Questo articolo avrebbe dovuto essere semplicemente una promozione del mio nuovo imminente romanzo firmato con lo pseudonimo François Torrent, edito in edicola e ebook da Segretissimo Mondadori dai primi di giugno 2017. Ma, poiché la tradizione della collana, dal 1960 a oggi, è sempre stata quella di unire narrativa di avventura e azione con elementi reali di cronaca internazionale, non è la prima volta che uno di questi libri anticipa la realtà o si collega a notizie del momento. Così in Agente Nightshade – Fattore Libia, che prosegue il mio discorso sul terrorismo mediorientale trattato nei precedenti romanzi della serie, Progetto Firebird (2013) e Bersaglio Isis (2015), affronto tra i vari argomenti anche quello che sta emergendo proprio in queste ore a proposito dell’attentato alla Manchester Arena di lunedì 22 maggio.
Salman Abedi, lo stragista suicida, e suo fratello Ismail, arrestato poco dopo dalla polizia, sono cittadini britannici di origine libica. I loro genitori sono entrati nel Regno Unito come rifugiati politici negli anni Novanta, in quanto oppositori del regime di Gheddafi. Padre e madre sono rientrati in patria dopo la caduta del dittatore, morto come si ricorderà nel 2012, linciato dalla folla. Secondo alcune notizie di queste ore, numerosi membri della comunità in cui viveva l’attentatore (e, secondo altre versioni, lo stesso padre dei giovani Abedi) facevano parte di un’organizzazione denominata in inglese LIFG (acronimo di Libyan Islamic Fighters Group, ovvero Gruppo Combattenti Islamici Libici), che si era opposta a suo tempo al regime di Gheddafi con l’appoggio dell’MI6, il servizio segreto estero britannico. Dopo un fallito attentato al dittatore, i membri del LIFG furono costretti alla fuga e molti di loro chiesero asilo alla Gran Bretagna. Le cose si complicarono all’inizio degli anni Duemila: alcuni affiliati al LIFG si integrarono nella vita quotidiana inglese, altri cominciarono a dedicarsi al traffico di droga, altri ancora cominciarono a mostrare simpatie nei confronti di al Qaeda e fecero perdere le loro tracce all’indomani dell’11 settembre 2001. Di questi, alcuni potrebbero essere passati all’ISIS, dato che ISIS e al Qaeda, ora rivali al vertice, sul campo di battaglia sono invece state spesso alleate. Così, mentre i genitori si sono a quanto si dice reinseriti pacificamente nella complessa situazione libica, i figli Salman e Ismail, residenti a Manchester anche se andati e tornati più volte dalla Libia, si sarebbero radicalizzati, seguendo il cammino opposto. Lo scenario quindi affonda le radici in una situazione non dissimile da quella che vide a suo tempo certi gruppi di mujahiddin afghani prima sostenuti dai servizi segreti occidentali e poi trasformatisi in talebani e combattenti di al Qaeda.
Nel mio romanzo parlo (anche) del LIFG e immagino il percorso di alcuni dei suoi membri verso l’ISIS, penetrata in Libia dopo il fallito tentativo occidentale di portarvi la democrazia dopo avere abbattuto un regime di sicuro dittatoriale, ma al tempo stesso essenziale per mantenere certi equilibri… e scomodo per interessi petroliferi. Senza contare il progetto di Gheddafi di una moneta unica africana, il dinaro, sganciata dalla sudditanza del continente al dollaro americano, che se realizzato avrebbe modificato molti equilibri. Come sempre, il sonno della ragione occidentale, unito all’avidità sul piano economico, produce mostri. Triste a dirsi, le ventiquattro (sinora) vittime innocenti di Manchester ne sono diventati danni collaterali.
(Andrea Carlo Cappi)
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