, prima di finirne “Lettere d’amore.” Ne avevo già cominciato un altro. “La maschera umana.”( Vedete un intenso primo piano del protagonista adulto, qui sotto.)La ricerca poi, è continuata con gli altri protagonisti. Come avevo accennato in altri post, a parte i miei attori feticcio, amo collaborare con nuovi volti. Essendo principalmente uno esperimento, un laboratorio e perché no, un gioco, amo rischiare dando parti complesse anche a chi non conosco benissimo. Nel film una parte essenziale è la figura della madre del protagonista, Rosa, che per tutelare il figlio deforme lo cresce con una maschera. Ricordo d’essere stato soggiogato dall’interpretazione di un’attrice teatrale in uno spettacolo corale. Irene Mannino. Mi sono detto: Questa ragazza sarebbe perfetta per Rosa. Dopo aver contattato un caro amico che la conosceva sono riuscito a creare un incontro. Dopo una chiacchierata amichevole ha condiviso questa esperienza , donandomi il personaggio che avevo in mente. Dandogli anche un suo approccio personale. Sicuramente una scommessa vinta, e così anche con il protagonista da adulto: Gianfilippo Baio. Sempre tramite un’altra amica mi presenta questo ragazzo all’apparenza deciso e forte, ma con quella introspezione che cercavo per il personaggio. Entusiasta come Mirko di partecipare al film interamente recitando con una maschera sul viso. Donandomi anche lui sfaccettature belle ed espressive, col corpo, con gli occhi. Siccome nel film il protagonista cresce e viene raccontata la trasformazione fisica, ma anche delle maschere. Sono partito con maschere più carnevalesche. Di plastica leggera, a dura fino ad arrivare ad una di lattice che si è adeguata al viso dell’attore. E’ stupefacente come questa maschera non copra le emozioni e le espressioni, anzi si adegua come un pennello al viso, rimarcando atteggiamenti, tristezze, sorprese. Era divertente vedere Gianfilippo, mettere e togliere la maschera come se fosse una seconda pelle. Abbiamo girato anche in condizioni faticose, con estremo caldo e la maschera indossata sudava come se fosse pelle vera. Potrei raccontarvi decine di aneddoti su questa maschera e col tempo magari lo farò. Ma ora dopo quasi tre anni la fatica di tutti noi è giunta al termine. Il venti aprile lo presenteremo in anteprima a Bergamo, ma seguirà sicuramente un post con i dettagli precisi. La foto in alto è ambientata in uno studio di una pittrice, nonché amica, Michelle Tiago, che mi ha gentilmente concesso l’utilizzo delle sue opere.
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