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Ancora sul “disturbo dissociativo dell’identità ” tra psichiatria e fiction

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Il D.D.I. , “disturbo dissociativo dell’identità”, nel linguaggio corrente “personalità doppia”, è  un argomento che si ritrova in molti miei scritti narrativi, a partire dal racconto “Fauci di Belva” ( ne è stato anche tratto un cortometraggio omonimo disponibile in rete) riproposto un paio di mesi fa sul settimanale Stop.

Non c’è dubbio che la summa della mia ossessione per il  D.D.I. sia il thriller “La logica del Burattinaio”, scritto a quattro mani con l’ impareggiabile socio simbiotico Daniele Cambiaso. E qualcuno potrebbe sospettare, appunto, che siamo le due identità di una stessa persona…

Fuor di battuta, il D. D. I.  inquieta e affascina perché apre uno squarcio nelle possibilità inespresse, ed ancora inesplorate, della mente umana.

Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali,  si ha D.D.I. quando si riscontra ” la presenza di due o più  (!) identità o stati di personalità che a loro volta prendono il controllo del comportamento del soggetto, accompagnato da una incapacità di evocare i ricordi personali.”

Avete capito bene: un individuo affetto da questo disturbo può inconsapevolmente, e dunque genuinamente, dar vita a due persone completamente diverse, così autonome l’una dall’altra da avere una memoria delle proprie  azioni del tutto separata e impermeabile.

Alla base di questa sconcertante patologia pare stia un violento trauma infantile,  che genera la cosiddetta “amnesia dissociativa”, cioè un blocco che impedisce di accettare esperienze del proprio passato decisive per lo sviluppo  psicologico ma fonte di intollerabile sofferenza. Così, per adattarsi a questa dolorosa e profonda contraddizione  la personalità del soggetto si scinderebbe.

Nel recente film di Shyamalan “Split“,  la straordinarietà del D.D.I. viene messa in evidenza in modo spettacolare narrando le vicende di un personaggio che è in grado di frantumarsi in una ventina di identità diverse.

Non si sa se nell’esperienza clinica si sia mai verificato un simile caso “record”, ma la pluripersonalità dei malati di D.D.I. è un dato scientifico.

In “Split” si tenta di esplorare in chiave fantastica (ma fino a un certo punto…) la frontiera più avanzata degli studi  sul D.D.I. , ovvero le possibili mutazioni biologiche che la malattia potrebbe produrre, per esempio valori ematici diversi nel soggetto a seconda della personalità che assume : una delle sue identità  potrebbe manifestare il diabete mentre  l’altra no.  Se la mente umana può raddoppiarsi, perché dovrebbe esserle precluso di modificare il  corpo?

Ne “La logica del Burattinaio” io e il mio socio abbiamo approfondito, anche in questo caso lavorando d’immaginazione ma cercando di rimanere ancorati al verosimile, un altro aspetto critico del D.D.I.:   la possibilità di manipolare a scopo criminale chi soffre di questa malattia, vista la tendenza a scoppi di violenza di almeno una delle sue personalità.

Era inevitabile che un argomento così ricco di suggestione trovasse eco nella letteratura e nel cinema.

Per quanto riguarda ques’ultimo, è d’obbligo una citazione per un capolavoro della filmografia thriller: “Psyco” di Alfred Hitchcock. Il protagonista della storia, il mitico Norman Bathes,  impersonato da Antony Perkins, è a tutti gli effetti un malato di  D.D.I., con addirittura una personalità femminile.

Per quanto riguarda la narrativa, come non pensare a un grandissimo della letteratura anglosassone dell’800, lo scozzese Robert Stevenson?

No,  vi sbagliate, non sto per parlare di quel vero e proprio manifesto storico della dissociazione che è “The strange case of dr. Yekyll and mr. Hide”.

Mi riferisco ad un romanzo dello scrittore di Edimburgo meno conosciuto ma forse anche più bello, “Il master di Ballantrae”.

A rigore quest’opera non tratta un caso di dissociazione, bensì di mutazione , ed anzi di ribaltamento dell’identità ma, proprio per questo, offre spunti di approfondimento molto interessanti sulle complesse sfaccettature della psiche umana.

Non posso, da ultimo, da appassionato dei fumetti, e in particolare di quelli dei supereroi, lasciarmi sfuggire una citazione per Goblin, il folletto verde supertecnologico acerrimo avversario di Spiderman. Come dimenticare gli allucinati dialoghi con sé stesso di Norman Osborne, il geniale scienziato che, nella sua seconda vita, veste i panni del malvagio Goblin?

Rino Casazza

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Rino Casazza

Rino Casazza è nato a Sarzana, in provincia di La Spezia, nel 1958. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Pisa, si è trasferito in Lombardia. Attualmente risiede a Bergamo e lavora al Teatro alla Scala Di Milano. Ha pubblicato un numero imprecisabile di racconti e 15 romanzi che svariano in tutti i filoni della narrativa di genere, tra cui diversi apocrifi in cui rivivono come protagonisti, in coppia, alcuni dei grandi detective della letteratura poliziesca. Il più recente è "Sherlock Holmes tra ladri e reverendi", uscito in edicola nella collana “I gialli di Crimen” e in ebook per Algama. In collaborazione con Daniele Cambiaso, ha pubblicato Nora una donna, Eclissi edizioni, 2015, La logica del burattinaio, Edizioni della Goccia, 2016, L’angelo di Caporetto, 2017, uscito in allegato al Giornale nella collana "Romanzi storici", e il libro per ragazzi Lara e il diario nascosto, Fratelli Frilli, 2018. Nel settembre 2021, è uscito "Apparizioni pericolose", edizioni Golem. In collaborazione con Fiorella Borin ha pubblicato tre racconti tra il noir e il giallo: Onore al Dio Sobek, Algama 2020, Il cuore della dark lady, 2020, e lo Smembratore dell'Adda, 2021, entrambi per Delos Digital Ne Il serial killer sbagliato, Algama, 2020 ha riproposto, con una soluzione alternativa a quella storica, il caso del "Mostro di Sarzana, mentre nel fantathriller Al tempo del Mostro, Algama 2020, ha raccontato quello del "Mostro di Firenze". A novembre 2020, è uscito, per Algama, il thriller Quelle notti sadiche.

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