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La strategia di Warren

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Su Warren Buffett si è accesa in Italia la luce dei riflettori nel corso di questo mese, quando ha comprato un decimo della Cattolica Assicurazioni. Non che prima fosse un perfetto sconosciuto: chiunque si occupi di finanza incontra ben presto il nome dell’Oracolo di Omaha (il suo soprannome) e della società di cui ha fatto la fortuna, la Berkshire Hathaway, uscita da una nebbia informe ed entrata nel Paese delle Meraviglie. Buffett ne ha preso il controllo nel 1964 e ne ha fatto la terza public company del mondo e la nona conglomerata per ricavi.

Buffett ha uno stile personalissimo, come investitore e come comunicatore. Le sue relazioni annuali all’assemblea dei soci di Berkshire Hathaway sono piene di humour e di indicazioni importanti. Come l’altro grande (e assai più discusso) finanziere, George Soros, vede a raggi X attraverso le mode, le illogicità e le tradizioni infondate del mondo finanziario. La sua strategia di investimento è semplice: comprare solo azioni di imprese di cui è facile capire il business, investire a lungo termine, non fare trading di azioni ma considerare i periodi di prezzo basso come opportunità di acquisto. Nel gergo della finanza, è un Value Investor. Compra dove le sue analisi gli dicono che c’è sostanza e aspetta che si verifichi una crescita. Insomma, è il contrario di uno speculatore.

Qualche volta ha sbagliato, ma bisogna pur dire che sono molto più frequenti i casi in cui ha avuto ragione. Lo testimonia il valore dell’azione Berkshire Hathaway in Borsa: qualche dollaro negli anni Sessanta, 250.000 dollari quest’anno. Grazie ai compensi come Ceo e alla sua quota della società, Warren Buffett è da decenni uno dei primi dieci uomini più ricchi del mondo.

Come spende i soldi è anche più interessante di come li fa. Oltre i nove decimi del suo enorme patrimonio, alla sua morte, passeranno alla Fondazione di Bill e Melinda Gates, per finanziare progetti umanitari. Buffett è da sempre un sostenitore del Partito Democratico e si è battuto perché la ricchezza fosse tassata in misura ragionevole: «È assurdo» ha detto una volta «che in proporzione io paghi meno tasse della mia segretaria».

Fra le posizioni che ha preso c’è anche la condanna dei meccanismi di incentivazione dei top manager che infuriano a Wall Street, tipo opzioni sui titoli azionari delle imprese guidate da loro e premi per il successo di breve periodo. Perché i compensi astronomici gli vanno bene, ma devono essere trasparenti, non incentivare la miopia nel business, e – ovviamente – essere tassati il giusto. Averne, di finanzieri così.

Paolo Brera

 

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Paolo Brera

Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Algama sta ripubblicando le sue opere in ebook, a partire dalla serie dei romanzi con protagonista il colonnello De Valera.

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