Il 13 ottobre su Fronte del Blog, mentre sui giornali si festeggiava già la vittoria dei democratici, vi spiegavamo delle bufale costruite su Donald Trump e dei pericoli di Hillary Clinton. Ecco le ragioni che gli americani hanno colto nella cabina elettorale.
Ora tutti quegli editorialisti che avevano profetizzato una facile vittoria di Hillary Clinton, prendendo la più clamorosa delle cantonate, si affrettano a spiegarci meticolosamente perché abbia vinto Donald Trump. Sperando che qualcuno li prenda ancora sul serio. Una risata li ha seppelliti, ma senza alcun ritegno, provano ancora a sbraitare con inesauribile sprezzo del ridicolo.
Strepitosa è ad esempio la considerazione che imbastiscono sui giornali, sostenendo che i meno istruiti abbiano votato Trump e che i più poveri abbiano preferito Hillary: nemmeno capiscono più di cosa scrivono, se non riescono a comprendere, lorsignori, che tra le due categorie esiste un certo legame, soprattutto in America. Perché per loro è sufficiente far passare il messaggio che chi non studia abbia votato il tycoon e che la Clinton rappresentasse l’uguaglianza sociale. Roba da scolaretti.
E di nuovo tornano a spacciare per sinistra quel che sinistra non è affatto: ovvero i democratici americani, portatori semplicemente di valori diversi dai repubblicani. Laddove, alla voce valori, si legga interesse dei finanziatori. Di certo la disastrata situazione dell’Europa, del Maghreb e del Medio Oriente lo dobbiamo alla politica di Obama e di Hillary.
Curioso è anche come Wikileaks, vero ultimo vessillo della libertà di stampa, in questa campagna elettorale sia stata fatta passare impunemente come un’organizzazione in mano ai russi. E solo perché lo diceva la Clinton. Ma lo diceva perché, vedicaso, Wikileaks si è preoccupata di far sapere al mondo le sue politiche internazionali. Tre giorni prima del voto Wikileaks ha anche diffuso un libro sui discorsi di Hillary Clinton alla Goldman Sachs. Avete letto qualcosa sui giornali?
La risposta la conosciamo: no. E certo non veniteci ora a dire che Wikileaks sia portatrice dei valori di una destra becera, dei miliardari, eccetera eccetera. Non veniteci per favore a dire che Wikileaks è una spalla di Trump. Lo dico perché, secondo me, qualcuno si spingerà perfino a farlo.
L’unico che pare averci capito qualcosa è Massimo Fini, per quanto sia a nostro avviso fin troppo ottimista sul futuro. Abbiamo scritto che presto cambieranno gli assetti politico economici dell’Europa. E non è detto che sia un male.
Ora, però, vi riproponiamo il post del 13 ottobre.
Buona lettura.
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Prima le foto nude della moglie, poi le accuse sul video sessista. Ora pure ad Assange. Lo strano caso del magnate sgradito in tutto il mondo di fronte alle mail di Hillary Clinton
Che questa campagna elettorale fosse la più feroce di sempre ve lo avevamo detto per tempo. I colpi bassi ormai si sprecano ogni giorno. Ma c’è qualcosa che non torna in quello che sta accadendo intorno al magnate americano Donald Trump. La stampa statunitense e – più curioso – quella mondiale, lo attaccano per qualsiasi cosa dica. Anche quando un senso ce l’ha.
Trump che apre alla Russia, trattandola come amica, non è forse un segnale positivo per il mondo? Dovremmo essere sereni che dopo sessant’anni tra guerra fredda e tensioni successive, possa nascere finalmente un rapporto di amicizia tra i due Stati. Un’alleanza strategica sarebbe auspicabile per la pace, o no?
Quando mai. Hillary dice anzi che vuol punire la Russia e lo afferma pure, nientemeno, che il vice di Trump. E tutti sono dalla loro parte.
E cosa succede quando Wikileaks hackera 50mila mail del capo della campagna elettorale della Clinton e le diffonde? Ecco la notizia del giorno, che parte dal suo staff: «C’è la Russia dietro Assange». Ossia, dietro Assange e con Trump c’è la Russia. Come se il male degli Stati Uniti fosse Putin.
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La Siria
I grandi esportatori di democrazia che fanno riferimento a Hillary vogliono assolutamente buttare giù Assad in Siria, dopo averne celebrato per anni i fasti suoi e della moglie. E se la Russia, insieme all’Iran, lo aiuta combattendo insieme l’Isis – nato, lo si rammenti, grazie alle primavere arabe e alle ribellioni armate dall’amministrazione democratica americana, che hanno prodotto la più devastante crisi delle migrazioni che l’Europa recente ricordi – be’ la Russia va punita. E con lei Trump, il magnate che vorrebbe la distensione. Non è bizzarro? Non è curioso che il celebrato campione delle libertà, Assange (celebrato tranne che negli Usa, ovviamente), sia accusato ora di essere in sostanza un burattino dei russi e che nessuno dica nulla?
Gli stermini del Nobel
No, di fronte a responsabilità di centinaia di migliaia di morti prodotti dal Nobel per la pace e di un’Europa entrata in crisi per le politiche democratiche americane (non risulta che la loro intelligence sia composta da un mucchio di ingenui), il nostro problema è la Russia. E chi vuol far pace. Di riflesso, dunque, il magnate repubblicano.
Diventa così cruciale il “video sessista” di un Trump che voleva fare lo spaccone dicendo che siccome è una star lui se le poteva fare tutte. Se ne dovrebbe tuttavia dedurre che il comportamento di Bill Clinton ne fu la dimostrazione: ma il Sexgate e la ridicola affermazione che un rapporto orale non è tradimento, no quello era un aspetto religioso, non sessismo. La chiusero così la vicenda dell’impeachment. Ecco, Trump, per cavarsela, nel fare lo spaccone si sarebbe dovuto riferire ad un rapporto orale. In fondo, chi non farebbe in amicizia un pompino al presidente?
E che dire del marito della più fidata collaboratrice di Hillary Clinton, il deputato che mandava in giro foto del suo pene in erezione un po’ ovunque? Queste fesserie da bar come possono entrare in una campagna elettorale che decidono i destini del mondo?
Perché Putin, vedicaso, dopo il crollo dei sondaggi sulla Casa Bianca, ha già messo in preallarme tutto il Paese. La terribile Russia che finora è l’unica, volenti o nolenti, che ha fatto davvero male all’Isis e che scoprì – ancora una volta attaccata dagli Usa- il “canale” di passaggio in Turchia. Per quanto Putin sia inviso a molti e per quanta sfortuna il suo nome abbia portato a Silvio Berlusconi, contro il quale le pressioni internazionali si ingigantirono fino al tracollo quando sbandierò ai quattro venti la loro amicizia.
Intendiamoci, non è che io pensi che Donald Trump sia il bene e Hillary il male. Sarebbe da idioti. Spero che nessuno sia tanto ingenuo da pensare alla favola del miliardario samaritano che si presenta alle elezioni per il bene di tutti. Ma è il metodo dell’assedio che inquieta. E che mi fa pensare che invece esistano ancora ingenui che credono che politici che sono in sella da trent’anni non debbano rendere conto a chi finanzia le loro campagne elettorali.
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Il faccia a faccia
Chi ha assistito al faccia a faccia avrà avuto infatti l’impressione di essere ripiombato improvvisamente nell’Italia del 1994.
Trump prometteva di abbattere le tasse. Hillary parlava di sacrifici.
Trump, il conservatore, sosteneva di voler allargare la riforma sanitaria contro le assicurazioni. Hillary no.
Hillary lo accusava di voler in realtà abbassare le tasse solo ai miliardari come lui. E probabilmente è vero.
Ma è stata la risposta di Trump sulle sue tasse non pagate che ha sorpreso. Ha detto che sì, lui ha usufruito di enormi sgravi fiscali consentiti dalla legge, gli stessi sgravi fiscali di cui hanno beneficiato i finanziatori di Hillary, tutti in rapporti, ha sostenuto, con Goldman Sachs. E d’improvviso, come dire, si è tornati ai giorni nostri.
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I pericoli
Perché certo, contro Trump si è passati serenamente dal mostrare le foto nude della moglie agli attacchi dell’Alto Commissario dell’Onu come “pericoloso per il mondo”. Qualcuno nientemeno lo ha paragonato a Hitler. E ci si è messo di mezzo pure Robert De Niro con un video tanto palesemente diffamatorio che ho pensato che avesse solo un dannato bisogno di soldi. Io non lo so perché attacchi tanto virulenti e concentrati vadano in una sola e unica direzione. Posso immaginare che gli interessi dietro i democratici siano ormai così radicati da temere più di sempre la vittoria di un repubblicano.
Ma di sicuro ciò che dovrebbe interessare a noi è capire che fine abbiano davvero fatto le 33mila mail cancellate di Hillary quando era sottosegretario. Così, per comprendere cos’è successo intorno a noi prima che l’Europa si trovasse in ginocchio, stritolata dall’austerity e dalle migrazioni di massa. Quando qualcuno, decenni più tardi, si è accorto che Gheddafi era un criminale e che andava ammazzato subito. Sarebbe auspicabile saperlo prima, e non fra dieci anni, quando un nuovo Tony Blair ci verrà a dire che no, nella guerra costata oltre un milione di morti, come quella in Iraq che ha creato il substrato per la nascita dell’Isis, ci avevano preso bellamente per il culo. Sarebbe bene capire prima dove ci porti la continua esportazione di democrazia, compresa quella che Hillary vuol portare in Siria. Perché purtroppo, nell’infausto caso di un vero conflitto sul fronte opposto alla Russia, l’Italia, per note ragioni di basi Nato, costituirebbe esattamente il terreno su cui darsi battaglia.
Chi finanzia Hillary
E infatti, ecco le prime mail hackerate da Wikileakes. Da Libero, a firma Paolo Becchi e Cesare Sacchetti
Mentre Hillary Clinton in un’ intervista al New York Times, afferma di essere l’ ultimo ostacolo prima dell’ Apocalisse, vestita nei panni di Donald Trump, Wikileaks continua a diffondere le email dell’ ex segretario di Stato. L’ ultima, pubblicata dal sito di Assange, porta la data del 17 agosto 2014 ed è indirizzata all’ attuale organizzatore della sua campagna elettorale, John Podesta. Nell’ email in questione Hilary fa un’ analisi sull’ espansione dell’ Isis e riconosce che dietro questa organizzazione terroristica ci sono rispettivamente Qatar e Arabia, i quali «stanno fornendo supporto clandestino di tipo logistico e finanziario all’ Isis e altri gruppi estremisti» nella zona tra l’ Iraq e la Siria. Sul supporto dei paesi del Golfo al terrorismo islamico si è largamente discusso in passato, e si ricorda in proposito la sorprendente dichiarazione dell’ ex ministro degli Esteri saudita, il principe Saud al-Faisal nominato in questo ruolo nel lontano 1975 e rimasto in carica fino al aprile del 2015, che affermò che il «Daesh (Isis) è la nostra risposta per il supporto americano al Da’ wa», il partito sciita iracheno alleato dell’ Iran. Questa dichiarazione testimoniò se non la prova diretta che l’ Arabia Saudita è la vera finanziatrice dell’ Isis, quantomeno la crescente tensione tra i due storici alleati, Usa e Arabia Saudita, in quello che negli ultimi anni è sembrato per la Casa Bianca un rapporto sempre più imbarazzante. Successivamente erano stati pubblicati documenti declassificati della Cia, che sembravano invece attribuire al Pentagono un ruolo indiretto di supervisore nella creazione del Daesh, affidato allo storico alleato saudita, con lo scopo preciso di «destabilizzare la Siria e rovesciare Assad». Quale delle due opzioni sia quella esatta, non cambia il fatto che Hillary Clinton nella sua conversazione privata con John Podesta non solo ammette il coinvolgimento dei due Paesi arabi nel finanziamento dell’ Isis, ma riconosce la «necessità di usare le nostre risorse diplomatiche e di intelligence per mettere pressione ai governi del Qatar e dell’ Arabia Saudita», tanto da suggerire in questo senso un appoggio al governo regionale del Kurdistan per controbilanciare l’ influenza dei sauditi e dei qatarioti nell’ intera zona. Il timore più grande per la Clinton è quello che i due Paesi «si troveranno nella condizione di ago della bilancia tra la loro competizione per dominare il mondo sunnita». A questo punto, in base alle stesse dichiarazioni della Clinton, appare quantomeno controverso il ruolo che gli Usa stanno giocando in Siria e in Medioriente. Se da un lato dichiarano di voler combattere il terrorismo islamico, nei fatti mantengono saldi rapporti con i due principali Paesi del Golfo, l’ Arabia Saudita in particolare che sta conducendo una guerra contro lo Yemen in completa violazione del diritto internazionale, e sulla quale i media italiani e internazionali continuano a tacere i devastanti effetti sulla popolazione civile. La stessa Hillary appare in una posizione imbarazzante su questo versante, se si considera che per tutta la sua campagna elettorale ha rivolto le sue attenzioni più contro il ruolo della Russia in Siria, che contro gli estremisti islamici, e per giunta Arabia Saudita e Qatar hanno finanziato attivamente la sua campagna elettorale, versando rispettivamente 25 e 5 milioni di dollari alla Clinton Foundation. Solamente i sauditi da soli, finanziano il 20% della campagna elettorale della candidata democratica. In un’ altra email pubblicata recentemente da Wikileaks, Hillary sottolinea la necessità per un politico di avere un comportamento pubblico e uno privato.
E perché?
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