Io vado pazzo per Ferzan Özpetek, perché è umano e profondo. I suoi personaggi si muovono per motivazione facili da comprendere anche nelle situazioni apparentemente meno facili da vivere e più lontane da quelle usuali. Il messaggio è sempre alto.
Devastante, allora, la delusione di Rosso Istanbul. Le carte in mano al regista sono a priori ottime: attori turchi bravissimi; riprese virtuosistiche; uno sguardo su un mondo insospettato, quello della borghesia turca. E tutto questo viene sperperato in modo sciagurato al servizio di un intreccio che non c’è, perché la storia non succede ma viene portata alla luce gradualmente come sfoglio di verza, e il copione è misterioso. Dei personaggi non si capisce quasi niente. Le loro battute il più delle volte non hanno rapporto con la battuta pronunciata immediatamente prima. Per non dire che spesso si tratta di elucubrazioni. I personaggi continuano a porsi i Grandi Interrogativi, in modo molto astratto, mentre non pongono mai e tantomeno rispondono a quelli di portata minore, in cui la doamnda si capisce e la risposta è possibile.
Serra Yılmaz (cnsdierata la più grande attrice turca vivente) viene doppiata con un accento bizzarro e un modo di parlare ticchettante. Perché? Non ha diritto a un eloquio simile a quello degli altri?
La delusione è bruciante. Ho visto quasi tutti i film di Özpetek, e mi sono piaciuti; questo ero andato a vederlo anticipando una grande soddisfazione. La critica ne aveva parlato male, ma questa, in tempi come quelli attuali, è di solito una raccomandazione. Mai raccomandazione fu più menzognera. La critica aveva ragione, incredibile dictu. E io ne prendo atto… purtroppo.