Molti miei progetti non vengono compresi subito. E’ un processo naturale per me. Mi sono sempre reputato uno sperimentatore. A volte con risultati discutibili e forse incomprensibili, che sono stati fonte di dibattito. Poi negli anni ho compreso che dovevo scendere a compromessi con il mio modo di creare. Avvicinarmi il più possibile a tutti gli eventuali fruitori, senza perdere però quella vena “Pazza” che contraddistingueva il mio modo di creare storie. Giusto ieri parlavo con un amico dell’impegno che chiedo ad uno spettatore per vedere alcuni miei film. Ci sono innumerevoli prodotti che si possono vedere a scatti, nel senso, che se ne perde qualche minuto o qualche passaggio non si perde il senso o il proseguire della storia. Da sempre, invece, chiedo allo spettatore d’essere attivo nella visione. In alcuni casi per non perdere il racconto che creo a puzzle. Ma sopratutto per far sì che ognuno può metterci quello che sente a seconda della sua sensibilità su l’argomento trattato. Attenzione non sto dicendo che lascio allo spettatore quel senso fastidioso di non aver capito quello che ha visto, ma di metterci del suo per capirlo meglio o farlo finire come meglio crede. I famosi finali aperti. Dove qualcuno ti chiede: “ Ma poi? E’ morto? Oppure, ma quella era sua madre?” Senza arrivare a livelli troppo complicati. Ci sono film che sono geniali come ad esempio “Madre” di Darren Aronsfky, un film all’apparenza complesso. Per alcuni grottesco, ilare, per altri geniale, tremendo e facile. Ma solo se ne trovi una chiave personale d’interpretazione. Vedendo questo film come del resto altri “ Particolari, ma difficili.” Mi sono più volte chiesto cosa volesse dire l’autore. Che interpretazione volesse dare. E sono arrivato alla conclusione che doveva essere il pubblico a metterci del suo. Anche se sentissi la vera interpretazione dell’autore, ormai mi sarei talmente costruito una mia verità che non ascolterei nessun altra, nemmeno di chi l’avesse creata. E’ un poco la mia ricerca, ma molto alla lontana, non mi metterei mai in paragone con autori geniali e grandiosi, ma nel mio piccolo ho cercato di sperimentare, cercando comunque di pensare sempre ad un eventuale pubblico. In molti film o cortometraggi ci sono scelte discutibili e ci vuole un grande impegno per capirli. E sicuramente non sono film per tutti. Sopratutto nella nostra epoca in cui siamo bombardati quotidianamente da immagini in movimento, su tutti i vari supporti di visione. Dove la qualità dell’immagine è superlativa, ma dove, a volte manca la sostanza e forse ricercando in opere più sperimentali, all’apparenza complesse, si può trovare la novità e non si rimane passivi nella visione. Vi pubblico un cortometraggio emblematico su questo argomento dal titolo “ L’altro uomo.”( 2005) Non preoccupatevi non è complesso come scrivo in questo post, ma ha una struttura particolare che se avete dieci minuti di tempo potrebbe rivelarvi sorprese inaspettate. Con Massimo Spreafico, Valery Bertolini, Annalisa Cascio,( Attori feticcio per anni nei miei progetti.) Elisa Belotti e Davide Milone. Buona visione ATTIVA!