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Ahimè, povero Özpetek, Rosso Istanbul è un flop

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Io vado pazzo per Ferzan Özpetek, perché è umano e profondo. I suoi personaggi si muovono per motivazione facili da comprendere anche nelle situazioni apparentemente meno facili da vivere e più lontane da quelle usuali. Il messaggio è sempre alto.

Devastante, allora, la delusione di Rosso Istanbul. Le carte in mano al regista sono a priori ottime: attori turchi bravissimi; riprese virtuosistiche; uno sguardo su un mondo insospettato, quello della borghesia turca. E tutto questo viene sperperato in modo sciagurato al servizio di un intreccio che non c’è, perché la storia non succede ma viene portata alla luce gradualmente come sfoglio di verza, e il copione è misterioso. Dei personaggi non si capisce quasi niente. Le loro battute il più delle volte non hanno rapporto con la battuta pronunciata immediatamente prima. Per non dire che spesso si tratta di elucubrazioni. I personaggi continuano a porsi i Grandi Interrogativi, in modo molto astratto, mentre non pongono mai e tantomeno rispondono a quelli di portata minore, in cui la doamnda si capisce e la risposta è possibile.

Serra Yılmaz (cnsdierata la più grande attrice turca vivente) viene doppiata con un accento bizzarro e un modo di parlare ticchettante. Perché? Non ha diritto a un eloquio simile a quello degli altri?

La delusione è bruciante. Ho visto quasi tutti i film di Özpetek, e mi sono piaciuti; questo ero andato a vederlo anticipando una grande soddisfazione. La critica ne aveva parlato male, ma questa, in tempi come quelli attuali, è di solito una raccomandazione. Mai raccomandazione fu più menzognera. La critica aveva ragione, incredibile dictu. E io ne prendo atto… purtroppo.

Paolo Brera

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Paolo Brera

Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Algama sta ripubblicando le sue opere in ebook, a partire dalla serie dei romanzi con protagonista il colonnello De Valera.

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