Acclamatissimo maestro della suspense cinematografica (quasi superfluo ricordare cult come “Milano odia: la polizia non può sparare”, “Roma a mano armata”, “Napoli violenta”), Umberto Lenzi conferma la sua verve anche nel suo nuovo romanzo e ne parla con Fronte del Blog.
Quando il giallo chiama, Umberto Lenzi risponde da par suo e fa centro ancora una volta con un romanzo agile, incalzante, ricco di colpi di scena e con un nuovo protagonista. Stiamo parlando del thriller “Si muore solo due volte”, pubblicato dall’editore torinese Golem, lo stesso che nel 2015 aveva portato in libreria anche l’ultima avventura legata al personaggio di Bruno Astolfi, il detective privato su cui si è imperniato un fortunato ciclo di romanzi ambientati tra il secondo conflitto mondiale e il dopoguerra. Se con le avventure di Astolfi avevamo rivissuto la Roma degli anni Quaranta, evocando anche una stagione irripetibile e fondamentale del cinema italiano, con Renzo De Gemini, il nuovo investigatore, Lenzi crea la figura di un criminologo che si muove nella Roma caotica e indecifrabile di oggi.
La misteriosa sparizione di una donna e la sua successiva ricomparsa, un omicidio feroce e una serie di segreti torbidi e pericolosi sono gli ingredienti di un caso intricato e rischioso, per il quale De Gemini si troverà a rischiare anche la propria incolumità. Sua preziosa alleata sarà Rosalba Guida, che lui confidenzialmente chiama “sbirra” e per la quale nutre un debole che va al di là del rapporto professionale. Dopo una girandola di colpi di scena, false piste e intuizioni brillanti, la soluzione arriva all’ultima pagina ed è, come sempre nei romanzi di Lenzi, una sorpresa.
Acclamatissimo maestro della suspense cinematografica (quasi superfluo ricordare titoli di culto come “Milano odia: la polizia non può sparare”, “Roma a mano armata”, “Napoli violenta”), Umberto Lenzi conferma la sua verve intramontabile anche in questo nuovo romanzo, caratterizzato da ritmi incalzanti, dialoghi sempre scoppiettanti e capace di trasmettere una visione acuta e disincantata sulla realtà sociale e morale di oggi.
Il Maestro ha accettato di parlarne con noi per i lettori di Fronte del Blog.
Come è nata l’idea di creare un nuovo personaggio? Come mai la scelta di un criminologo?
Consideravo chiuso il ciclo di Bruno Astolfi, con la riapertura di Cinecittà nel 1947. Ho deciso di creare un nuovo personaggio. Attuale, che agisce ai nostri giorni, e non fosse il solito commissario di cui i gialli italiani sono inflazionati. Ho scelto un criminologo, che compare spesso nelle vicende giudiziarie legate a delitti quale consulente di parte. Ciò mi permetteva di farne un investigatore con più margine di libertà.
Nei primi capitoli avviene simbolicamente quasi un passaggio di consegne tra De Gemini e il suo predecessore Astolfi, protagonista di un ciclo di romanzi molto fortunato. Per come li hai immaginati, quali caratteristiche hanno in comune? E in che cosa si differenziano?
In effetti i due personaggi sono idealmente collegati, hanno lo stesso ufficio. De Gemini in buona sostanza è un Bruno Astolfi di questo secolo. I due hanno in comune certi comportamenti pregi e difetti abbastanza desunti dal mio vissuto : presuntuosi, dotati di acume, estroversi, cinici ma nello stesso tempo animati da un forte senso della giustizia. Entrambi amano i liquori forti, sia Fernet che Pernod, le belle donne e la buona cucina. E non mancano di un certo senso dell’umorismo. Si differenziano principalmente per una crisi esistenziale che incide profondamente sul presente del criminologo, che vive fuori dal dorato mondo del cinema, ed è stato bruscamente messo alla porta dalla compagna.
La trama del romanzo regala molti colpi di scena inaspettati. Ti sei ispirato a qualche caso di cronaca nera reale o si tratta di una vicenda totalmente fantastica? Più in generale, come scegli i temi da sviluppare nei tuoi testi?
L’idea del romanzo è frutto dalla mia cinefilia: il risvolto a sorpresa della donna assassinata che all’improvviso torna casa viva e vegeta è ispirato da un famoso film degli anni 40’ di Otto Preminger, LAURA ( in italiano VERTIGINE). Su questo misterioso colpo di scena ho strutturato il romanzo che per il resto è frutto della mia fantasia, con personaggi tuttavia legati al mondo VIP di oggi.
Nei tuoi romanzi Roma è sempre protagonista: nel ciclo di Astolfi hai messo in scena la Roma del conflitto e poi quella dell’immediato, durissimo dopoguerra. La Roma di De Gemini, invece, che città è? Come cambia il tuo modo di raccontarla?
La Roma attuale è una città di palazzinari, di evasori fiscali, di cocainomani e signore emancipate che vivono tra Cortina d’Ampezzo e Costa Smeralda i cui rapporti sociali sono densi di menzogne e di finzioni. Almeno questo è il dato più appariscente di una borghesia profondamente in crisi, che ho cercato di mettere in evidenza.
Anche i personaggi femminili sembrano capovolgere i rapporti di forza che, nel ciclo di Astolfi, erano quasi sempre a loro sfavore. È solo una scelta narrativa o riflette una tua precisa idea sul cambiamento della donna e del suo ruolo?
Il ruolo della donna si è profondamente evoluto in questi anni, e la sbirra Rosalba Guida ne è l’esempio: forte, ostinata, poco sentimentale, a differenza della dolce remissiva e gelosissima Elena Martini, la compagna, poi moglie, di Bruno Astolfi.
Qualche anticipazione sui progetti futuri? Con De Gemini pensi di aprire un nuovo ciclo di storie?
Un nuovo ciclo? Non so, non ho più voglia di scrivere. Anche perché è difficile farsi largo in un genere inflazionato come il mystery, senza l’appoggio di grandi editori. Dalla Rizzoli ne sono uscito deluso. Ma non si può dire mai.
Chiudiamo ringraziandoti per questa chiacchierata.
Il mio saluto cordiale va agli attenti lettori del Fronte del Blog.
Daniele Cambiaso
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