Adesso vi spiego che cosa ho fatto. Una collana di e-book, ma questa è solo una notazione stenografica, la spiegazione per esteso deve ancora venire.
Per cominciare, è una collana di racconti. Sono movimentati, belli da leggere, e non troppo lunghi, perché la gente ha meno tempo di una volta.
Sono racconti che hanno già avuto successo, perché sono stati scritti da grandi autori, sui quali il giudizio del pubblico e della critica è già dato da tempo. Sono racconti che mostrano una grande varietà di temi e di stili. C’era un problema: pochi erano scritti in italiano. Ma che volete, a me le lingue europee piacciono tutte, quelle che non parlo comunque spesso le ho un po’ studiate, se mi date un testo scritto e mi mettete a disposizione Internet, che si può considerare un solo vastissimo dizionario, io vi produco un altro testo scritto in italiano (mi dicono che si chiami “traduzione”) e allora, se ne avete voglia, leggetelo.
Quando sono arrivato verso la fine del lavoro mi sono accorto che avevo tradotto da, o scritto in, le seguenti lingue: inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo, polacco, cèco, bulgaro, portoghese, rumeno, occitano, catalano, croato, serbo, lombardo occidentale. A questo punto mi sono fermato e le ho contate: sono quindici. Non c’è male. Sarei più soddisfatto se le parlassi tutte correntemente, ma pazienza, sarà per la prossima vita. Già così è qualcosa che dovrebbe richiamare l’attenzione dei miei colleghi giornalisti: ehi gente, sono quindici! Fa notizia, eh! come l’uomo che morde il cane! Datevene per intesi!
Prima che approdassero a questa collana, le mie traduzioni sono state pubblicate da editori cartacei, dalla rivista culturale Eos, e dal settimanale Sette.
Il guaio dei grandi scrittori che producono in lingue meno usitate è che le traduzioni sono poche, e per di più spesso sono preda di traduttori troppo letterati e troppo poco scrittori, che vi introducono movenze accademiche e rendono pizzoso anche quello che in originale era appassionante.
La traduzione invece deve essere bella e infedele. O meglio: se uno come Lev Nikolaevič Tolstoj scrive un racconto di avventure come Il prigioniero del Caucaso, il traduttore deve farlo sembrare un racconto di avventure anche volto in italiano, giusto o no? Se no si tradisce l’autore molto peggio che a togliere di mezzo qualcuno dei terribili gerundi della lingua russa per spiegare le cose un po’ meglio. Se poi si traduce Cervantes e uno dei personaggi grida a un altro «Marrano!», io sono per tradure con «Stronzo!», che così ci si fa capire meglio.
Naturalmente resta qualche limite, perché almeno un po’ della vibrazione originale deve rimanere. Così come se si gira un film di cappa e spada, non si possono vestire i personaggi di jeans e maglioni. D’Artagnan si può anche «fare una scopata» con Milady, ma non può diventare un “moschettiere di Renzi” per attualizzare.
Quindi: io voglio che a leggere i racconti che ho messo insieme vi divertiate. Poi cerco di fare anche un’altra cosa: spiegare chi sono gli autori, offrire qualche chiave di lettura, accennare al percome e al perché di certi temi. Così, perché i racconti sono sì divertenti, ma è bello anche saperne qualcosa di più. Fatti non fummo a legger come bruti…
Paolo Brera
L’intervista di Paolo Brera a Libero sulla collana “I racconti di Brera”- GUARDA
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L’AUTORE
Paolo Brera
è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore.
Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Brera ci ha provato.