Non ci voleva molto a predire che la fusione “fra eguali” tra Deutsche Börse e la Lse (la Borsa di Londra) sarebbe andata a picco a causa della Brexit. La superiperpiazza finanziaria di Londra è sulla buona strada per un serio ridimensionamento, i governi dei Paesi membri dell’Ue cercano di accaparrarsi le sedi centrali delle società finanziarie che lasceranno la Gran Bretagna: come poteva non succedere niente del tipo bastone fra le ruote?
Ufficialmente la Brexit non c’entra. L’autorità di regolazione europea della concorrenza ha chiesto a Lse di vendere il 60% che aveva in Mts, un mercato specializzato nel debito pubblico italiano. Non meglio precisate autorità italiane hanno posto vincoli tali da mandare a monte la vendita, almeno entro i termini temporali imperativi previsti da Bruxelles. No vendita? no fusione.
La preoccupazione del nostro governo per la sorte dello specialista delle operazioni in debito sovrano bianco rosso e verde è comprensibile. L’effetto non era, probabilmente, anticipato. Né voluto.
Almeno dagli italiani. Qualche riserva sulla fusione a cavallo della Manica, ora che il braccio di mare è prossimo a diventare la frontiera equorea fra l’Unione Europea e il Regno Unito, si era in effetti sentita. I fautori più accesi del libero mercato obiettano che non c’è nessuna controindicazione a una gestione anglo-tedesca di tanta parte degli affari borsistici del Continente, e che le dimensioni sono necessarie per fronteggiare l’agguerrita concorrenza dei colossi americani e di Hongkong. L’euroscettico deputato conservatore Bill Cash (nomen omen), che un paio di settimane fa ha presieduto un dibattito sul tema della fusione, ha dichiarato all’agenzia Reuters: «Era inconcepibile che dopo la Brexit, cioè avendo lasciato l’Unione Europea, la nostra Borsa dovesse essere in effetti gestita a partire dalla Germania».
Un’argomentazione pericolosa per gli inglesi, perché si può applicare anche alla questione del clearing sui pagamenti in euro, che non potrà certo rimanere a Londra dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Ma un’affermazione che è difficile contestare.
Che succederà adesso? Deutsche Börse ha già annunciato che farà ricorso contro la richiesta dei regolatori italiani per Mts; ma non è detto che la vinca, e allora la fusione sarà rimandata alle calende danesi. Ma il London Stock Exchange è un frutto maturo, e se i tedeschi non possono, altri si faranno avanti – per esempio un concorrente americano come l’Ice o il Nasdaqqone, oppure i cinesi di Hongkong. Con un vantaggio aggiuntivo: la sterlina bassa, che rende meno cara l’operazione.