“Il destino di Padre Brown”, Edizioni Sugarco, 2011, di Paolo Gulisano mi era sfuggito sino a oggi.
Me ne rammarico, in quanto fonde due mie grandi passioni: il personaggio di Padre Brown e la storia alternativa.
Gulisano, giornalista e scrittore, è un grande esperto di letteratura inglese, in particolare di J.R.R. Tolkien. Altro suo autore preferito è, com’è facile immaginare, J. K. Chesterton, creatore del prete detective Padre Brown.
Gulisano ama a tal punto lo scrittore londinese da aver fondato la “società Chestertoniana italiana”, di cui è Vicepresidente.
Ne “Il destino di Padre Brown” immagina che, ad un certo punto della sua vita, dopo le ultime indagini di cui Chesterton dà conto, il piccolo prete dell’Essex col cervello fino abbandoni l’attività investigativa per assumere incarichi di sempre maggior rilievo nella gerarchia ecclesiastica, fino a diventare, in un mondo alternativo, Papa Innocenzo XV al posto di Eugenio Pacelli, il Papa Pio XII della storia.
Le vicende della nuova carriera di Padre Brown sono narrate fornendo un affresco preciso e documentato dell’epoca (gli assai movimentati anni che vanno del 1917 al 1939) in cui l’umile sacerdote inglese, dapprima come Monsignore, poi come Vescovo e infine come Cardinale, operando presso la Curia Romana ma effettuando parecchie missioni speciali per l’Europa, svolge un ruolo di primo piano in avvenimenti epocali, quali le rivolte dei cattolici irlandesi o la Prima Guerra Mondiale sul fronte italiano.
Come nella miglior tradizione della storia alternativa, il corso conosciuto degli eventi, con tutti i suoi personaggi reali, rimane invariato, a parte ciò che deve cambiare per l’intervento immaginario, ma verosimigliante, di Padre Brown.
La personalità di questi si arricchisce, rispetto alla figura che compare nei racconti di Chesterton, di spiccate doti dottrinali e pastorali, sicuramente implicite nel personaggio letterario.
Il libro è dunque vivamente raccomandato agli appassionati della buona “ucronia”, con l’avvertenza che (non è un difetto: l’obiettività nell’indagine storica non esiste!) Gulisano propone una lettura “cattolico-centrica” del periodo considerato.
In qualità di estimatore del personaggio di Padre Brown (al punto da aver creato una sua versione italiana, don Patrizio Bruni, ed essere in procinto di cimentarmi in una serie di “apocrifi” che tenteranno di riportare in scena l’originale) non posso esimermi da una considerazione.
Riconosco che Padre Brown, se avesse asceso i gradini della gerarchia ecclesiastica, sarebbe stato più o meno quello che descrive Gulisano, ma mi rimane un dubbio.
L’anonimo parroco dell’Essex, investigatore quasi per caso, che fa del basso profilo uno stile di vita, avrebbe accettato un cursus honorum di quella visibilità ?
Rino Casazza
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