Cos’è un Radical chic?
Questa è la definizione corretta: “Che riflette il sinistrismo di maniera di certi ambienti culturali d’élite, che si atteggiano a sostenitori e promotori di riforme o cambiamenti politici e sociali più appariscenti e velleitari che sostanziali.”
Eppure, incredibile ma vero, c’è chi si considera in tal modo convinto sia un’accezione positiva.
Io vivo a Milano. Da queste parti il Radical chic prolifica e si paventa come uno scarafaggio in ospedale.
Ma ecco il punto: come riconoscere dalla massa uno di loro?
Ho deciso di redigere questa guida affinché, se doveste trovarvi vostro malgrado ad avere a che fare con uno di loro, possiate prendere delle contromisure.
Allora, il RC s’interessa di politica sommaria. Ha un’infarinatura che esibisce con piglio da leader pieno zeppo di aforismi raccattati dal web. Generalmente si spaccia per militante di sinistra, di quelli col pugno alzato e la maglietta di Che Guevara.
Lo puoi trovare al centro sociale Leoncavallo, seduto in prima fila davanti al palco, con un bicchiere di Cuba e l’espressione beata di chi si sente a proprio agio.
Al Leoncavallo, per aprire la porta del cesso, devi dargli una scarpata con forza. Un po’ per l’ostica rigidità dei cardini, un po’ per evitare di rimanerci incollati.
Il RC la spinge con la mano, da vero proletario, cercando senza riuscirci di nascondere un’espressione disgustata. Poi, dopo essere stato sommerso da effluvi in grado di far impallidire un fantasma, se ne esce baldanzoso fingendo che, lì dentro, potrebbe pure mangiarci.
Generalmente il RC è benestante. Papà ha un lavoro prestigioso, mamma fa la casalinga e la sorella studia negli Stati Uniti. Cita “anche l’impiegato vuole il figlio dottore” e fuma sigarette bianche sottili.
I suoi cantanti preferiti sono quelli dichiaratamente di sinistra. Guccini, in primis.
Ora che il Maestrone è fuori dai giochi non si perde neppure una presentazione di un suo libro.
Lo guarda a bocca aperta, pensando ai cazzi suoi, e s’immagina un mondo di galline, di mulini e di telefoni senza display.
De André era il più grande dei poeti, De Gregori cantava la Donna Cannone e Battiato, Dio mio Battiato!, è così introspettivo.
Il RC nella sua stanzetta, lontano da orecchie indiscrete, ascolta Tiziano Ferro e Laura Pausini poi, in compagnia, esalta Caparezza che “non è per tutti”.
In privato mangia solo roba Bio e si porta dietro l’amuchina per ripulirsi dai germi. Al McDonald ordina il menù più laido che esista perché potrebbe vivere di solo quello.
I suoi abiti sembrano provenire dal mercato di periferia, ma sono stirati alla perfezione. Il mercato del finto trascurato sta facendo affari d’oro con quella gente, ragazzi. Una maglia da ottanta sacchi talmente triste che anche uno zingaro si farebbe delle remore ad indossare.
L’ipocrisia del RC è proverbiale.
Ha tatuato sul braccio il volto di Che Guevara e saluta l’amico con un “ciao compagno”. Poi dopo avergli stretto la mano si pulisce con l’amuchina.
Se è universitario guarda con accondiscendenza chiunque abbia appeso al muro solo un diploma. Lo stesso sguardo lo riserva ai muratori in pausa pranzo con una Peroni ed un panino in mano.
Frequenta posti alternativi, costosi e spudoratamente fasulli.
A Milano, ad esempio, c’è Cascina Cuccagna. Se passate da quelle parti potrete osservarne parecchi in cattività. Non dategli da mangiare.
Sentendosi paradossalmente acculturato non si perde una mostra neanche per sbaglio.
Quando il suo sguardo viene attirato da un poster che annuncia l’esposizione di una collezione di un artista croato noto per i suoi quadri di merda, il suo volto s’illumina ed esclama “Dobbiamo per forza andarci”.
Quindi lo trovi in fila al Mudec per la Klimt Experience.
Ora, se qualcuno dei vostri amici vi è stato e ci ha tenuto a sottolinearne il valore, o vi sta prendendo per il culo o, probabilmente, è un RC.
Io ci sono stato, lo confesso. Immaginate uno schermo a 360 gradi con le opere dell’artista austriaco che si alternano con sottofondo di musica classica. Gente sdraiata per terra che si lascia catturare dal nulla assoluto e un andirivieni di visitatori che cammina perplessa per la sala.
Una trappola per allocchi della peggior specie. Apprezzabile, forse, solo se sotto l’effetto di droghe leggere in considerevole quantità. Non alcool, ma droghe. Fidatevi.
Sul muro del pianto, all’uscita, qualcuno ha scritto “Una cagata pazzesca”. Ho sorriso. E’ stata una Fantozzi Experience.
Il RC legge libri di un certo spessore. Generalmente grandi classici. Per lui il mondo della letteratura si è interrotto bruscamente dopo l’avvento di Hemingway. Se chiedete ad un vostro amico cosa sta leggendo in quel momento e lui vi risponde “Guerra e pace” dategli una seconda possibilità dopo un mese.
Se allora vi risponderà “Il Fu Mattia Pascal” o “Ragazzi di vita” di Pasolini, allora avrete a che fare con uno di loro. Non dategli troppa confidenza.
Al cinema ci va solo quando danno un film di Virzì o Woody Allen. Sul 72’ di casa si sdegna se passano gli Avengers ma, in fondo in fondo, vorrebbe essere un supereroe.
Spesso ha girato mezzo mondo, tutti posti improbabili tipo il Mozambico. Se proverete a dirgli “io quest’anno vado in vacanza a Londra” vi guarderà come foste un bambino all’oscuro dei segreti dell’universo. Poi vi racconterà della povertà di quei posti, del cibo immangiabile, degli insetti, della puzza pestilenziale per le strade e concluderà con un “E’ stato fantastico. Dovresti andarci anche tu.”
Ovviamente, in quel caso, la sua immagine di copertina su Facebook lo vedrà sorridente e circondato da bambini di colore denutriti.
Ci siamo? Avete inquadrato il personaggio?
Benone. Avete concluso con successo il primo corso di riconoscimento del Radical Chic.
Non dimenticate mai la regola d’oro quando avrete a che fare con quella gente: siate sempre voi stessi.
Loro non lo concepiscono. Li manda in tilt.
E soprattutto, ricordate, non dategli mai, MAI, troppa importanza.
“Sono intorno a noi, in mezzo a noi. In molti casi siamo noi.”