Insomma, se per una volta il nuovo anno si può aprire all’insegna dell’ottimismo, ben venga! Rendiamo grazie alla Mano Invisibile e speriamo che il prossimo dicembre sia inondato di Prosecco. In verità, l’ottimismo è palpabile, le sue motivazioni forse non altrettanto, visto che ci sono luci ed ombre nelle cifre dell’economia.
Ma tant’è. Ammettiamolo, l’ottimismo conviene: se le cose sembrano migliorare, pensarle in miglioramento crea un circolo virtuoso. C’è il pessimismo della ragione, l’ottimismo della volontà, e poi la pirleria spicciola di chi né ragiona né progetta, e quest’ultima va accuratamente evitata. Consideriamo anche che – nel bene e nel male – non sempre l’economia reale è un luogo di razionalità.
Perciò non ci si deve stupire se oggi sembra proprio che sulla congiuntura mondiale si sia messo a soffiare un vento favorevole. Né stupiamoci che tale vento – ridotto questo è vero a una brezza gentile – sembri ormai gonfiare anche le vele dell’economia italiana. Prima o poi doveva ben succedere, perché, come ha scritto Bertholt Brecht nella Canzone della Moldava, Die Nacht hat zwölf Stunden, dann kommt schon der Tag. Cioè «La notte dura dodici ore, e dopo viene il giorno», oppure, secondo l’usuale approssimazione italiana, «la notte più lunga eterna non è». E sa il Cielo se le nostre dodici ore notturne non si sono stiracchiate già per tutto un quarto di secolo. La ripresa insomma è un venticello, speriamo che continui a soffiare.
Può durare? Direi di sì. Es wechseln die Zeiten, come dice ancora Brecht, in singolare consonanza con un certo premio Nobel secondo il quale The times, they are a-changin’.
Eh sì, i tempi cambiano. È vero, la Banca Mondiale ha rettificato al ribasso la sua previsione di crescita 2017, portandola dal 2,8 al 2,7%. E ha emesso qualche nota di cautela, spiegando che l’entrata in gioco di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti potrebbe avere conseguenze negative anche oltre i confini dell’America.
Resta però che l’attività economica a livello planetario dovrebbe intensificarsi rispetto al 2,3% del 2016; quanto alle trumpincertezze (abituatevi a questo nuovo prefisso, “trump”), Wall Street le ha snobbate alla grande tirando su il Dow Jones Industrial dell’8% dal giorno dell’elezione. Resta, e sarà da interpretare se si rinnova in gennaio, il colpo subito in dicembre dall’export cinese, che si può aspettare anche qualche dispettosa trumperia. Ma sul versante opposto, dovrebbe arrestarsi la recessione di Brasile e Russia.
In Europa, l’economia sta accelerando dopo la Brexit. Nell’arcipelago che l’ha perpetrata gli operatori non hanno reagito nel modo malpetaloso,a i limiti del catastrofico, che era stato previsto prima del referendum. Non durerà, almeno al di là della Manica, ma per ora la ripresa c’è e possiamo godercela; la stessa cosa del resto è vera della vita in generale. Dum vivimus, gaudeamus!
Le notizie dall’Italia sono meno frizzanti, ma restano qualcosa di buono. L’export continua a marciare di buon passo e la produzione industriale, in novembre, è aumentata del 3,2% su novembre 2015, un filo di più che nell’Ue-28. Sul piano interno l’intervento dello Stato in Montepaschi promette infine una soluzione per il problema delle sofferenze bancarie e condizioni meno infernali nel credito.
el 2017, che per l’astrologia è un anno di rinascita, il pil italiano potrebbe aumentare dell’1%. Per noi archeantropi è una miseria, ma le giovani generazioni sono un bel po’ meno viziate e chissà che un risultato così non faccia addirittura calare la disoccupazione giovanile.
Paolo Brera
Post scriptum. Eccovi la Canzone della Moldava di Brecht:
Am Grunde der Moldau wandern die Steine
Es liegen drei Kaiser begraben in Prag.
Das Große bleibt groß nicht und klein nicht das Kleine.
Die Nacht hat zwölf Stunden, dann kommt schon der Tag.
Es wechseln die Zeiten. Die riesigen Pläne
Der Mächtigen kommen am Ende zum Halt.
Und gehn sie einher auch wie blutige Hähne
Es wechseln die Zeiten, da hilft kein Gewalt.
Am Grunde der Moldau wandern die Steine
Es liegen drei Kaiser begraben in Prag.
Das Große bleibt groß nicht und klein nicht das Kleine.
Die Nacht hat zwölf Stunden, dann kommt schon der Tag