Eccoci qui, in gennaio l’inflazione americana è arrivata alla “fatidica” soglia del 2% a cui fanno riferimento gli obiettivi delle banche centrali. In verità, non si sa perchè proprio 2 sia il numero fatidico, e non 1,5 o 2,4%: è spuntato fuori dal nulla, ha preso piede e ormai nessuno lo discute, è il Vangelo secondo Mario (Draghi). Negli anni Novanta, i monetaristi difendevano l’inflazione zero, perché a loro dire zero era l’unico obiettivo sodo, non “ammorbidibile”. Qualunque altra cifra, dicevano, sarebbe stata prima o poi discussa: perché 3% e non 3,1 o 3,3%, avrebbero detto i nemici della stabilità che tengono messe nere davanti a un ritratto di Keynes? Poi l’inflazione zero – o poco più, o poco meno – c’è stata per davvero, s’è visto che ciò era nobbuono, quindi dietro-front e avanti-marsc verso il glorioso 2% del nuovo Vangelo mammonico.
Non c’è dubbio che l’inflazione americana sarà seguita da quella del resto del mondo, e vivremo di nuovo in un mondo di prezzi che crescono anziché dormire il sonno del giusto sui cartellini. E adesso? Che fare?
Sarà bene prima di tutto non commettere il solito errore di sempre, combattere oggi la guerra di ieri. C’è voluta una mezza dozzina d’anni perché le banche centrali smettessero di opporsi a un’inflazione che non c’era più e cominciassero a parlare di un’inflazione desiderabile, il ritorno all’Età dell’Oro in cui i prezzi salivano ogni anno un po’. Ora si rischia il pericolo opposto. È bene quindi dire che prezzi un po’ più vivaci risolvono alcuni problemi, sì, ma ne generano altri. Le giovani generazioni aprano bene le orecchie. Toccherà a loro vivere con questi altri problemi.
Un po’ di inflazione facilita gli aggiustamenti strutturali, perché lubrifica i rapporti economici. I tassi nominali salgono e diventa più importante scegliere gli investimenti giusti. Nello stesso tempo chi deve fare un acquisto sa di non poter rimandare troppo la decisione, perché rischia di non avere più i soldi per comprare. Chi lancia nuovi prodotti può proporli a prezzi maggiori, perché comunque tutti i prezzi aumentano. Il debito pubblico si riduce in termini reali e il famoso rapporto debito-pil si contrae. I crediti non performanti delle banche diventano più piccoli rispetto alle altre cifre di bilancio e i debitori trovano più facile rimborsarli.
Ma c’è anche la colonna del passivo. I pensionati, che non possono adeguare i propri redditi ai maggiori prezzi, subiscono un calo del tenore di vita. I lavoratori meno forti sul mercato del lavoro vedono cadere i loro redditi reali, e neanche loro riescono a porre rimedio perché non è semplice rinegoziare i propri compensi quando si è deboli di fronte alla controparte. Quelli con più potere contrattuale accrescono la loro fetta di reddito nazionale. Finanzieri e proprietari di beni immobili si rafforzano a spese di tutti gli altri.
Per alcuni, insomma, l’inflazione è il cherubino Inflaziel che annuncia gioie e guadagni, per altri è l’Angelo Sterminatore Oth (prima era Seth) che falcia i loro redditi. Quale di questi due aspetti predominerà dipenderà dall’attenzione della politica (ahi!) e dai meccanismi di indicizzazione che saranno disponbili. Che il Signore ci protegga.
L’ULTIMO NOIR DI PAOLO BRERA, PER KINDLE: