L’autore della saga del colonnello De Valera appare su Gq con un racconto nero in terra padana. Mettetevi comodi…
DAL SITO DI GQ:
«Libidine violenta», un racconto noir sull’immigrazione in… Padania
Paolo Brera, giornalista e scrittore, è autore della serie di noir dedicata al colonnello De Valera, protagonista di una serie romanzi molto particolari, dove nulla è come appare e dove il dubbio permane fino all’ultima pagina
Paolo Brera, giornalista e scrittore, è autore della serie di noir dedicata al colonnello De Valera, protagonista di una serie romanzi molto particolari, dove nulla è come appare e dove il dubbio permane fino all’ultima pagina. Di lui abbiamo già scritto in passato. Ora, in occasione della pubblicazione del suo secondo romanzo su De Valera, Il denaro degli altri, ecco in esclusiva per GQ un nuovo, particolarissimo, racconto: un noir sull’immigrazione ambientato in… Padania.
Libidine violenta
di Paolo Brera
Quando suona il telefonino non so se rispondere. In fabbrica non è mica che posso distrarmi, c’è del lavoro da fare e il caposquadra mica apprezza. Però tutti quelli che hanno il mio numero lo sanno benissimo e se mi chiamano lo stesso vuol dire che è proppio urgente. Allora invento. Non ho ancora fatto la mia pausa igienica, quindi faccio segno, mi avvio verso il gabinetto e appena là richiamo. Il numero sul display è appunto solo un numero, quindi non è uno che conosco perché se no si vedeva il nome.
«Sono Djibril Ousmane, sto restituendo una chiamata» ho appena il tempo di dire, prima che mi viene uno dei miei soliti accessi di tosse. «Salaamaalekum! Hamidou Xouma laa tudd» mi saluta in wolof (è la mia lingua) appunto Hamidou Xouma, presentandosi. «Maalekum salaam» rispondo ad Hamidou Xouma, prima che io e lui ci lanciamo nella lunga tiritera di educati saluti senegalesi che ormai, a dire il vero, a me danno un po’ noia, proppio come se ero italiano.
Dopo un minuto abbiamo parlato di tutto, anche della pace, che grazie a Dio posseggo, e i convegnevoli sono esauriti. Allora io passo all’italiano, perché uso quasi soltanto quello da talmente tanto tempo che continuare in wolof ormai farei fatica.
«Io non ti conosco, Hamidou. Come mai mi telefoni?»
Hamidou mi spiega, in wolof, che lui è l’amico di mio cugino Ndeye e che oggi è venuto assieme a lui qui a Vinciara. In effetti, Ndeye mi aveva avvisato del suo arrivo, e avévimoappuntamento questa sera alle undici a casa mia perché lui deve si fermare un paio di giorni da me. «Successo qualcosa a Ndeye?» domando.
Eccome se ci è successo qualcosa. Se l’è portato via la polizia. Sono venuti a cercarlo al parco Violati Caretta e l’hanno caricato sulla loro auto.
«Perché?» domando, ma Hamidou non ha la risposta. «Dinaa dem», ci vado subito, gli dico allora, ma in verità non so quanto ci metterò a tirarmi fuori dalla fabbrica e correre in Questura. «Ndeye ha fatto qualcosa di male?» domando ancora, per sicurezza. No, non ha fatto niente di male, Hamidou era assieme a lui e non facevano altro che vendere i loro libri.
«I vostri libri sono noiosi peggio di una partita che finisce quindici a zero, ma grazie a Dio questo mica basta per arrestare uno» dico io. «Mi dici cosa è successo esattamente, Hamidou?»
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