Un sondaggio mostra che il maggiore timore degli investitori in Europa è la geopolitica
Non mi càpita spesso di citare favorevolmente Fitch, che è una della tre agenzie che nella finanza internazionale fanno il bello e il cattivo tempo attribuendo i loro “rating” a chi ha del debito da collocare, imprese banche e Stati sovrani. Il sospetto è che molto, in questa attività, sia lasciato all’arbitrio di S. E., come ha scritto celebremente Alessandro Manzoni. Ma bisogna pur riconoscere che queste agenzie dispongono di ingenti mezzi e di apparati di analisi economica con i coglioni quadri, come ha scritto Pierpaolo Pasolini.
Per questo non è vano citare un sondaggio fatto appunto da Fitch presso i Padroni dell’Universo, cioè i finanzieri. Una piccola premessa: di una cosa possiamo essere grati alla Brexit: che distoglie la nostra attenzione da quello che sta combinando Donald Trump e dalle possibili conseguenze economiche. Ma noi siamo gente da niente, in verità cambia poco che noi siamo inquieti fino all’ansia o pieni zeppi di Prozac. Il vero punto è ciò a cui fanno o non fanno attenzione i finanzieri, e ce lo dice appunto Fitch.
Il sondaggio abbraccia i responsabili degli investimenti in reddito fisso sui mercati europei. La loro preoccupazione numero uno, a quanto risulta, è il rischio geopolitico. Il 77% di loro lo reputa la maggiore minaccia che gravi sulla loro attività. È il quarto sondaggio annuale consecutivo in cui questo rischio è giudicato il più alto. Dopo la geopolitica, il secondo spauracchio (secondo il 48% degli interpellati) è l’abbandono dell’espansione monetaria da parte delle banche centrali.
Quando gli intervistati scendono in maggiori dettagli, citano la Brexit, il calendario elettorale piuttosto fitto in Europa, l’ascesa dei partiti populisti ed euroscettici, e il protezionismo dell’amministrazione americana.
Con Trump le iniziative degli Stati Uniti diventano meno prevedibili, e di sicuro c’è da temere la drammatizzazione di tutto come strategia di comunicazione, che ha un forte potenziale destabilizzante. I Paesi che Trump ha messo sotto la sua lente di osservazione per asseriti squilibri commerciali o pratiche scorrette rischiano di vedere un deterioramento del loro merito di credito
C’è un maggiore ottimismo invece sulla Brexit, con il 47% che prevede entro i due anni un accordo accettabile fra Unione Europea e Regno Unito, con un periodo di transizione; il 29% predice un accordo, ma senza transizione, e solo il 18% pensa che non ci sarà nessun accordo, il Regno Unito si troverà fuori e basta.
Queste posizioni sembrano troppo ottimiste a Fitch (e anche a chi scrive). Giustamente Fitch mette in risalto che il negoziato si preannuncia complesso e che il risultato non dipenderà solo dagli obiettivi di Londra, ma anche da quelli dei negoziatori europei. L’eccessiva fiducia degli operatori, al primo manifestarsi di seri problemi nelle trattative, si potrebbe quindi rovesciare in una repentina fuga dal mercato. Con ogni probabilità, la volatilità dei mercati finanziari crescerà ancora nei prossimi anni.
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