http://www.frontedelblog.it/2017/11/08/sul-filo-del-confine/
A Como, una città di confine, è in corso la mostra intitolata Borderline di Miniartextil. Un evento di arte contemporanea che ha raggiunto la 27° edizione e quest’anno, porta sulle rive del lago opere da 29 paesi del mondo diversi. La peculiarità delle opere è che devono avere tutte a che fare con la tessitura.
Fili di ogni materiale e natura quest’anno interpretano il tema Borderline, a volte in maniera intelligente e molto vicina all’arte, a volte in maniera scolastica.
Sono 54 i “minitessili” esposti, definiti così per via della dimensione richiesta dal bando di concorso (cm 20x20x20) indetto dall’associazione Arte & Arte. Bando a cui gli artisti esposti hanno partecipato
Nella mostra ben allestita, si vedono i lavori che vogliono diventare motivo per riflettere sul tema della linea di confine, anche se la maggior parte delle opere sembra invece ferma al pensiero: cosa può dividere un limite? Ci sono infatti mare e terra, dentro e fuori e bianchi e neri
Il limite, la soglia, il bordo, la linea, la frontiera possono essere psicologici, fisici, territoriali, virtuali, digitali e altro ancora. Ma di fatto questo confine, non è uno spazio che non esiste, ma è una linea che ha spessore, è un luogo che può essere abitato ed attraversato.
Questo territorio esiste.
“ La zona “, a riconferma, è lo spazio di cui ci narra il regista Andreij Tarkovskij nel suo libro e film Stalker, termine di cui di cui lo stesso regista spiega: “La ‘zona’ è un sistema molto complesso di trappole non so cosa succede qui quando l’uomo non è in giro, ma non appena qualcuno si avvicina, tutto comincia a muoversi la ‘zona’ è come l’abbiamo creata, come il nostro umore, ma quello che succede, non dipende dalla ‘zona’, dipende da noi” (Stalker di A. Tarkovskij, 1979). O ancora, può essere lo spazio del gioco. È lo storico olandese Johan Huizinga che definisce nel testo “Homo Ludens” il gioco come: ”l’atto di giocare non solo crea lo spazio, ma anche richiede uno spazio e un tempo interamente propri. Il cerchio magico è il gesto spaziale di base che definisce lo spazio di gioco.” (Huizinga 1938: 10, 20-1).
Il gioco è borderline, è una soglia, un temenos, ovvero uno spazio “tagliato fuori dal tessuto comune del mondo”, luogo che fa pensare ad un recinto.
L’antropologo scozzese Victor Turner, parla di “spazio liminare: uno spazio che, nella sua formale separazione dal resto del mondo, presenta un regno di instabilità e possibilità. Quello spazio che è vivaio della cultura, la sua condizione e possibilità che dal rituale al teatro crea uno spazio all’interno dell’ordine tradizionale della società, al riparo dalle forze di normalizzazione del quotidiano” (Turner, 1982: 20-60).
Anche gli Interstizi che si trovano nel Terzo paesaggio di Gilles Clement sono spazi che esistono, anche se abbandonati. Anzi, proprio per questo si trovano in un tempo di possibilità, come lo sono i sistemi rhizomatici di Gilles Deleuze che definisce il Rizoma: “non ha un principio né una fine, è sempre in mezzo, tra le cose, inter-essere, intermezzo”. (Deleuze, Guattari, Mille Plateaux, 36)
In quella che un tempo fu la Chiesa di San Francesco, oltre agli artisti che hanno presentato i minitessili, entrando per concorso alla mostra, si possono vedere anche opere e installazioni di artisti invitati. Come non notare la foresta di numeri colorati ad opera dell’architetto Emmanuelle Moureaux che invade il grande spazio centrale?
Questa installazione ci restituisce un luogo privo di sensazioni che lascia presiedere l’incertezza. Spazio forse appositamente studiato come disimpegno o intercapedine tra per le opere?
L’impressione è quella di un tanto decantato vuoto contemporaneo popolato da codice binario e colori ammalianti, che cerca di abbagliare la vista dello storico monumento che la ospita, iniziato da Sant’Antonio da Padova in onore di San Francesco nel 1203.
Ci sono anche opere che sembrano davvero avvicinarsi al ripiegamento dello spazio dove potrebbe trovarsi un’autentica opera d’arte, e una in particolare solo in quel luogo può essere collocata: l’arazzo tessuto dallo scultore ghanese El Anatsui. Quest’opera, creata con materiali di recupero, cattura l’attenzione e fa perdere lo sguardo in un luogo o mappa tridimensionale che ricorda bandiere, mari, confini e ferite,o forse paesaggi altri. All’artista El Anatsui la Biennale di Venezia nel 2015 ha attribuito il Leone d’Oro alla Carriera.
All’uscita poi dall’antica costruzione, ci si ritrova davanti le mura della città, tra mercato, tribunale e traffico. Qui si percepisce un limbo tra dimensione pubblica e dimensione privata, determinata da un mucchio di coperte che costituiscono il luogo abitato da qualcuno che ha adottato pinguino Pao come guardiano, e che forse, è arrivato per mare e ha trovato prima del prossimo confine, un luogo di mezzo.
BORDERLINE – 2017
MINIARTEXTIL COMO
Dal 7 ottobre al 26 novembre 2017
Chiesa di San Francesco Largo Spallino 1, Como.