In un mondo in cui internet rappresenta il mercato principale, soprattutto da un punto vista economico e sociale, non stupisce la recente scesa in campo della stessa Onu nei confronti del digital divide ‘mondiale’ con un logico occhio di riguardo per i paesi in via di sviluppo.
La possibilità di accedere alla banda larga è un aspetto infatti fondamentale per la crescita e lo sviluppo delle aziende, altresì tagliate fuori dal mercato globale. Di particolare interesse le proposte della Ericsonn che mirano ad un dimezzamento dei costi per lo sviluppo di banda larga in mobilità sostenibile per lo stato, le aziende e la stessa popolazione.
A livello di digital divide stupisce invece la situazione italiana che a circa 3 anni dalla dead line europea (fissata per il 2020) presenta dei dati per molti aspetti poco incoraggianti. Se infatti, dagli ultimi dati dell’osservatorio EY, si evince che il 60% degli italiani è connesso tramite banda larga ad internet, eviscerandoli si scopre che questo valore è legato ai dati del sud che, in questo caso, sta ‘trainando’ la nazione, con alcune regioni che superano ampiamente l’80% delle zone collegate. Il risultato è stato raggiunto in pochi anni, mettendo a “frutto” gli stanziamenti della Ue, ma anche grazie alla partecipazione attiva di alcuni dei principali provider.
Diverso, come detto, il discorso per quanto riguarda le regioni del centro nord che, come ad esempio l’Emilia Romagna, non raggiungono neppure il 50%. Il problema non coinvolge la connessione che si può trovare nei comparatori come solo adsl Cartedipagamento.com, ed ancora peggiori diventano i valori legati al raggiungimento della fibra ottica dei vari comuni che nel sud superano il 50% del totale mentre nelle altre regioni non superano il 20%.
Negativa anche la velocità media offerta dai vari provider ai propri utenti che, secondo un calcolo di Akamai, si assesta intorno agli 8,2 Mbps posizionando l’Italia al cinquantatreesimo posto fra i vari paesi europei.
Una situazione senza via di uscita quindi? Un nuovo atteggiamento da parte delle istituzioni sembra infondere un nuovo ottimismo con diversi interventi al vaglio del governo per ridurre il digital divide anche per le aziende.
Interventi legati non solo ad aspetti strutturali ma a veri e propri aiuti volti a favorire l’integrazione tecnologica con vaucher ed esenzioni fiscali.
Simona Lotta