La saga letteraria del Commissario Tommaso Casabona di Antonio Fusco, nella vita collega del suo personaggio, è giunta alla quarta puntata con il fresco di stampa “Le vite parallele”, Giunti Editore.
Fin dall’uscita del primo romanzo, “Ogni giorno ha il suo male”, nel 2014, le storie che vedono protagonista questo funzionario di Polizia capo della Squadra Mobile in un’immaginaria cittadina della provincia Toscana, Valdenza, hanno suscitato l’interesse di critica e lettori.
Molti hanno parlato di lui come una versione italiana di Maigret, un paragone forse improprio ma non irriverente.
Casabona, in effetti, ha come l’immenso personaggio di Simenon un approccio psicologico all’indagine, con un interesse per le motivazioni e i sentimenti delle persone coinvolte, vittime, testimoni o indiziati.
Tuttavia, se mai troveremo in una storia “maigrettiana” il ricorso a tecniche d’indagine scientifica o a fredde correlazioni logiche tra fatti ( Il Commissario parigino diceva di “non voler avere idee”), Casabona certamente non vi si sottrae, non foss’altro perché dai tempi di Maigret le cose sono assai cambiate e il metodo artigianale nelle inchieste di polizia non paga più.
IL LIBRO:
E’ però vero che, nei momenti topici, quando i tasselli del caso si rifiutano di combaciare, Casabona trova risorse riflettendo profondamente sul lato umano della situazione.
I numerosi estimatori del Commissario parigino sanno che Maigret conduce un tranquillo menage , senza figli, con la moglie casalinga. Tutta la sua grande saggezza l’ha acquisita al di fuori dell’ambito famigliare, dedicandosi con passione al lavoro di poliziotto, che per lui è soprattutto una finestra d’osservazione sulla contraddittoria anima umana.
Casabona, al contrario, è un cinquantenne nostro contemporaneo risucchiato dai problemi di coppia e di rapporto coi figli ormai grandi, entrambi con personalità non facili, una femmina con la passione per la criminologia, e un maschio che sbanda verso la tossico-dipendenza. La sua principale finestra sul mondo è la quotidianità della vita.
Il nuovo romanzo ha un immediato impatto emotivo, raccontando la storia del misterioso rapimento di una bambina, con generale ansia per le sorti di lei e altrettanto unanime partecipazione allo strazio dei genitori.
Nessun dubbio che Maigret si sarebbe buttato a capofitto su un caso del genere, trascurando la mite consorte più di quanto già non faccia, invece Casabona non riesce a non dare priorità alla salute della moglie, seriamente malata e in attesa di un delicato intervento chirurgico.
Invero, i suoi patemi riguardano il rapporto ormai usurato con la compagna di vita, tanto che sembra preoccuparlo la speciale confidenza che la donna manifesta per un medico curante, vecchia fiamma giovanile di lei.
Alla fine Casabona si convince, pur a malincuore, a rinunciare a un periodo di aspettativa, mettendo la testa e il cuore dell’indagine, che lo porta ad approfondire, guarda un po’, i contraddittori rapporti tra i genitori della bimba scomparsa, una coppia ricca e agiata che nasconde una ben scarsa sintonia sotto l’apparenza perbenista.
Come se non bastasse, la vicenda s’intreccia con una torbida trama riguardante il traffico e l’abuso di stupefacenti.
L’inchiesta procede sempre in bilico tra l’apparenza e livelli più nascosti di verità, disorientando non solo Casabona, ma l’intero corpo di Polizia, in campo per tentar di risolvere un caso che, di giorno in giorno, diventa mediaticamente sempre più scottante.
E’ significativo che Casabona, per una sorta di emblematico contrappasso, riesca a trovare il bandolo della matassa ascoltando silenziosamente, secondo l’uso prediletto di Maigret, un lungo parere psicologico della figlia aspirante criminologa.
Rino Casazza