di Ilaria Beretta
La mostra ha come protagonista Pietro Paolo Rubens. Il palazzo che la ospita è il rinomato e storico Palazzo Reale di Milano. Splendida location, di proprietà e gestione comunale, situata nel cuore della città proprio a fianco del Duomo.
Ben quaranta opere su settanta del grande maestro fiammingo sono esposte fino al 26 febbraio.
Entrando nelle sale a lui dedicate non si può far altro che perdersi negli sguardi presenti nei ritratti e nel suo autoritratto.
Gli occhi di fanciulla della piccola Clara Serena Rubens, figlia del pittore, nell’opera “Ritratto di bambina” (1615-1616), chiamano e fermano gli spettatori che si trovano catapultati nello stesso istante temporale di quando Rubens vide ed immortalò quello sguardo. Così come fece Bernini, qualche anno più tardi, in “Ritratto di fanciullo” del 1623-1624 (opera presente in mostra), il quale portò ad oggi, o forse noi a ieri, l’aria tra i capelli e la naturale bocca turgida di un giovane anonimo.
Ed ora la moglie Isabella, venuta a mancare a nemmeno quarant’anni, ritratta dopo la sua scomparsa a memoria, e forse grazie al supporto di un disegno dal vero eseguito qualche anno prima ed ora custodito presso il British Museum di Londra. Nel dipinto si sente il calore e la morbidezza del corpo che solo gli occhi di un innamorato potevano tenere nel ricordo così vivamente.
Continuando tra opere pittoriche del maestro e di altri autori presenti in mostra, il biancore della statuaria segna la differenza con altri modi espositivi.
Le sculture antiche esposte, danno la possibilità di avvicinarsi alla difficoltà del lavoro del pittore che si ispira e riferisce all’antico, per pose, modelli e idee.
Un chiaro esemplificativo esempio è il “Seneca morente” (1612-1615) con le gambe instabili che stanno per non reggerlo più; come in un fotogramma precedente al lasciarsi andare che si può ritrovare nel Cristo della Pietà Rondanini esposta al Castello Sforzesco di Milano.
“Seneca morente” è in mostra vicino alla scultura “Erma del cosiddetto Pseudo-Seneca” della prima metà II secolo dopo Cristo: prestito dei Musei Capitolini di Roma.
Il dipinto narra il momento della morte di Seneca, al quale fu ordinato da Nerone di togliersi la vita. Si, gli fu ordinato.
Una condanna a morte che prevede la possibilità per lo sventurato di morire di una morte onorevole attraverso la pratica della mos maiorum, ovvero, il giustiziato può decidere di trapassare togliendosi la vita da sé.
Il filosofo si tagliò le vene e bevve lo stesso veleno usato da Socrate, la cicuta. Così, secondo la testimonianza di Tacito, si immerse in una vasca di acqua calda consapevole di favorire l’emorragia, rallentata dalla vecchiaia e dalla malnutrizione.
Una visione straziante ed indimenticabile è “La strage degli innocenti”, di un seguace di Rubens, che impone uno stato d’animo che permette di sopportare solo per pochi istanti questa opera, così come la cruda immagine di “Saturno divora uno dei suoi figli” del 1637-1638 di Rubens.
Prime di uscire a respirare dopo il soffocamento delle importanti visioni e sopratutto dell’impensabile quantità di pubblico, ancora tra molte dense scene, si trova la “Carità romana”, del 1612, che potrebbe mettere in crisi il pensiero e stravolgere gli schemi di ognuno in ogni tempo.
La scena, illuminata da luce calda, riporta l’immagine di una figlia che, rischiando di essere scoperta dal secondino, nutre dal proprio seno il padre carcerato e condannato alla morte per fame. La giovane donna viene colta sul fatto.
Il suo gesto, che testimonia un amore senza tempo e confini, risveglia persino coscienze sopite. Non genera dunque ulteriori ripercussioni verso i due, ma, oramai, nel lontano passato, la giustizia risponde con un atto di Pietas recependo quell’atto d’amore incommensurabile tra padre e figlia per quello che è: puro, vero, inimitabile amore.
Come sarebbe stato interpretato ai giorni nostri?
L’intensità dell’atto descritto da Rubens si rivela, dunque, un lasciapassare per qualunque anima consentendo il rilascio di entrambi.
Un monito alla carità umana, la cui eco è oggi meno intensa?