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Le due vite di Evita

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Per molti è un mistero come la mediocre attrice Eva Duarte sia diventata leader delle masse argentine al fianco del marito Juan Perón. Ma ancora più incredibili sono le vicissitudini di Evita dopo la morte: dai casi di necrofilia al misterioso suicidio del fratello, dal denaro nazista nelle banche svizzere all’operazione segreta per trasportare la salma a Milano, fino agli oscuri rituali brasiliani di López Rega. Una storia incredibile, ma vera, di cadaveri trafugati e di intrighi internazionali. Mentre a Milano va in scena la versione italiana del celebre musical Evita, rispolvero una mia inchiesta su Eva Perón di quasi vent’anni fa.

Nel settembre del 1971 il colonnello Cabanillas dei servizi segreti argentini arriva a Milano con una missione: scoprire dove è stato sepolto il corpo di una donna morta a Buenos Aires nel 1952 e trasportata in Italia nel 1957. A condurlo fino al capoluogo lombardo sono state le informazioni contenute in una busta consegnata da un notaio alla Casa Rosada, il palazzo presidenziale di Buenos Aires. La busta sigillata è stata conservata dal notaio per quindici anni ed è stata finalmente aperta dal presidente in carica, il generale Alejandro Lanusse. Tuttavia le indicazioni sono piuttosto scarse: la tomba è a Musocco, il Cimitero Maggiore di Milano, ma il nome sulla lapide era noto a un sacerdote italiano, che sarebbe morto senza rivelare il suo segreto. A Cabanillas non resta che prendere in esame i registri del cimitero, per scoprire chi vi sia stato sepolto nel periodo che gli interessa. Trova un nome: Maria Maggi, vedova De Magistris, deceduta a Buenos Aires nel 1952 e sepolta a Milano nel 1957. Non può essere che lei. Cabanillas ha finalmente scoperto il nascondiglio segreto della donna che milioni di argentini ancora considerano il loro idolo: Evita Perón.

evita-guionNata il 7 maggio 1919 nel villaggio di Los Toldos, “Eva Duarte” viene battezzata come Eva Maria Ibarguren, quinta figlia (e unica non riconosciuta) di Juana Ibarguren e di Juan Duarte, residente a Chivilcoy con la famiglia legittima. La piccola Eva si fa chiamare ugualmente Evita Duarte e con questo nome, trasferitasi a Buenos Aires, inizia a sedici anni la carriera di fotomodella e attrice. L’incontro col colonnello Juan Domingo Perón, decisivo per entrambi, avviene nel 1944, durante uno spettacolo per la raccolta di denaro per i terremotati di San Juan (parte dei fondi spariscono regolarmente a fine serata, si dice nelle tasche del colonnello). Per Juan Perón è un’importante occasione pubblica: addestrato in Italia durante il ventennio fascista, membro del GOU (Grupo Oficiales Unidos), gruppo militare che pilota nell’ombra la politica argentina, Perón ambisce a diventare il Mussolini dell’America Latina. Per Eva Duarte, la cui carriera è legata a un abile gioco di amicizie importanti nello spettacolo come nel potere, è l’opportunità di puntare più in alto di quanto abbia mai osato fare. Ma tra l’ambiziosa attrice e l’aspirante dittatore nasce una singolare alchimia che li legherà profondamente e li porterà entrambi al trionfo. “Rimarrò al suo fianco fino allo stremo delle mie forze”, dice Evita al suo incontro con Perón. Sarà una delle poche promesse che saprà mantenere.

evita-damasNell’ottobre del 1945, Perón viene arrestato. La sua crescente popolarità tra le masse lavoratrici, allettate da una politica intrisa di socialismo e nazionalismo, diviene una minaccia per i ricchi oligarchi che controllano l’economia del paese. Evita incendia le masse parlando alla radio, si mette alla testa dei cortei dei descamisados, il proletariato Perónista, e ribalta la situazione portando rapidamente Perón alla libertà e alla Casa Rosada. Perón sposa Evita, trasformandola in qualcosa di più di una semplice first lady: una portabandiera delle masse, a capo di una Fondazione benefica che distribuisce a famiglie povere, con criteri assolutamente casuali, denaro proveniente dalle casse dello stato. L’attività si risolve in un’efficace campagna propagandistica che arriva fino all’ultimo sperduto villaggio. E una parte dei fondi serve direttamente alla costruzione dell’immagine della señora, con abiti firmati da Dior, una sconfinata collezione di gioielli, e persino una pelliccia di visone azzurro di cui al mondo esiste solo un altro esemplare. Se Perón si ispira a Mussolini, Evita copia lo star-system hollywoodiano. E nessuno è autorizzato a controllare l’entità dei fondi destinati alla Fondazione Eva Perón.

evita-sorprendidaTra le entrate della premiata ditta Perón sussiste, inoltre, la voce “nazisti”, cui il regime argentino vende la propria ospitalità. Raggiunta Genova, dove ha sede la commissione argentina per i profughi, molti criminali nazisti ricercati vengono trasferiti a Buenos Aires, passando per la Spagna fascista di Francisco Franco. A questo canale clandestino partecipano i servizi segreti angloamericani e alcuni sacerdoti legati al vescovo Alois Hudal. Tra i beneficiari figurano Adolf Eichmann, uno dei principali responsabili dello sterminio degli ebrei, e Otto Skorzeny, celebre per avere liberato Mussolini prigioniero sul Gran Sasso. Skorzeny diviene istruttore della polizia argentina e sventa un attentato contro Evita nel 1949. Secondo quanto dichiarato alla fine del 1996 da Shimon Samuels, membro del Centro Simon Wiesenthal, organizzazione specializzata nelle indagini sui criminali nazisti, i coniugi Perón potrebbero avere avuto un ruolo ancora più complesso, arrivando a utilizzare i loro conti cifrati in banche svizzere per muovere capitali provenienti dal Terzo Reich. La stessa tesi è sostenuta dallo storico Glenn Infield, secondo il quale Evita avrebbe fatto depositare a proprio nome somme destinate al numero due di Hitler, Martin Bormann, in attesa dell’arrivo di questi a Buenos Aires. Molti degli ex nazisti al corrente dell’operazione muoiono in circostanze misteriose e presumibilmente i soldi restano sui conti svizzeri di Evita.

Per molti la moglie del dittatore è Santa Evita la benefattrice. Per altri è la yegua, soprannome dispregiativo che significa “la cavalla”. Anche molti governi europei, reduci dalla lotta al nazifascismo, hanno un atteggiamento ambiguo nei confronti della moglie del dittatore, ma devono fare i conti col fatto che l’Argentina è tra i maggiori produttori di carne, bene prezioso per l’affamata Europa del dopoguerra. Tuttavia Evita non è immortale: a soli trentatré anni “la guida spirituale della nazione” viene colpita da un tumore all’utero. che la porta alla morte il 26 luglio 1952. Perón non permette che il suo corpo si corrompa e l’affida alle cure di un anatomopatologo spagnolo, specialista in imbalsamazioni: il dottor Pedro Ara, contattato prima ancora della morte della señora. Il primo trattamento, consistente nell’immettere formalina nei vasi sanguigni, viene effettuato circa un’ora dopo il decesso. Durante i funerali, cui partecipano milioni di argentini in preda alla disperazione collettiva, la salma viene conservata in una cassa con uno sportellino di vetro all’altezza del viso. Quindi il corpo viene collocato in un laboratorio appositamente allestito nella sede della CGT (Confederación General de Trabajo), il sindacato controllato dai Perónisti, mentre si progetta un mausoleo che non verrà mai realizzato. Nella sede della CGT, Ara lavora ininterrottamente per un anno, meritandosi i centomila dollari pattuiti. Il corpo viene immerso in bagni di formalina, alcune cavità interne vengono riempite di paraffina, alcune zone sono sottoposte all’azione di conservanti di vario genere, dall’acido fenico al bicloruro di mercurio. Per dodici mesi solo Ara e Perón possono vedere Evita. E nel luglio del 1953 l’opera d’arte è pronta: il corpo, perfettamente conservato con tutti gli organi interni e lievemente ristretto dagli agenti chimici, ha la perfezione di una bambola di cera. Chi si reca in pellegrinaggio alla CGT ha la sensazione di vedere Evita ancora viva, addormentata nel prisma di vetro del laboratorio-cappella. Per Pedro Ara, Evita è diventata un impegno quotidiano: il dottore si presenta ogni giorno in laboratorio, dove veglia ininterrottamente la señora. Ma c’è chi sospetta che tra il dottore ed Evita ci sia qualcosa di più che una semplice relazione tra… medico e paziente. L’attaccamento morboso di Ara alla sua “creazione” rasenta la necrofilia e il dottore sarebbe stato sorpreso in atteggiamenti sconvenienti mentre si prendeva cura del corpo nudo di Evita.

evita-ahoraSenza la moglie, molte cose cambiano per Perón. I primi problemi sorgono con il fratello della defunta, Juan Duarte: se quando la señora era in vita si tollerava che importanti cariche dello stato fossero occupate da suoi parenti e amici di famiglia, dopo la sua morte la cosa si fa piuttosto imbarazzante. Inoltre “Juancito” Duarte è un personaggio scomodo: conosce i numeri dei conti cifrati in Svizzera, ha libero accesso ai gioielli di Evita e viene accusato di illeciti guadagni nelle esportazioni di carne. Se Juancito sia colpevole o semplicemente un capro espiatorio non è possibile saperlo: il fratello di Evita viene trovato morto nel suo appartamento il 9 aprile 1953, poco dopo un viaggio in Svizzera durante il quale ha firmato documenti che consentono a Perón l’accesso ai conti della moglie, compresi quelli di provenienza nazista. Malato di sifilide, privato dell’appoggio e dell’affetto della sorella, fermato dalla polizia mentre tentava di fuggire da Buenos Aires, Juancito si sarebbe suicidato con una Smith & Wesson 38. A guastare la grossolana messinscena sono la testimonianza dei vicini che hanno sentito diverse persone nel suo appartamento, una falsa lettera d’addio preparata dalla polizia segreta e il fatto che il proiettile che ha ucciso Juan Duarte non era calibro 38 ma calibro 45. In seguito il cranio di Juancito, prova tangibile dell’inganno, sparirà dalla tomba.

Il sessantenne Perón, che nel frattempo tenta di scordare Evita in compagnia di una tredicenne, cui regala alcuni dei gioielli della moglie, resta al potere solo fino al 16 settembre 1955. Un colpo di stato militare, la “Revolución Libertadora”, lo costringe alla fuga in Paraguay e successivamente all’esilio a Madrid, dove si ritira nel 1960 con la nuova moglie Maria Estela Martinez, detta Isabelita, una giovane ballerina conosciuta a Panama.

Il governo del generale Pedro Eugenio Aramburu, in carica dal novembre 1955, vieta il culto di Evita. Ma se Perón è in esilio, la salma è ancora alla CGT, vegliata da Pedro Ara e venerata dai fedeli descamisados. Ma è davvero il corpo di Evita? I militari sono costretti a prelevare dei campioni e ad amputare un dito, per avere la certezza che si tratti di un vero cadavere e non di una perfetta riproduzione in cera. Non resta che un modo per risolvere il problema: incaricare Carlos Eugenio Moori Koenig, capo del SIE (il servizio informazioni dell’esercito), di farla sparire. Caricata su un camion dell’esercito, la bara passa la notte nel parcheggio antistante la sede del sie. Al mattino vengono trovati fiori e candele accese, un segnale che seguirà la salma da una caserma all’altra, portando alla disperazione i suoi guardiani. Moori Koenig affida allora la cassa al maggiore Eduardo Arandia, che la nasconde nella soffitta di casa, senza dire nulla alla moglie Elvira, in attesa di un bambino. Le continue visite notturne di Eduardo in soffitta insospettiscono Elvira, che una notte decide di scoprire cosa contenga la misteriosa cassa. Scambiando la moglie per un intruso venuto a riprendersi Evita, il maggiore Arandia la abbatte con tre colpi della sua 38 di ordinanza.

A Moori Koenig non resta che far portare la cassa maledetta, marcata con la falsa indicazione di una radiotrasmittente, nel proprio ufficio alla sede del SIE. Quando Aramburu gli ordina di seppellire Evita al cimitero di Chacarita, Moori Koenig si rifiuta di obbedire, convinto che la salma gli appartenga: la esibisce nuda ai suoi collaboratori, invitandoli a profanarla. Scoperto, viene destituito e rimpiazzato dal colonnello Hector Eduardo Cabanillas, mentre Aramburu fa portare il cadavere molto lontano da Buenos Aires. Alcolizzato e parzialmente inattendibile, Moori Koenig racconterà la sua storia allo scrittore Rodolfo Walsh, che passerà buona parte della propria esistenza alla ricerca del cadavere scomparso.

Dove si trova Evita? Non lo sa nemmeno Cabanillas: l’Operazione “Evasión” viene gestita dal maggiore Hamilton Diaz e dal colonnello Adolfo Ortiz, insieme a un sacerdote italiano appartenente alla compagnia di San Paolo, presentato alla Casa Rosada da padre Rotger, un prete argentino. Secondo la ricostruzione del giornalista e scrittore Miguel Bonasso, gli agenti del SIE penetrano nell’ambasciata italiana per procurarsi carte e timbri destinati a fabbricare una falsa identità alla morta, mentre papa Pio XII accetta di dare il proprio appoggio all’operazione al solo scopo di dare cristiana sepoltura a Evita. Il sacerdote italiano, che ha assunto la fittizia identità di padre Alessandro Angeli, affitta la tomba 86, campo 41, al cimitero di Musocco, dando come riferimento in Italia il nome e l’indirizzo di una sorella laica della Compagnia di San Paolo: Giuseppina Airoldi, via Mercalli 23, Milano.

A questo punto Evita ripercorre in senso inverso la strada dei transfughi nazisti. Nell’aprile del 1957 la cassa, contenente ufficialmente le spoglie mortali dell’italiana Maria De Magistris, viene imbarcata sul Conte Biancamano e compie la traversata fino a Genova, dove padre Angeli la prende in consegna per seppellirla a Milano. Un dettaglio tuttora oscuro è il peso della cassa, che si sarebbe aggirato sui quattrocento chili. Che cosa si trovava nella bara, insieme all’esile corpo di Evita? Qualcuno sospetta che si trattasse di una parte del suo leggendario tesoro di gioielli e lingotti d’oro, sfuggita alla requisizione effettuata dal governo argentino.

Alcune settimane dopo, il presidente Aramburu riceve da padre Angeli una busta sigillata, con le indicazioni necessarie per localizzare la salma. Aramburu l’affiderà a un notaio e non l’aprirà mai. Nel 1970 l’ex presidente verrà rapito dai Montoneros, movimento di sinistra che si ispira a Evita Perón. Interrogato sul nascondiglio di Evita, Aramburu risponderà che se ne è occupato il Vaticano e che il corpo è a Roma. Verrà giustiziato e i Montoneros annunceranno che il suo cadavere non sarà restituito finché Evita non tornerà in patria.

Risulta quindi che la Compagnia di San Paolo non si ferma né di fronte all’intrigo internazionale, né di fronte al sacrificio personale, quando si tratta di questioni umanitarie. Il che, considerando che la Compagnia ha un’intensa attività missionaria in America Latina, comprendente anche l’istituzione di una scuola di giornalismo a Buenos Aires, ci porta a valutare il rilievo che una simile istituzione può avere nel contesto del caso Eva Perón. È comprensibile che il SIE, dovendo liberarsi del corpo di Evita pur rispettando l’obbligo religioso della sepoltura, abbia deciso di rivolgersi a un membro della Compagnia per trasportare la salma in Europa. E qui entra in scena padre Angeli, il sacerdote la cui identità resta ancora oggi avvolta nel mistero. Secondo Miguel Bonasso, giornalista argentino e militante politico, “padre Angeli” era il nome falso adottato dal superiore della Compagnia. Secondo la ricostruzione dello scrittore Tomás Eloy Martinez, Alessandro Angeli era il nome scritto su una falsa carta di identità fornita a padre Giulio Madurini, all’epoca presidente della Compagnia di San Paolo.

Nella sua villa di Madrid, Perón ha come consigliere Juan López Rega, ex poliziotto, tenore mancato, aderente a diverse società segrete che si ispirano all’Ordine dei Templari e ai Rosacroce, iscritto alla loggia massonica P2 e amico personale (come del resto lo stesso Perón) di Licio Gelli. López Rega è anche un praticante di umbanda, il lato meno africano del candomblé brasiliano, fusione dei culti yoruba e della religione cattolica. In parole povere, la versione brasiliana del voodoo. Perón, che nella sua vita ha avuto occasionali flirt con l’esoterismo, è invitato da López Rega a rientrare in possesso del corpo di Evita, la cui energia potrebbe riportarlo al potere.

Intanto il presidente argentino Lanusse si trova a fronteggiare da una parte i Montoneros, che reclamano la restituzione di Evita, dall’altra i numerosi nostalgici del regime di Perón. Tutto questo lo induce a spedire Cabanillas a recuperare il corpo a Milano. Fattosi crescere i baffi, Cabanillas si presenta a Musocco come Carlos Maggi, fratello di Maria Maggi De Magistris, e riprende possesso della bara. Un carro funebre trasporta la salma fino a Madrid, dove il corpo viene consegnato alla villa di Perón. Al momento di aprire la bara, il vedovo rimane sconvolto: la salma porta i segni di diverse coltellate e di fratture al naso e alle rotule, oltre al dito amputato. Opera dei militari che hanno requisito la salma negli anni Cinquanta. L’acqua si è infiltrata nella cassa, bagnando i capelli della morta. La stessa Isabelita si preoccupa di risistemarle lo chignon.

Durante la permanenza dei Perón e della salma sotto lo stesso tetto, López Rega si dedica a misteriosi rituali, facendo sdraiare Isabelita accanto a Evita mentre tenta di evocare gli exu infernali, gli spiritelli diabolici del candomblé, per far trasmigrare l’anima della “santa” nel corpo della giovane moglie di Perón. Il rito forse non ha successo, ma nel 1973 Perón rientra trionfalmente a Buenos Aires e alla presidenza. La salma arriva qualche tempo dopo e il primo luglio 1974 Juan Perón ed Evita vengono finalmente riuniti nella morte, mentre la vedova Isabelita diventa presidentessa e resta al potere, opportunamente controllata da López Rega, fino al nuovo golpe del 1975. Ora Evita riposa, definitivamente in pace, al cimitero di La Recoleta, a Buenos Aires.

La storia è decisamente romanzesca e, considerando che la maggior parte dei suoi resoconti sono presentati più come opere di narrativa che come ricostruzioni storiche, viene spontaneo dubitare della loro veridicità. Ma si fa presto a controllare: secondo lo scrittore Tomás Eloy Martinez il corpo di Evita, alias Maria De Magistris, doveva essere consegnato a Giuseppina Airoldi in via Mercalli 23, a Milano. L’indirizzo corrisponde al pensionato Cardinal Ferraris, poco distante dalla piazza omonima. E lo stesso edificio è sede della Compagnia di San Paolo, cui appartenevano il fantomatico padre Angeli e Giuseppina Airoldi. In via Mercalli qualcuno sa la verità.

Mi presento a chiedere informazioni, senza precisare l’oggetto del mio articolo. Percepisco una certa diffidenza, ma vengo invitato a ripassare dopo qualche ora. Ritorno più tardi e mi viene data la stessa risposta: in quel momento non c’è nessuno che possa fornirmi informazioni sulle attività della Compagnia di San Paolo. Non mi stupisco che lo spionaggio argentino si sia rivolto a uno dei suoi membri per organizzare un’operazione segreta. Ma il giorno seguente la nebbia si dirada all’improvviso: ricevo una telefonata da parte di qualcuno che ha capito perfettamente a cosa mi sto interessando. È un sacerdote che ha trascorso quindici anni a Buenos Aires e può esprimere la versione ufficiale della Compagnia di San Paolo in rapporto alla vicenda. “La salma di Maria De Magistris è stata portata da Buenos Aires a Milano, in attesa di tempi migliori”, dichiara, senza bisogno di pronunciare il nome di Evita. Che ruolo ha avuto la Compagnia di San Paolo nell’operazione? Il sacerdote conferma che un membro della Compagnia ha collaborato attivamente al trasferimento, anche se tiene a precisare che ha agito esclusivamente a titolo personale, senza obbedire a ordini superiori. Dunque, ufficialmente, la Compagnia di San Paolo sarebbe estranea all’operazione. Gli ricordo tuttavia che, secondo Eloy Martinez, il feretro era indirizzato a Giuseppina Airoldi, presso la sede della Compagnia. “È assurdo”, risponde lui, “il feretro era indirizzato al cimitero.” Stando al mio interlocutore, Giuseppina Airoldi, morta da tempo, era estranea all’operazione anche se effettivamente apparteneva alla Compagnia. Quando chiedo precisazioni sul misterioso sacerdote che avrebbe usato l’identità di padre Alessandro Angeli, mi viene risposto che “padre Angeli” non esiste. “È opportuno che il suo vero nome non si conosca”, precisa il mio interlocutore. “D’altra parte, ormai le persone coinvolte nella vicenda sono tutte morte.”

In effetti, l’unico personaggio di questa storia destinato all’immortalità, nel bene e nel male, continua a essere Evita. Dopo Juan Perón, anche Pedro Ara e Moori Koenig, ma anche in certa misura gli scrittori Walsh ed Eloy Martinez sembrano essere stati vittima del suo fascino fino all’ossessione. Un’ossessione che rischia di essere contagiosa. Rispolvero un vecchio disco di tango e mi metto a scrivere: “Nel settembre del 1971, il colonnello Cabanillas dei servizi segreti argentini arriva a Milano con una missione…”

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Andrea Carlo Cappi

Andrea Carlo Cappi, nato a Milano nel 1964, vive da anni tra l'Italia e la Spagna. È uno dei più attivi scrittori italiani di letteratura di genere, spaziando fra thriller, avventura e fantastico. Dal 1993 ha pubblicato cinquanta titoli fra narrativa e saggistica e più di un centinaio di racconti. È anche traduttore di numerosi bestseller dall'inglese e dallo spagnolo e ha curato varie edizioni italiane dell'agente 007. Ha scritto i racconti e romanzi del "Kverse", l'universo thriller che riunisce le serie "Nightshade" (da Segretissimo Mondadori, firmata a volte con lo pseudonimo François Torrent), "Medina" (Il Giallo Mondadori, Segretissimo Mondadori) e "Black" (Cordero Editore). Sono riapparsi di recente in libreria "Medina-Milano da morire" (Cordero), "Nightshade-Obiettivo Sickrose" (Cento Autori), cui si aggiungono le novità "Black and Blue" e "Back to Black" (Cordero). Algama Editore (www.algama.it) sta pubblicando in ebook parecchi titoli editi e inediti di questo ciclo: "Malagueña", "Dossier Contreras", il serial "Missione Cuba", "Black Zero", "Black and Blue". Cappi ha dato vita anche a una saga horror-erotica con il romanzo "Danse Macabre-Le vampire di Praga" (Anordest). Ha collaborato al serial di RadioRAI "Mata Hari" e ai fumetti di "Martin Mystère", personaggio cui ha dedicato racconti e romanzi originali, tra cui "L'ultima legione di Atlantide" (Cento Autori). Ha scritto poi quattro romanzi originali con protagonisti Diabolik ed Eva Kant, ora ripubblicati da Excalibur/Il Cerchio Giallo. Per Algama è autore dell'ebook "Fenomenologia di Diabolik", saggio autorizzato sul Re del Terrore e il suo mondo in tutte le loro declinazioni, ora riproposto in un volume illustrato a colori da Edizioni NPE. Sono disponibili in ebook anche il saggio "Le grandi spie" (Vallardi), il mystery "Il gioco della dama" (dbooks.it), le storie erotiche de "La perfezione dell'amore" (Eroscultura) e il racconto fanta-erotico "Nuova carne" scritto a quattro mani con Ermione (Eroscultura); con lei Cappi ha pubblicato inoltre per Algama gli ebook "Tutto il ghiaccio del mondo" e "Cosplay". Gestisce con Giancarlo Narciso il webmagazine Borderfiction.com e con Fabio Viganò il blog "Il Rifugio dei Peccatori".

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