Si apre la seconda e ultima settimana dell’aumento di capitale di Unicredit, che si chiuderà venerdì prossimo. L’aumento promette di essere una pietra miliare per la storia del sistema bancario italiano: l’importo massimo, 13 miliardi, ne fa il più grande aumento della storia della Borsa, e viene a cadere in un momento molto particolare per le banche del nostro Paese. Il mercato finanziario è stremato da decenni di stagnazione economica e bassi tassi di interesse, più molti anni di malign neglect dei successivi governi di Roma. Questi ultimi hanno assunto – a nome dell’Italia – impegni rovinosi per le nostre banche, e hanno ritardato oltre ogni limite di decenza il nccessario intervento correttivo.
Unicredit non ha corso grossi rischi, ma non è neppure rimasta in splendido isolamento rispetto alle altre banche italiane. L’anno scorso ha cambiato amministratore delegato e il nuovo boss, Jean-Pierre Mustier, ha inaugurato un nuovo corso di rafforzamento.
Diamogli pure la parola: «Il 2016 è stato un anno cruciale per Unicredit» ha detto, «Abbiamo intrapreso numerose azioni incisive per superare le eredità negative del passato e le criticità operative in modo da assicurare il successo futuro del gruppo. Continueremo a rafforzare il nostro semplice modello di business di banca commerciale paneuropea che beneficia di una divisione Cib interamente integrata, al contempo continuando a fornire l’accesso alla nostra rete senza eguali nell’Europa Occidentale e Centro Orientale ai nostri 25 milioni di clienti».
Il piano strategico Transform 2019, ha detto ancora Mustier, sta già progredendo. In effetti, da inizio febbraio, la banca ha lanciato l’aumento di capitale, ha firmato accordi con i sindacati per un piano di 14.000 esuberi da completare entro la fine del 2019 e ha dato il via all’implementazione del progetto Fino, un’iniziativa adottata per accelerare lo smaltimento delle esposizioni deteriorate lorde del gruppo. «L’intero gruppo è totalmente impegnato a implementare con successo il nostro piano strategico. Tutti i business hanno retto bene nel 2016, supportati da attive misure di riduzione dei costi e flussi in entrata positivi che sottolineano la forza del marchio Unicredit » ha detto Mustier.
La scopa nuova spazza meglio, e Mustier ne ha approfittato per fare pulizia di un certo numero di poste di bilancio problematiche. Il risultato è stato una maxi-perdita di 11,8 miliardi di euro, che fa tabula rasa e permette di ripartire senza il fiato del Moloch sul collo. La perdita manda in sentina tutti i possibili indici di Basilea, ma i 13 miliardi della ricapitalizzazione consentiranno di rientrare nella zona sicura.
Il problema è il solito. Riusciranno i nostri eroi a farsi dare 13 miliardi dai risparmiatori? Sapremo la risposta sabato prossimo. Ma almeno per ora, gli auspici non sono cattivi. Dopo un esordio da film dell’orrore, con l’azione Unicredit che scendeva e scendeva, i giorni successivi hanno recato un certo consolidamento. È ancora presto per dire se ciò si tradurrà in un pieno successo dell’aumento fra gli azionisti minori, però, se non altro, non si vedono segni premonitori di un grosso flop. Resta vero che diversi soci di rilievo si sono fatti pregare a lungo (alcuni non si sa ancora con quale esito) e che le Fondazioni non sottoscriveranno l’intero importo di loro spettanza.
Essendoci un consorzio di garanzia, l’aumento andrà in porto comunque. Ma se il consorzio dovesse farsi carico di troppa parte della ricapitalizzazione, l’impressione di debolezza che il sistema bancario italiano da tempo sta dando all’urbe e all’orbo ne uscirebbe accentuata. Il che getterebbe ombre abbastanza oscure sul prossimo passo, quello di Montepaschi. La banca senese non ha una situazione paragonabile a quella di Unicredit: è molto meno solida, perché il problema degli npl (Non-Performing Loans) è più grave; inoltre è ormai provato usque ad nauseam che il mercato non può né vuole provvedere al suo rilancio.
Se però entrambe queste operazioni andranno in porto, saranno una tappa fondamentale nel risanamento delle banche italiane. Ci troveremo in una situazione in cui buona parte degli npl di Damocle che pendono sulla testa delle nostre banche saranno stati neutralizzati, e si sarà forse anche formato un mercato meno casuale per questi crediti dubbi (che del resto stanno diminuendo). Al momento non si può dire se andrà davvero così. Ma già il prossimo weekend, concluso l’aumento Unicredit, potremo farci un’idea più chiara. Paolo Brera