Gli orrori visibili spaventano, stimolano all’azione, alla solidarietà o all’isolamento. Un bimbo che soffre la fame, gli immigrati che annegano, gli ospiti che feriscono la libertà altrui, gli animali abbandonati, i giovani che non trovano lavoro, gli uomini maturi che lo perdono, le tante forme di violenza fisica, politica, morale e…
Ma nella Milano culla della cultura e dell’economia si sta celebrando la più grande delle catastrofi. Quella dello smarrimento dell’espressione intellettuale, della cultura vera della letteratura, della musica, della poesia dell’arte visiva.
Si celebrano gli artisti del 900, si rievocano i colossi della cultura delle arti dei secoli precedenti, si lasciano ammuffire patrimoni di inestimabile valore artistico ed economico accatastandoli nelle cantine dell’Accademia di Brera e non si nutrono le nuove generazioni intellettuali contemporanee.
Questo nuovo secolo sembra destinato ad essere quello della catalogazione digitale di ciò che è stato ieri e di ciò che verrà mostrato domani.
Alda Merini ha avuto la giusta attenzione delle Istituzioni solo quando è divenuta un caso di cronaca, un caso umano denunciato dai giornali per lo stato di povertà e di abbandono in cui viveva.
E’ stata ignorata e poi celebrata dalla classe politico-istituzionale non per ciò che è, ma per quanto ha testimoniato: lo squallore e l’insensibilità intellettuale della classe politica dirigente.
E’ scomparso l’apparato sociale degli imprenditori, d’un tempo che fu, colti o sensibili si approcciavano all’arte con mecenatismo.
Al suo posto è fiorita, con il rischio di profumare di crisantemo, l’Istituzione pubblica per l’arte e la cultura.
Ha un nome formale e uno identificativo in persone: assessore tizio, presidente caio, curatore sempronio, intellettuale…
Parliamo di assessorati alla cultura comunali, regionali, di grandi Fondazioni bancarie e di lobby di beneficenza che elargiscono fondi dai salotti buoni della politica, nelle serate di affari celebrati con tutti gli onori davanti ad opere di firma e dal business certo.
Mentre nella Milano storica capitale d’Italia delle arti si festeggia il carnevale con maschere antiche riprodotte in 3D, le originali e straordinarie collezioni di volti africani rimangono in parte nei magazzini del MUDEC o esposte nella meravigliosa casa-museo della Fondazione Passarè. La stessa Fondazione di viale Misurata a Milano dove, venerdì sera, una piccola folla di giovani e vecchi amanti della vera Milano dell’Arte universale ascoltava i canti dal vivo di due giovani musicisti iraniani esaltanti la singolarità delle opere fotografiche esposte alle pareti dalla loro connazionale Niloofar Yamini.
La Milano che conta, con il potere economico affama, non cercandola e non conoscendola, il vero rinascente movimento d’arte che vive, si incontra, pensa, espone, canta, riflette, confronta, dialoga, interpreta, produce, recita, scolpisce, vola, sogna, dipinge, costruisce, installa. Movimenti culturali spontanei, che come il NucleoX e tanti altri, rifuggono i templi della cultura a pagamento, richiamano la presenza dei migliori artisti internazionali contemporanei incontrandosi in location improvvisate.
Prevalentemente seminterrati di artisti che, con il passaparola, invitano artisti, docenti in jeans e allievi delle migliori accademie internazionali ed esponenti d’arte cultori di cultura. La vita serale e dei week end milanesi è nei sottoscala dove, come la brace coperta di fuliggine, è ancora vivo il fuoco del racconto per il confronto che vuole lasciare un segno a questo momento storico il cui vuoto mentale ed emotivo della classe politica verso l’arte senza prezzo diventa elemento di nuovi autentici stimoli.
Ettore Politi